","La complessità di osservare Hong Kong","post",1568463149,[60,61,62,63,64,65,66,67],"http://radioblackout.org/tag/carrie-lam/","http://radioblackout.org/tag/cina/","http://radioblackout.org/tag/diritto-britannico/","http://radioblackout.org/tag/estradizioni/","http://radioblackout.org/tag/hong-kong/","http://radioblackout.org/tag/movimento/","http://radioblackout.org/tag/rivolta-degli-ombrelli/","http://radioblackout.org/tag/too-little-too-late/",[17,69,25,21,70,15,31,27],"cina","Hong Kong",{"post_content":72,"tags":77},{"matched_tokens":73,"snippet":75,"value":76},[74],"britannico","fin da quelli del protettorato \u003Cmark>britannico\u003C/mark>, ancora vive e vivacizzate da","Sono molteplici le contraddizioni, gli sguardi deviati, le ricostruzioni proposte utilizzando parametri non adatti o culturalmente distanti da una realtà remota di cui si vorrebbero riportare i fatti, magari riconducendoli a stereotipi familiari.\r\n\r\nEcco, il bisogno invece di avere la percezione di comprendere un movimento che si sta ribellando in massa su parole d'ordine che si accavallano e si superano, andando oltre le risposte del potere cinese in una mobilitazione permanente che si compone di tanti impulsi e infinite anime, sedimentate negli anni fin da quelli del protettorato \u003Cmark>britannico\u003C/mark>, ancora vive e vivacizzate da emersioni carsiche: infatti andrebbe sviscerato anche il rapporto con la rivolta degli ombrelli del 2014 e il suo superamento.\r\n\r\nAbbiamo cercato di inquadrare con Gabriele Battaglia il momento storico, ripercorrendo passaggi epocali, analizzando il sistema elettorale, ma anche le istanze e i bisogni che confluiscono nel movimento nelle sue distinzioni, nel suo essere senza leader; le sue possibilità di sviluppo a fronte di punti impossibili che Pechino non concederà mai; ma anche implicazioni economiche e potenziali sviluppi di eventi come la proposta di acquisto della Borsa di Londra da parte di quella hongkonghese, che forse potrebbe venire dislocata gradualmente a Shenzen (causa o effetto del movimento?), o i patti tra tycoon locali e potere centrale cinese. Oppure le distinzioni tra vecchi hongkonghesi (arrivati prima del 1997) e nuovi migranti economici e le implicazioni quasi \"razziste\"\r\n\r\nSemplicemente avviandosi nell'interpretazione degli avvenimenti con la guida di Gabriele Battaglia i vari aspetti di questa vicenda si cominciano a intrecciare tra loro e anche con fenomeni diversi apparentemente collaterali che complicano le questioni sul tappeto, fino a far emergere persino quella lotte di classe che sembrerebbe non essere centrale in questa contingenza.\r\n\r\nGli occhiali giusti per osservare Hong Kong",[78,80,82,86,88,90,92,94],{"matched_tokens":79,"snippet":17},[],{"matched_tokens":81,"snippet":69},[],{"matched_tokens":83,"snippet":85},[84,74],"diritto","\u003Cmark>diritto\u003C/mark> \u003Cmark>britannico\u003C/mark>",{"matched_tokens":87,"snippet":21},[],{"matched_tokens":89,"snippet":70},[],{"matched_tokens":91,"snippet":15},[],{"matched_tokens":93,"snippet":31},[],{"matched_tokens":95,"snippet":27},[],[97,103],{"field":34,"indices":98,"matched_tokens":100,"snippets":102},[99],2,[101],[84,74],[85],{"field":104,"matched_tokens":105,"snippet":75,"value":76},"post_content",[74],1157451471441625000,{"best_field_score":108,"best_field_weight":109,"fields_matched":99,"num_tokens_dropped":46,"score":110,"tokens_matched":99,"typo_prefix_score":46},"2211897868544",13,"1157451471441625194",{"document":112,"highlight":136,"highlights":141,"text_match":144,"text_match_info":145},{"cat_link":113,"category":114,"comment_count":46,"id":115,"is_sticky":46,"permalink":116,"post_author":49,"post_content":117,"post_date":118,"post_excerpt":52,"post_id":115,"post_modified":119,"post_thumbnail":120,"post_thumbnail_html":121,"post_title":122,"post_type":57,"sort_by_date":123,"tag_links":124,"tags":130},[43],[45],"88166","http://radioblackout.org/2024/03/julian-assange-anatomia-di-una-persecuzione-politica/","Il 