","Slum di Manila: un ottimo osservatorio per capire le Filippine di Duterte","post",1491044025,[55,56,57,58,59,60,61,62],"http://radioblackout.org/tag/bulacan/","http://radioblackout.org/tag/califfato-in-estremo-oriente/","http://radioblackout.org/tag/duterte/","http://radioblackout.org/tag/filippine/","http://radioblackout.org/tag/guerriglia-islamica/","http://radioblackout.org/tag/kadamay/","http://radioblackout.org/tag/slum-manila/","http://radioblackout.org/tag/urban-poor/",[19,29,17,21,27,15,25,23],{"post_content":65,"tags":70},{"matched_tokens":66,"snippet":68,"value":69},[67],"in","condizione degli urban poor, ammassati \u003Cmark>in\u003C/mark> baracche fatiscenti con una densità","Il punto di vista che offre la condizione degli urban poor, ammassati \u003Cmark>in\u003C/mark> baracche fatiscenti con una densità di 80.000 persone per ogni chilometro quadrato, getta una luce \u003Cmark>in\u003C/mark> grado di spiegare le esistenze fatiscenti vissute dalla popolazione filippina più misera che vive ai margini delle metropoli, fornendo manodopera a basso costo e voti, alimentano il sottobosco di espedienti e spaccio contro cui i primi mesi sanguinari del governo Duterte hanno scatenato una messe di esecuzioni sommarie calcolata \u003Cmark>in\u003C/mark> 7000 morti. Ma dallo sguardo sugli slum si spiegano anche – di conseguenza – le rivolte attuali, che un po' di speranza finalmente \u003Cmark>in\u003C/mark> un inizio di emancipazione e presa di coscienza di questo enorme potenziale di rivolta: lo spunto per questa diretta infatti è offerto dalla resistenza allo sgombero di un enorme squatt dove dall'Otto marzo si sono erette barricate per difendere le 5280 case occupate. Il governo ha istituito il blocco dei generi alimentari e il 10 marzo è sopravvenuto l'ultimatum di abbandonare i locali occupati entro una settimana o si sarebbe eseguito lo sfratto di massa con la forza. Per ora l'occupazione di Bulacan resiste.\r\n\r\nDall'altro lato nell'arcipelago asiatico le tensioni sono incancrenite da lotte armate di diversa ispirazione che con alti e bassi si manifestano da decenni e trovano humus \u003Cmark>in\u003C/mark> radici che affondano fin nei primi momenti del processo di decolonizzazione e vengono affrontate dall'esecutivo di Duterte che ha avviato un dialogo con la guerriglia, sia maoista, sia quella ora ispirata al \u003Cmark>Califfato\u003C/mark>, viste le tradizioni islamiche del sud del paese, nel momento \u003Cmark>in\u003C/mark> cui dall'Australia giunge un allarme per la potenziale costruzione di un \u003Cmark>Califfato\u003C/mark> nel Sud delle Filippine.\r\n\r\nPer fare il punto sulla situazione degli occupanti e delle lotte che l'uomo forte tenta di stroncare alternando ferocia e diplomazia, abbiamo sentito Paolo Affatato, cofondatore di \"Lettera22\"\r\n\r\nSfrattiFilippine\r\n\r\n ",[71,73,79,81,83,85,87,89],{"matched_tokens":72,"snippet":19},[],{"matched_tokens":74,"snippet":78},[75,67,76,77],"califfato","estremo","oriente","\u003Cmark>califfato\u003C/mark> \u003Cmark>in\u003C/mark> \u003Cmark>estremo\u003C/mark> \u003Cmark>oriente\u003C/mark>",{"matched_tokens":80,"snippet":17},[],{"matched_tokens":82,"snippet":21},[],{"matched_tokens":84,"snippet":27},[],{"matched_tokens":86,"snippet":15},[],{"matched_tokens":88,"snippet":25},[],{"matched_tokens":90,"snippet":23},[],[92,97],{"field":30,"indices":93,"matched_tokens":94,"snippets":96},[14],[95],[75,67,76,77],[78],{"field":98,"matched_tokens":99,"snippet":68,"value":69},"post_content",[67],2314894167593451500,{"best_field_score":102,"best_field_weight":103,"fields_matched":104,"num_tokens_dropped":41,"score":105,"tokens_matched":106,"typo_prefix_score":41},"4419510927616",13,2,"2314894167593451626",4,6646,{"collection_name":52,"first_q":29,"per_page":109,"q":29},6,3,{"facet_counts":112,"found":110,"hits":145,"out_of":279,"page":14,"request_params":280,"search_cutoff":31,"search_time_ms":281},[113,121],{"counts":114,"field_name":119,"sampled":31,"stats":120},[115,117],{"count":104,"highlighted":116,"value":116},"anarres",{"count":14,"highlighted":118,"value":118},"il