20 Febbraio 2024 sono iniziate le udienze dinnanzi all’High Court britannica concluse il 25 febbraio, il cui verdetto andrà a stabilire se Julian Assange ha diritto a chiedere un ulteriore accertamento sull’estradizione richiesta dagli Stati Uniti al governo britannico, già concessa nel 2022 dalla prima ministra inglese Priti Patel. \r\n\r\nIl fondatore di Wikileaks rischia 175 anni di carcere per accuse di tradimento rivoltegli da uno stato che non è il suo, ma del quale ha diffuso documenti secretati, fatti trapelare da vari informatori, che liberamente possono avere accesso al sito crittografato allo scopo di proteggere ogni fonte. Quei documenti dall'Afghanistan, all'Iraq, alla prigione di Guantanamo testimoniano le efferatezze compiute dal governo statunitese e dal suo braccio armato. La fondamentale importanza dei documenti fatti trapelare da Chelsea Manning (CableGate) nel comprovare la corruzione della macchina diplomatica e delle forever war statunitensi, emblema del capitalismo bellico ha scatenato la macchina della vendetta di Uncle Sam.\r\n\r\nNell’effettivo, ben prima di questa possibile condanna, ad Assange la libertà è negata dal 2019. Dall'aprile di quell'anno si trova infatti rinchiuso nel carcere di Belmarsh in Inghilterra, in una condizione di tortura ed isolamento.\r\n\r\nLa sua condanna è un attacco, o meglio una minaccia, al giornalismo investigativo e critico tutto, alla trasparenza e al libero accesso all'informazione. Con questa consapevolezza sono molte le campagne nate sotto il nome di Free Julian Assange, a cui ha aderito anche Tricontinental: Institute of social resource (https://thetricontinental.org) di cui abbiamo intervistato il direttore Vijay Prashad.\r\n\r\nQui la traduzione dell'intervista con Vijay Prashad, giornalista e storico.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/VIJAYPRASHADINTERVISTA.mp3\"][/audio]\r\n\r\nL'audio originale dell'intervista con Vijay Prashad\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/AssangePrashadInglese-1.mp3\"][/audio]\r\n\r\n ","22 Marzo 2024","2024-03-23 21:01:29","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/Immagine-23-03-24-20.53-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"146\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/Immagine-23-03-24-20.53-300x146.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/Immagine-23-03-24-20.53-300x146.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/Immagine-23-03-24-20.53-1024x499.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/Immagine-23-03-24-20.53-768x374.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/Immagine-23-03-24-20.53.jpg 1210w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Julian Assange: anatomia di una persecuzione politica",1711123225,[125,126,127,128,129],"http://radioblackout.org/tag/guerra-dellinformazione/","http://radioblackout.org/tag/imperialismo/","http://radioblackout.org/tag/julian-assange/","http://radioblackout.org/tag/liberta-di-stampa/","http://radioblackout.org/tag/usa/",[131,132,133,134,135],"guerra dell'informazione","imperialismo","Julian Assange","libertà di stampa","USA",{"post_content":137},{"matched_tokens":138,"snippet":139,"value":140},[84],"stabilire se Julian Assange ha \u003Cmark>diritto\u003C/mark> a chiedere un ulteriore accertamento","Il 20 Febbraio 2024 sono iniziate le udienze dinnanzi all’High Court britannica concluse il 25 febbraio, il cui verdetto andrà a stabilire se Julian Assange ha \u003Cmark>diritto\u003C/mark> a chiedere un ulteriore accertamento sull’estradizione richiesta dagli Stati Uniti al governo \u003Cmark>britannico\u003C/mark>, già concessa nel 2022 dalla prima ministra inglese Priti Patel. \r\n\r\nIl fondatore di Wikileaks rischia 175 anni di carcere per accuse di tradimento rivoltegli da uno stato che non è il suo, ma del quale ha diffuso documenti secretati, fatti trapelare da vari informatori, che liberamente possono avere accesso al sito crittografato allo scopo di proteggere ogni fonte. 