colpo del strega","podcastfilter",{"total_values":104},{"counts":122,"field_name":30,"sampled":31,"stats":143},[123,125,127,129,131,133,135,137,139,141],{"count":104,"highlighted":124,"value":124},"rojava",{"count":14,"highlighted":126,"value":126},"mgf",{"count":14,"highlighted":128,"value":128},"isis",{"count":14,"highlighted":130,"value":130},"islam",{"count":14,"highlighted":132,"value":132},"stupri",{"count":14,"highlighted":134,"value":134},"petrolio",{"count":14,"highlighted":136,"value":136},"al quaeda",{"count":14,"highlighted":138,"value":138},"patriarcato",{"count":14,"highlighted":140,"value":140},"violenza sessuale",{"count":14,"highlighted":142,"value":142},"mutilazioni genitali femminili",{"total_values":144},35,[146,198,249],{"document":147,"highlight":185,"highlights":190,"text_match":193,"text_match_info":194},{"comment_count":41,"id":148,"is_sticky":41,"permalink":149,"podcastfilter":150,"post_author":116,"post_content":151,"post_date":152,"post_excerpt":47,"post_id":148,"post_modified":153,"post_thumbnail":154,"post_title":155,"post_type":156,"sort_by_date":157,"tag_links":158,"tags":172},"46882","http://radioblackout.org/podcast/anarres-del-6-aprile-la-spartizione-della-siria-barilla-ferrero-leonardo-e-turchia-storie-di-frontiera-aborto-cattolici-allassalto-francia-scioperi-blocchi-occupazioni/",[116],"Notizie da Anarres, il pianeta delle utopie concrete.\r\nSui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. Dalle 10,45 alle 12,45. Anche in streaming\r\nAscolta il podcast:\r\n\r\n2018 04 06 anarres\r\n\r\nIn questa puntata:\r\n\r\nSiria. La spartizione, la pulizia etnica sulla pelle dell’esperienza di confederalismo democratico del Rojava. Russia e Stati Uniti hanno incassato l’appoggio delle milizie dei cantoni curdofoni, ma ora scaricano gli alleati, determinanti nella sconfitta del califfato, ma adesso inutili nel Grande Gioco mediorientale.\r\nNe parliamo con Stefano Capello\r\n\r\nDove c’è Barilla c’è casa. Kinder sorpresa!\r\n\r\nLeonardo. Ingegneri di morte dalla Siria all’Afganistan\r\n\r\nStorie di frontiera da Bardonecchia a Garavan, passando per Torino\r\n\r\nFrancia. Gli scioperi dei ferrovieri, i blocchi delle università, cui si uniscono i netturbini, i lavoratori delle aziende elettriche, i pensionati sono alcuni tasselli di un mosaico di lotte che si sta componendo ed allargando in questa primavera francese. 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Dopo la decisione di rinunciare alla realizzazione dell’aeroporto di Notre Dames des Landes, che ha segnato la vittoria dei movimenti, ora Macron annuncia l’attacco alla Zad, l'area occupata e autogestita da alcuni militanti più radicali.\r\nNe parliamo con Gianni Carrozza, corrispondente da Parigi di Collegamenti, redattore di radio Paris Frequence Plurielle, dove conduce “Vive la sociale!”\r\n\r\n La propaganda antiabortista nel cuore di Roma a quarant’anni dalla 194, la legge che ha depenalizzato l’aborto, senza tuttavia rendere libera e sicura la scelta delle donne.\r\n\r\nProssimi appuntamenti:\r\n\r\nSabato 7 aprile\r\ncena antipasquale veg veg\r\nore 20 alla FAT in corso Palermo 46\r\nIl nostro menù veg/vegan:\r\nAntipasti delle streghe / Chicchi ammazzapreti / Caponet satanico / Hummus dell'infedele / Fagiolata da ultima cena / Vino rossonero / E per finire...Dolcino e Margherita\r\nBenefit lotte sociali\r\nQuanto costa? Tanto per chi ha tanto, poco per chi ha poco, molto poco per chi ha pochissimo.\r\nInsomma, da ognuno come può, più che può.\r\nper prenotare scrivete pure a fai_torino@autistici.org\r\noppure chiamate/inviate un messaggio al numero 327 7929559\r\n\r\nLunedì 16 aprile\r\nore 19,30 presso il Gabrio in via Millio\r\nLe frontiere invisibili\r\nCon l’avvocato Gianluca Vitale, e alcuni attivisti di Chez Jesus, un locale della chiesa occupato a Claviere, divenuto posto tappa per la gente in viaggio verso la Francia.