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Ma quasi nulla si conosce dello sviluppo degli ultimi due decenni e delle relazioni strategiche geopolitiche nell'area dopo la fine del colonialismo britannico, a cui ha alluso Aung San Suu Kyi all'Onu, allusione non riportata dai media nostrani.\r\n\r\nWashington, 05 feb 16:00 - (Agenzia Nova) - Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha discusso ieri l’ordine della Corte di giustizia internazionale al Myanmar per prevenire un genocidio ai danni dei musulmani rohingya, ma non è riuscito a raggiungere un accordo per una dichiarazione congiunta. La Cina, alleato di Naypyidaw, e il Vietnam, che regge la presidenza di turno del Consiglio di sicurezza, e come il Myanmar è membro dell’Associazione delle nazioni del Sud-est asiatico (Asean), hanno obiettato alla linea promossa dai membri europei del Consiglio, secondo cui le misure ordinate al Myanmar dalla Corte di giustizia internazionale sono “vincolanti ai sensi del diritto internazionale”. Francia, Germania, Belgio, Estonia e Polonia hanno anche sollecitato Naypyidaw ad “intraprendere azioni credibili per assicurare alla giustizia i responsabili delle violazioni dei diritti umani” ai danni dei rohingya.\r\n\r\nQuesta è la stringata agenzia che ci ha spinti a cercare di capire in quale contesto birmano vada inserita questa ambiguità reticente, la denuncia mediatica del genocidio e del landgrabbing a cui poi non fa seguito nulla; l'intervento di Aung San Suu Kyi alle Nazioni Unite, su convocazione del Gambia, e dei paesi musulmani che rappresenta, chiamò in correità il colonialismo occidentale, ma questo passo del discorso non è stato riportato, come non si conoscono le proteste contro le dighe volute da Xi Jing Ping, o le numerose comunità molto diverse che compongono la nazione birmana.\r\n\r\nDifficile trovare qualcuno che segua da molti anni l'evoluzione di quella nazione e conosca i passaggi storici, mantenendo un distacco sufficiente per aggirare i luoghi comuni: sia quelli che volevano la presidente come impeccabile eroina della lotta contro i militari, sia le accuse di aver tradito, difendendo i militari. Max Morello è vicino a questo identikit:\r\n\r\nMorello Myanmar","8 Febbraio 2020","2020-02-08 12:06:18","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/02/2020-02-06_rohingya-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"225\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/02/2020-02-06_rohingya-300x225.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/02/2020-02-06_rohingya-300x225.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/02/2020-02-06_rohingya-1024x768.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/02/2020-02-06_rohingya-768x576.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/02/2020-02-06_rohingya-1536x1152.jpg 1536w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/02/2020-02-06_rohingya-2048x1536.jpg 2048w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Facendo la tara delle trasformazioni ventennali del Myanmar",1581124915,[163,164,165,166,167],"http://radioblackout.org/tag/aung-san-suu-kiy/","http://radioblackout.org/tag/corte-dellaja/","http://radioblackout.org/tag/myanmar/","http://radioblackout.org/tag/rakhine/","http://radioblackout.org/tag/rohingya/",[23,169,170,171,172],"corte