\r\nA cura di Breaktheborder\r\n\r\nMercoledì 18 aprile\r\nore 18\r\npresidio contro le frontiere\r\ndavanti all’ingresso principale della stazione di Porta Nuova. \r\n\r\nVenerdì 20 aprile\r\nore 21\r\nalla Fat in corso Palermo 46\r\nAnarchici contro il fascismo. 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Ovunque.\r\nIntroduce la serata Nicola Valentino, autore, tra gli altri, di “Istituzioni post manicomiali”\r\nOrganizza il collettivo antipsichiatrico “Francesco Mastrogiovanni”\r\n\r\nLe riunioni della Federazione Anarchica Torinese, aperte a tutti gli interessati, si fanno ogni giovedì dalle 21 in corso Palermo 46\r\n\r\nPrimo maggio anarchico\r\n\r\nDomenica 6 maggio\r\n ore 17,30 \r\n in corso Palermo 46\r\n Anarchia e canzone d’autore da Brassens a Ferrè\r\n Parole e musica di Alessio Lega\r\n\r\nwww.anarresinfo.noblogs.org","8 Aprile 2018","2018-10-17 22:58:38","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/04/2018-03-31-manif-fat-barilla-200x110.jpg","Anarres del 6 aprile. La spartizione della Siria. Barilla, Ferrero. Leonardo e Turchia. Storie di frontiera. Aborto: cattolici all’assalto. 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E lo sguardo pruriginoso dei media occidentali sulle guerrigliere curde.\r\n“Donne vendute al bazar per cinque dollari. Esposte come buoi, con il cartellino del prezzo al collo, condannate a essere oggetto sessuali per i militari dell’Isis: schiave del Califfato”. È la denuncia di Nursel Kilic, rappresentante internazionale del Movimento delle donne Curde. “Secondo le stime ufficiali le donne rapite e vendute nei bazar sono 3,000, in realtà sono molte di più. 1200 poi giacciono nelle prigioni nella zona di Mosul e lì vengono violentate, torturate, subiscono ogni genere di violenza.”\r\n\"Il genocidio in atto colpisce in maniera particolare il diritto alla vita e la libertà delle donne. Come è già avvenuto in altri recenti conflitti, dal Kosovo al Rwanda, le pratiche di genocidio includono atti sempre più visibili ed estesi di violenza nei confronti delle donne come gruppo. I femminicidi di massa perpetrati da ISIS possono essere considerati crimini di guerra e contro l'umanità, non solo perché costituiscono una strategia politica dello “Stato islamico”, ma anche perché sono rivolti a colpire in maniera specifica e sistematica donne e bambini. Gli atti di femminicidio sono utilizzati dalle milizie dell'ISIS come strumento di dominio patriarcale e come arma di guerra, funzionale allo sterminio delle minoranze etniche e religiose e per la distruzione del modello del Rojava\". Barbara Spinelli\r\nUno straordinario esperimento di comunità altra che da più di due anni il popolo del Rojava – regione a maggioranza curda nel nord della Siria – sta portando avanti, liberando il proprio territorio e sperimentando una vera e propria rivoluzione sociale, fondata sulla partecipazione dal basso, l'uguaglianza tra uomini e donne e il rispetto dell'ambiente.\r\nLa carta del Rojava è un testo che parla di libertà, giustizia, dignità e democrazia; di uguaglianza e di «ricerca di un equilibrio ecologico». Nel Rojava il femminismo è incarnato non soltanto nei corpi delle guerrigliere in armi, ma anche nel principio della partecipazione paritaria a ogni istituto di autogoverno, che quotidianamente mette in discussione il patriarcato. E l’autogoverno, pur tra mille contraddizioni e in condizioni durissime, esprime davvero un principio comune di cooperazione, tra liberi e uguali. E ancora: coerentemente con la svolta anti-nazionalista del Pkk di Öcalan, a cui le Ypg/Ypj sono collegate, netto è il rifiuto non solo di ogni assolutismo etnico e di ogni fondamentalismo religioso, ma della stessa declinazione nazionalistica della lotta del popolo kurdo. Basta ascoltare le parole dei guerriglieri e delle guerrigliere dell’Ypg/Ypj, per capire che questi ragazzi e queste ragazze hanno preso le armi per difendere la loro terra, ma soprattutto per affermare e difendere questo modo di vivere e di cooperare.