dell'Aja","myanmar","Rakhine","Rohingya",{"post_content":174},{"matched_tokens":175,"snippet":176,"value":177},[74],"Birmania, usando il lemma dell'impero \u003Cmark>britannico\u003C/mark>, si parla poco e ancora","Della vecchia Birmania, usando il lemma dell'impero \u003Cmark>britannico\u003C/mark>, si parla poco e ancora meno degli intrecci di interessi – cinesi, in particolare, con gli investimenti recentissimi e il golfo colmo di idrocarburi e gas – e di collocazione strategica per i percorsi di merci; un po' si è discusso dell'accanimento – spiegato in Occidente con dispute religiose tra buddisti radicali e povere genti musulmane – contro una delle etnie che compongono la nazione, forse spiegabile con il fatto che se si desse la nazionalità ai Rohingya non sarebbero distinguibili da bengalesi e il timore della giunta è il solito: l'invasione di migranti. 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Poi toccherà ai 27 stati dell’Unione ratificarlo nei prossimi due anni. Ma sono in molti a scommettere che saranno di più.\r\n\r\nLa Gran Bretagna stima che il costo per l'adempimento dei suoi obblighi finanziari sia compreso tra 40 e 45 miliardi di euro e dovrà garantire diritti speciali per 4 milioni di europei. L'intesa apre la strada ai negoziati commerciali. Il premier britannico e il presidente della Commissione europea hanno siglato un documento di 15 pagine che fa il punto della situazione e indica ai negoziatori il percorso per una seconda fase di colloqui.\r\n\r\n\"L'intesa comune\" raggiunta dai negoziatori \"riconosce il ruolo della Corte di giustizia\" europea \"come l'arbitro ultimo dell'interpretazione della legislazione dell'Unione\". Allo stesso tempo, si legge nel testo della comunicazione della Commissione Ue, saranno i tribunali britannici a occuparsi delle cause sollevate dai cittadini Ue sulla tutela dei loro diritti. I giudici britannici potranno rivolgersi alla Corte Ue per questioni interpretative \"entro 8 anni\" dall'entrata in vigore delle norme sui cittadini. La dichiarazione congiunta tra Regno Unito e Unione europea contiene \"garanzie concrete per i cittadini\" da entrambi i lati della Manica, ha ribadito il capo negoziatore dell'Ue Michel Barnier in conferenza stampa. Tra i punti condivisi: tutte le persone arrivate nell'Ue o nel Regno Unito prima della Brexit potranno continuare a lavorare o studiare, i membri della famiglia conserveranno il diritto alla riunificazione, saranno conservati i diritti alle prestazioni sociali.\r\n\r\nNon ci sarà alcun confine fisico tra la provincia britannica e la Repubblica d'Irlanda a Sud, ma la May ha sottolineato che sarà preservata l'integrità del Regno Unito, anche se l'Irlanda del Nord godrà di uno statuto speciale. Si è dunque riusciti a trovare un accordo che soddisfa gli unionisti di Belfast, i quali temevano di essere abbandonati nelle braccia di Dublino, e il governo irlandese, contrario a una divisione netta dell'isola.\r\n\r\nMay doveva superare questi due scogli per far partire la trattativa sulle relazioni commerciali tra UE e Gran Bretagna. In questo primo round, specie sui diritti dei cittadini europei, ha dovuto cedere alle pressioni di Juncker ed accettare che mantengano il loro status attuale.\r\nQuesta scelta è stata investita dalle critiche dell’ala destra del suo partito, oltre alla destra populista di Farage.\r\nLa poltrona di May continua a traballare.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Renato Strumia.\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n\r\n\r\n2017 12 12 brexit strumia","12 Dicembre 2017","2017-12-13 14:11:06","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/12/brexit-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"212\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/12/brexit-300x212.