\r\nLotta contro il patriarcato e contro il capitalismo/fascismo finalmente insieme. Lotta di genere e lotta di classe che camminano insieme, simultaneamente. Non dopo, non poi, ma qui e ora, si sperimenta una comunità altra, nuova, rivoluzionaria, nel farsi e nel darsi della lotta quotidiana. Questo ci pare essere l'elemento di assoluta rilevanza di questa resistenza, che vede le donne curde in prima linea a combattere, a difendere la propria terra e il proprio popolo, ma soprattutto ad affermare un principio di autodeterminazione personale e politica in totale conflitto con l'esistente.\r\nE sulle guerrigliere si posa lo sguardo dei media occidentali, pronti a spingere un trend che fa innalzare le vendite delle tutine mimetiche messe prontamente in commercio dalla multinazionale H&M e a trasformare il protagonismo delle donne in gossip da cartoline patinate. La storia è lunga a questo proposito e la conosciamo bene. Dalle partigiane della guerra al nazifascismo, passando per le donne che parteciparono alla lotta armata, fino alle compagne NoTav della Valsusa. L'attenzione dei media si concentra troppo spesso e non a caso sull'estetica, su fatti privati e sulla narrazione da rotocalco, mistificando e togliendo senso e sostanza al protagonismo e alla capacità di autodeterminazione di queste donne.\r\nAl fianco delle donne del Rojava.\r\nPer riascoltare la puntata:\r\nil colpo della strega_13ottobre2014_primaparte\r\nil colpo della strega_13ottobre2014_secondaparte","13 Ottobre 2014","2018-10-24 17:35:27","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/10/adesivo-il-colpo-della-strega-new-copy-e1413229678451-200x110.jpg","I podcast de Il colpo della strega: 13ottobre2014",1413238724,[211,212,213,214,215,216,217,218,219,220,221,222,223,168,224,225,226,227],"http://radioblackout.org/tag/autodeterminazione/","http://radioblackout.org/tag/colonialismo/","http://radioblackout.org/tag/donne/","http://radioblackout.org/tag/fascismo/","http://radioblackout.org/tag/isis/","http://radioblackout.org/tag/islam/","http://radioblackout.org/tag/kurdistan/","http://radioblackout.org/tag/lotta-delle-donne/","http://radioblackout.org/tag/mgf/","http://radioblackout.org/tag/mutilazioni-genitali-femminili/","http://radioblackout.org/tag/partigiane/","http://radioblackout.org/tag/patriarcato/","http://radioblackout.org/tag/resistenza/","http://radioblackout.org/tag/storie-di-donne/","http://radioblackout.org/tag/stupri/","http://radioblackout.org/tag/violenza-di-genere/","http://radioblackout.org/tag/violenza-sessuale/",[229,230,231,232,128,130,233,234,126,142,235,138,236,124,237,132,238,140],"autodeterminazione","colonialismo","donne","fascismo","Kurdistan","lotta delle donne","partigiane","resistenza","storie di donne","violenza di genere",{"post_content":240},{"matched_tokens":241,"snippet":243,"value":244},[242],"Califfato”","i militari dell’Isis: schiave del \u003Cmark>Califfato”\u003C/mark>. 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Come è già avvenuto \u003Cmark>in\u003C/mark> altri recenti conflitti, dal Kosovo al Rwanda, le pratiche di genocidio includono atti sempre più visibili ed estesi di violenza nei confronti delle donne come gruppo. I femminicidi di massa perpetrati da ISIS possono essere considerati crimini di guerra e contro l'umanità, non solo perché costituiscono una strategia politica dello “Stato islamico”, ma anche perché sono rivolti a colpire \u003Cmark>in\u003C/mark> maniera specifica e sistematica donne e bambini. Gli atti di femminicidio sono utilizzati dalle milizie dell'ISIS come strumento di dominio patriarcale e come arma di guerra, funzionale allo sterminio delle minoranze etniche e religiose e per la distruzione del modello del Rojava\". Barbara Spinelli\r\nUno straordinario esperimento di comunità altra che da più di due anni il popolo del Rojava – regione a maggioranza curda nel nord della Siria – sta portando avanti, liberando il proprio territorio e sperimentando una vera e propria rivoluzione sociale, fondata sulla partecipazione dal basso, l'uguaglianza tra uomini e donne e il rispetto dell'ambiente.