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/12/brexit-300x212.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/12/brexit-768x543.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/12/brexit-1024x723.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/12/brexit.jpg 2000w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Brexit. 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In questo primo round, specie sui diritti dei cittadini europei, ha dovuto cedere alle pressioni di Juncker ed accettare che mantengano il loro status attuale.\r\nQuesta scelta è stata investita dalle critiche dell’ala destra del suo partito, oltre alla destra populista di Farage.\r\nLa poltrona di May continua a traballare.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Renato Strumia.\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n\r\n\r\n2017 12 12 brexit strumia",[212],{"field":104,"matched_tokens":213,"snippet":209,"value":210},[74],{"best_field_score":146,"best_field_weight":147,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":46,"score":148,"tokens_matched":99,"typo_prefix_score":46},{"document":216,"highlight":230,"highlights":235,"text_match":144,"text_match_info":238},{"cat_link":217,"category":218,"comment_count":46,"id":219,"is_sticky":46,"permalink":220,"post_author":49,"post_content":221,"post_date":222,"post_excerpt":52,"post_id":219,"post_modified":223,"post_thumbnail":224,"post_thumbnail_html":225,"post_title":226,"post_type":57,"sort_by_date":227,"tag_links":228,"tags":229},[43],[45],"37609","http://radioblackout.org/2016/10/esercito-europeo/","Il 27 settembre si è tenuta a Bratislava una riunione dei 28 ministri europei della Difesa, cui ha partecipato anche il ministro britannico Michael Fallon, dal momento che il Regno Unito è tutt'ora parte dell'UE, con diritto di voto e di veto, e lo sarà finchè non avrà ufficialmente notificato la decisione di uscirne conseguente al referendum sulla Brexit del 23 giugno scorso. In questa occasione Fallon si è nuovamente espresso contro il progetto di costituire un sistema di difesa congiunto europeo, progetto sostenuto in primis da Germania e Francia. \"Ci sono Stati membri che vorrebbero un utilizzo unico delle nostre forze. Questo somiglia molto a un esercito europeo, a cui noi siamo contrari\", ha dichiarato Fallon, aggiungendo che la Nato deve restare \"la pietra angolare della difesa dell'Europa\".\r\n\r\nLa posizione di Fallon è conseguenza del fatto che per il Regno Unito la costituzione di un esercito europeo segnerebbe la fine tanto del loro ruolo di alleato privilegiato degli USA, quanto della loro funzione di sostegno delle posizioni americane in Europa e nella Nato. Va peraltro sottolineato come l'opposizione britannica non rappresenti di fatto un ostacolo al progetto di difesa comune, in quanto il Trattato di Lisbona prevede che alcuni Stati Membri possano prendere decisioni non condivise da tutti, tramite \"cooperazioni rafforzate\" e \"cooperazioni strutturate\", previste anche in campo militare. Tanto che Jean Spahn, viceministro delle Finanze del governo tedesco ed uomo di fiducia di Wolfang Schauble, in un'intervista rilasciata quest'estate aveva dichiarato: \"L’idea che otto o dieci Paesi facciano un passo avanti sulla Difesa comune era già stata del generale De Gaulle, negli anni ’50. Noi vorremmo fare questo grande passo avanti e costruire un esercito comune. Non è necessario che tutti partecipino da subito.\"\r\n\r\nIn cosa consiste il piano franco-tedesco per un esercito europeo, presentato con il titolo di “Una Europa forte in un mondo di incertezze”? Quali potrebbero essere le sue implicazioni in termini di neo-imperialismo in chiave anti-BRICS, ulteriore militarizzazione delle frontiere esterne e guerra ai migranti, ma anche controllo e repressione interna contro oppositori politici e tendenze centrifughe di regioni secessioniste? Questa mattina ne abbiamo discusso con Marco Santopadre, redattore di Contropiano.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\nesercitoeuropeo","1 Ottobre 2016","2016-10-04 18:42:28","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/09/esercito-europeo-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"225\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/09/esercito-europeo-300x225.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/09/esercito-europeo-300x225.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/09/esercito-europeo.jpg 720w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Sul progetto neo-imperialista di un esercito europeo",1475337669,[],[],{"post_content":231},{"matched_tokens":232,"snippet":233,"value":234},[74],"ha partecipato anche il ministro \u003Cmark>britannico\u003C/mark> Michael Fallon, dal momento che","Il 27 settembre si è tenuta a Bratislava una riunione dei 28 ministri europei della Difesa, cui ha partecipato anche il ministro \u003Cmark>britannico\u003C/mark> Michael Fallon, dal momento che il Regno Unito è tutt'ora parte dell'UE, con \u003Cmark>diritto\u003C/mark> di voto e di veto, e lo sarà finchè non avrà ufficialmente notificato la decisione di uscirne conseguente al referendum sulla Brexit del 23 giugno scorso. 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La memoria di una valle ingovernabile\r\nSono passati diciotto anni dalle giornate di insurrezione che culminarono con la ripresa dei terreni occupati militarmente dalla polizia nella notte tra il 5 e il 6 dicembre 2005. Da Susa a Venaus, nonostante il freddo e la pioggia, si è tenuta la marcia no Tav.\r\nPer noi essere ancora una volta in marcia è stata l’occasione per ricordare che solo l’azione diretta popolare è stata in grado, anche se per poco, di far saltare il banco, di fermare davvero il Tav.\r\nMa la memoria, se non torna ad innescare nuovi percorsi di lotta, non può certo bastare.\r\nI prossimi mesi saranno cruciali. \r\nForza, limiti e prospettive di un movimento quasi trentennale mentre sta partendo la costruzione del tunnel di base di 63 km, il pezzo materialmente e simbolicamente più rilevante dell’opera.\r\n\r\nUn cacciabombardiere nel futuro di Torino\r\nIl nuovo caccia di Leonardo, BAE Systems e Mitsubishi, annunciato da tempo, ha superato il processo autorizzativo dei governi italiano, britannico e giapponese ed entrerà presto in fase operativa.\r\nCruciale il ruolo della nostra regione, in particolare lo stabilimento Alenia di Caselle torinese, oggi impegnato nella costruzione degli Eurofighter, che lasceranno il posto ai nuovi bombardieri. \r\n\r\nIniziative:\r\n\r\nSabato 13 gennaio\r\nAssemblea Antimilitarista a Massenzatico (RE)\r\nore 10 presso le Cucine del Popolo in via Beethoven 78\r\n\r\nVenerdì 19 gennaio\r\nore 21 alla FAI, in corso Palermo 46\r\nStato di polizia\r\nPiù galera per i poveri e per chi lotta\r\nLe misure contro i rave e la socialità non mercificata, quelle contro profughi e migranti del decreto Cutro, l’affondo verso i giovani del decreto Caivano, l’ultimo pacchetto sicurezza dimostrano che la chiave dell’azione di governo è un sistematico attacco repressivo contro i poveri, gli stranieri, i ragazzi, i movimenti di lotta.\r\nPiù galera per molti, ma non per tutti, perché la trama dei vari provvedimenti di Meloni è esplicitamente di classe. Non solo. Molte misure, pur essendo capaci di reggere al vaglio della legittimità formale, sono ritagliate su misura su soggetti specifici.