\r\nLa carta del Rojava è un testo che parla di libertà, giustizia, dignità e democrazia; di uguaglianza e di «ricerca di un equilibrio ecologico». Nel Rojava il femminismo è incarnato non soltanto nei corpi delle guerrigliere \u003Cmark>in\u003C/mark> armi, ma anche nel principio della partecipazione paritaria a ogni istituto di autogoverno, che quotidianamente mette \u003Cmark>in\u003C/mark> discussione il patriarcato. E l’autogoverno, pur tra mille contraddizioni e in condizioni durissime, esprime davvero un principio comune di cooperazione, tra liberi e uguali. E ancora: coerentemente con la svolta anti-nazionalista del Pkk di Öcalan, a cui le Ypg/Ypj sono collegate, netto è il rifiuto non solo di ogni assolutismo etnico e di ogni fondamentalismo religioso, ma della stessa declinazione nazionalistica della lotta del popolo kurdo. Basta ascoltare le parole dei guerriglieri e delle guerrigliere dell’Ypg/Ypj, per capire che questi ragazzi e queste ragazze hanno preso le armi per difendere la loro terra, ma soprattutto per affermare e difendere questo modo di vivere e di cooperare.\r\nLotta contro il patriarcato e contro il capitalismo/fascismo finalmente insieme. Lotta di genere e lotta di classe che camminano insieme, simultaneamente. Non dopo, non poi, ma qui e ora, si sperimenta una comunità altra, nuova, rivoluzionaria, nel farsi e nel darsi della lotta quotidiana. Questo ci pare essere l'elemento di assoluta rilevanza di questa resistenza, che vede le donne curde \u003Cmark>in\u003C/mark> prima linea a combattere, a difendere la propria terra e il proprio popolo, ma soprattutto ad affermare un principio di autodeterminazione personale e politica \u003Cmark>in\u003C/mark> totale conflitto con l'esistente.\r\nE sulle guerrigliere si posa lo sguardo dei media occidentali, pronti a spingere un trend che fa innalzare le vendite delle tutine mimetiche messe prontamente \u003Cmark>in\u003C/mark> commercio dalla multinazionale H&M e a trasformare il protagonismo delle donne \u003Cmark>in\u003C/mark> gossip da cartoline patinate. La storia è lunga a questo proposito e la conosciamo bene. Dalle partigiane della guerra al nazifascismo, passando per le donne che parteciparono alla lotta armata, fino alle compagne NoTav della Valsusa. L'attenzione dei media si concentra troppo spesso e non a caso sull'estetica, su fatti privati e sulla narrazione da rotocalco, mistificando e togliendo senso e sostanza al protagonismo e alla capacità di autodeterminazione di queste donne.\r\nAl fianco delle donne del Rojava.\r\nPer riascoltare la puntata:\r\nil colpo della strega_13ottobre2014_primaparte\r\nil colpo della strega_13ottobre2014_secondaparte",[246],{"field":98,"matched_tokens":247,"snippet":243,"value":244},[242],{"best_field_score":195,"best_field_weight":196,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":104,"score":197,"tokens_matched":104,"typo_prefix_score":41},{"document":250,"highlight":270,"highlights":275,"text_match":193,"text_match_info":278},{"comment_count":41,"id":251,"is_sticky":41,"permalink":252,"podcastfilter":253,"post_author":116,"post_content":254,"post_date":255,"post_excerpt":47,"post_id":251,"post_modified":256,"post_thumbnail":257,"post_title":258,"post_type":156,"sort_by_date":259,"tag_links":260,"tags":266},"24629","http://radioblackout.org/podcast/libia-il-grande-gioco-tra-sangue-e-petrolio/",[116],"La Libia è attraversata da una guerra per bande che sta frantumando il paese, rendendo sempre più difficile la vita sia ai libici sia ai numerosi profughi subsahariani che ci vivono. Mercoledì 6 agosto c'é stato un blackout totale. A Tripoli internet, la rete dei cellulari e l'acqua funzionano a singhiozzo.