\r\nIl governo mette in campo dispositivi che emulano le dinamiche del diritto penale del nemico, pur in un quadro di apparente universalismo. Il che, ancora una volta, interroga i sostenitori della democrazia, sul fatto che la promulgazioni di leggi giuste sia un ossimoro in un contesto di ingiustizia sociale e di crescente violenza verso le classi pericolose e i movimenti di opposizione sociale. \r\nIntrodurrà la serata l’avvocato Eugenio Losco\r\n\r\nOgni martedì (il 26 dicembre e il 2 gennaio siamo chiusi)\r\nfai un salto da\r\n(A)distro – libri, giornali, documenti e… tanto altro \r\nSeriRiot – serigrafia autoprodotta benefit lotte\r\nVieni a spulciare tra i libri e le riviste, le magliette e i volantini!\r\nSostieni l’autoproduzione e l’informazione libera dallo stato e dal mercato!\r\nInformati su lotte e appuntamenti!\r\ndalle 17,30 alle 20 in corso Palermo 46\r\n\r\nContatti:\r\n\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\ncorso Palermo 46\r\nRiunioni – aperte agli interessati - ogni martedì dalle 20 (il 26 dicembre e il 2 gennaio siamo chiusi)\r\nContatti:\r\nfai_torino@autistici.org\r\n@senzafrontiere.to/\r\nhttps://t.me/SenzaFrontiere\r\n\r\nIscriviti alla nostra newsletter, mandando un messaggio alla pagina FB oppure una mail\r\n\r\nscrivi a: anarres@inventati.org\r\n\r\nwww.anarresinfo.org","22 Dicembre 2023","2023-12-22 01:23:43","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/12/nazionalismo-200x110.jpg","Anarres del 15 dicembre. 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Nelle ultime settimane, complice la presentazione di un progetto di legge su una modestissima legalizzazione dell'uso della cannabis, il dibattito si è riaperto.\r\nNe abbiamo parlato con Robertino del collettivo antioproibizionista di Pisa, tra i promotori della street parade \"Canapisa\".\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\ncannabis robertino\r\n\r\nLeggi l'articolo di Robertino uscito sull'ultimo numero di Umanità Nova:\r\n\"Sin dal loro apparire, tra la fine dell’Ottocento e gli anni ’30 del secolo del secolo scorso, le leggi antidroga hanno suscitato critiche sia per la loro evidente irrazionalità che per la pretesa di imporre un codice di comportamento in una delle sfere più intime delle persone, cioè cosa mettere e non mettere dentro il proprio corpo. Queste critiche per un lungo periodo sono rimaste confinate nell’ambito ristretto delle riviste accademiche di diritto e di medicina o tra le pagine della stampa libertaria (il nostro Umanità Nova già nel 1921 pubblicava un durissimo articolo di Errico Malatesta contro la messa fuorilegge della cocaina in Francia), ma sono diventate sempre più diffuse a partire dagli anni ‘50 con la diffusione della cannabis tra i giovani europei e nordamericani da una parte e con la conseguente repressione poliziesca dall’altra. Molti fanno risalire la data di nascita “ufficiale” delle mobilitazioni antiproibizioniste al 25 luglio 1967 quando il Times di Londra ospitò in un’intera pagina a pagamento un appello per la legalizzazione della marijuana firmato dal filosofo Alaistair McIntyre, dallo psichiatra Ronald Laing, dal sociologo Tariq Ali, da tutti e quattro i membri dei Beatles (secondo alcuni sarebbero stati proprio i componenti della boy band più famosa di tutti i tempi a pagare il costoso annuncio), dal loro manager Brian Epstein e da altri personaggi della scena musicale e culturale britannica. Il giorno dopo anche Bertrand Russell esprimeva la propria adesione all’appello. L’evento che aveva scatenato la mobilitazione era stata, solo poche settimane prima, l’incarcerazione di Mick Jagger e Keith Richards dei Rolling Stones, in prigione dal 29 giugno per detenzione e uso di marijuana. La notizia aveva fatto rapidamente il giro di Londra e il clamore suscitato dalla carcerazione dei due artisti diventò l’occasione per attaccare il sistema giudiziario britannico e le leggi proibizioniste in particolare. La mobilitazione per i due Stones raggiunse il culmine il 31 luglio all’udienza conclusiva dell’appello, a cui partecipano centinaia di persone che invadono l’aula, i corridoi e il cortile del tribunale che accolsero con un tripudio generale la lettura della sentenza con cui il giudice revocava la condanna al carcere e ordinava l’immediata liberazione dei due musicisti. Pochi giorno dopo il quotidiano The Guardian dichiarava “già morta” la convenzione internazionale contro “la droga” entrata in vigore sotto l’egida dell’Onu e grazie alle pressioni del governo USA solo pochi anni prima.