\r\nAnche l'assistenza sanitaria è a rischio, perché il governo filippino ha chiesto ai 13mila lavoratori immigrati nel paese di lasciare la Libia. Ben tremila filippini lavoravano in Libia come infermieri e medici.\r\nIl parlamento, eletto il 25 giugno, in una consultazione in cui gli islamisti al potere dopo la guerra civile scatanatasi dopo l'intervento di Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti ed Italia nel paese, sono ora in minoranza, si è riunito per la prima volta a Tobruk, 1500 chilometro da Tripoli. Tobruk è nell'estremo est del paese, molto vicino alla frontiera egiziana.\r\nLunedì 4 agosto 160 parlamentari su 188 hano eletto presidente del parlamento il giurista Aguila Salah Iss. Alla votazione non hanno preso parte i deputati vicini ai Fratelli Musulmani che hanno boicottato la votazione, perché sia il Gran Mufti al-Ghariani e il presidente uscente Abu Sahmain, sostenuto dagli islamisti, hanno detto che ritengono incostituzionale la nuova Assemblea.\r\nUn'assemblea parlamentare quasi in esilio, perché sia la capitale Tripoli, che il maggiore centro della Cirenaica, Bengasi sono teatro di feroci combattimenti.\r\n\r\nGli Stati Uniti e quasi tutti i Paesi europei hanno rimpatriato i propri connazionali ed evacuato le proprie rappresentanze, con l'eccezione dell'ambasciata italiana che rimane aperta. Gli interessi italiani nell'ex colonia sono ancora fortissimi e il governo Renzi non può certo permettersi di abbandonare il campo. Già nel 2011, dopo mesi alla finestra il governo italiano decise di intervenire in Libia, rompendo l'alleanza con il governo di Muammar Gheddafi, per contrastare il piano franco inglese di sostituire l'Italia sia nerll'interscambio commerciale sia nel ruolo di referente privilegiato in Europa.\r\nL'Italia riuscì in quell'occasione a mantenere i contratti dell'ENI, ma, nonostante le assicurazioni delle nuove autorità libiche, non è mai riuscita ad ottenere l'outsourcing della repressione dell'immigrazione già garantito da Gheddafi. In questi giorni il governo moltiplica gli allarmi sull'emergenza immigrati, ma, nei fatti la crisi libica rende difficile richiudere la frontiera sud.\r\n\r\nPer profughi e migranti la situazione nel paese è terribile. L'Alto commissariato Onu per i rifiugati, che ha lasciato Tripoli a causa degli scontri, segnala che circa 30mila persone hanno passato il confine con la Tunisia la scorsa settimana, mentre ogni giorno 3.000 uomini attraversano la frontiera con l'Egitto; sono soprattutto egiziani che lavoravano in Libia, ma anche libici che possono permettersi la fuga. Tuttavia, la condizione peggiore è quella dei rifugiati provenienti dall'Africa subsahariana. \"Sono quasi 37mila - spiega l'agenzia Onu - le persone che abbiamo registrato; nella sola Tripoli, più di 150 persone provenienti da Eritrea e Somalia hanno chiamato il nostro numero verde per richiedere medicinali o un luogo più sicuro dove stare. Stiamo anche ricevendo chiamate da molti siriani e palestinesi che si trovano a Bengasi e che hanno un disperato bisogno di assistenza\".\r\n\r\nGli africani neri rischiano la pelle. Uomini delle milizie entrano nelle case che danno rifugio ai profughi, che vengono derubati di ogni cosa e spesso uccisi. Molti maschi vengono rapiti e ridotti in schiavitù: vengono obbligati a fare i facchini durante gli spostamenti, le donne vengono invece sistematicamente stuprate. Nelle carceri, dove i migranti subsahariani sono detenuti finché pagano un riscatto, la situazione è peggiorata: oltre ai \"consueti\" abusi ai prigionieri è negato anche il cibo.\r\n\r\nLe divisioni storiche tra Tripolitania, Cirenaica, e Fezzan sono divenute esplosive. Al di là della partita politica c'é la lotta senza quartiere per il controllo delle risorse, in primis il petrolio.\r\nDopo la caduta di Moammar Gheddafi tre estati fa, i vari governi che si sono succeduti non sono riusciti a imporsi sui circa 140 gruppi tribali che compongono la Libia. Il 16 maggio Khalifa Haftar, ex generale dell'esercito, a capo della brigata Al Saiqa ha attaccato il parlamento e lanciato l'offensiva contro le forze islamiste, particolarmente forti nella Cirenaica, la regione di Bengasi. Oggi a Bengasi le milizie islamiste hanno preso il controllo della città mentre il generale Haftar controllerebbe solo l'aeroporto. I gruppi jihadisti, riuniti nel Consiglio della Shura dei rivoluzionari di Bengasi, hanno proclamato un emirato islamico. Tra di loro, ci sono anche i salafiti di Ansar al Sharia.\r\nHaftar, che alcuni ritengono agente della CIA, è sostenuto da Egitto e Algeria e, forse, dagli stessi Stati Uniti non ha le forze per prendere il controllo della regione. La coalizione contro di lui comprende sia gli islamisti sia laici che non lo considerano un golpista.\r\nLa politica statunitense nella regione è all'insegna delle ambigue alleanze che caratterizzano da un paio di decenni le scelte delle varie amministrazioni. In Libia Obama sostiene Haftar, mentre in Siria appoggia le milizie quaediste anti Assad, le stesse che in Iraq hanno invaso il nord, controllando Mosul e la cristiana piana di Ninive. D'altro canto il sostegno verso il governo dello shiita Nouri al Maliki è solo verbale: nessuna iniziativa militare è stata sinora intrapresa contro il Califfato di Al Baghdadi. Al Quaeda, un brand buono per tante occasioni, è come un cane feroce, che azzanna i tuoi avversari, ma sfugge completamente anche al controllo di chi lo nutre e l'ha nutrito per decenni. L'Afganistan ne è la dimostrazione.\r\nNello scacchiere geopolitico in Libia, chi pare aver perso la partita sono state le formazioni vicine ai Fratelli Musulmani sostenute dal Qatar, a sua volta apoggiato dalla Francia.\r\n\r\nA Tripoli la situazione è fuori controllo: lo scontro è tra la milizia di Zintan, una città del nordovest, e un gruppo armato nato dall'alleanza delle milizie di Misurata e di alcuni gruppi islamisti. Dal 13 luglio, gli scontri, con oltre 100 morti, si concentrano attorno all'aeroporto, controllato dai primi e bombardato dai secondi. La scorsa settimana, per vari giorni la capitale è stata coperta dal fumo di un deposito di carburante, colpito da alcuni razzi da qui arriva parte del petrolio importato in Italia con il gasdotto Greenstream, che copre il 10-11% dei consumi nazionali.\r\n\r\nSe le formazioni quaediste dovessero prendere il controllo dei pozzi petroliferi le conseguenze sarebbero gravi soprattutto per la Tunisia e per i paesi africani.\r\n\r\nQuesta situazione mette in luce la decadenza degli Stati Uniti, che fanno di un'alchimia da stregoni una strategia. Un gioco complesso che sempre meno produce i risultati desiderati.\r\nOltre la scacchiera dei grandi giochi restano le migliaia e migliaia di uomini, donne, bambini massacrati.\r\n\r\nAnarres ne ha parlato con Karim Metref, un torinese di origine Kabila, insegnante, blogger, attento osservatore di quanto accade in nord Africa.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2014 08 01 karim metref libia","7 Agosto 2014","2018-10-17 22:59:29","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/08/libia-200x110.jpg","Libia. Il grande gioco tra sangue e petrolio",1407441307,[261,262,263,264,265],"http://radioblackout.org/tag/al-quaeda/","http://radioblackout.org/tag/italia/","http://radioblackout.org/tag/libia/","http://radioblackout.org/tag/petrolio/","http://radioblackout.org/tag/stati-uniti/",[136,267,268,134,269],"italia","libia","Stati Uniti",{"post_content":271},{"matched_tokens":272,"snippet":273,"value":274},[67],"Libia. 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