\r\nQuasi mezzo secolo dopo, la War On Drugs infuria più che mai e si fa sempre più feroce, tanto che, come ha denunciato da tempo Amnesty International, non fa che allungarsi la lista dei Paesi che applicano la pena di morte per traffico di droga e ogni anno centinaia di persone vengono giustiziate in Cina, Arabia Saudita, Indonesia, Iran etc per quello che i giuristi definiscono “un reato senza vittime”, nel senso che chi assume sostanze illecite ne ricava un danno, ma lo fa comunque in genere volontariamente e senza essere costretto (esattamente come nessuno viene a costretto a rovinarsi il fegato mangiando 5 hamburger di fila o a farsi venire il diabete con una dieta zuccheri e junk food). Contemporaneamente, in questi 50 anni in cui la War On Drugs ha prodotto solo guadagni stratosferici per i narcos e carcerei piene di disgraziati, non sono mai finite neanche le mobilitazioni antiproibizioniste. Anzi, proprio in questi ultimi anni hanno segnato importanti risultati, sia negli USA (dove grazie ad una serie di referendum popolari la cannabis cosiddetta “terapeutica” è ormai legale in 24 stati, mentre in altri 5 è legale la marijuana tout court) che in Europa (basti pensare alla diffusione dei Cannabis Social Club in Spagna) che in America Latina. Giusto pochi giorni fa, il 7 luglio in Cile (dove è ancora in vigore la legge sulle droghe approvata negli anni ’70 dal dittatore Pinochet, che prevede sino a 15 anni di carcere per la coltivazione di cannabis) la Camera dei Deputati ha votato ad ampia maggioranza un disegno di legge che consentirebbe il possesso fino a 500 grammi di cannabis e la coltivazione di sei piante.\r\nAnche in Italia, il movimento antiproibizionista è sempre stato attivo a partire dall’opposizione contro la legge Craxi-Jervolino tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 fino all’incessante mobilitazione che ha portato la Corte Costituzionale nel febbraio dell’anno scorso a pochi giorni di distanza dalla grande manifestazione nazionale organizzata dalla Rete Fino Alla Fine Del Mondo Proibizionista. Non c’è da stupirsi che in questo clima mercoledì scorso sia stata presentato un disegno di legge per la legalizzazione della cannabis in Italia redatto dall’Intergruppo “Cannabis Legale” e firmato da 218 parlamentari tra Camera e Senato (SEL al gran completo, M5S in forze, un po’ di PD e un po’ di ex centrodestra ed ex centrosinistra). Il capo dell’intergruppo è Benedetto Della Vedova, una vecchia volpe della politica, fra le altre cose ex presidente dei Radicali (il partito degli sciacalli delle lotte per i diritti civili, da mezzo secolo ininterrottamente) e ex deputato di Futuro e Libertà, oggi sottosegretario agli Esteri del Governo Renzi. La proposta di legge prevede che i maggiorenni possano detenere una modica quantità per uso ricreativo: 15 grammi a casa, 5 grammi fuori casa, mentre rimarrebbe il divieto assoluto per i minorenni. Sarebbe consentita l’autocoltivazione a casa fino a 5 piante ma vietata la vendita del raccolto. Possibili però i cannabis social club: ai maggiorenni residenti in Italia sarà consentita la coltivazione in forma associata in gruppi fino a 50 membri. Consentita anche la vendita: previa autorizzazione, si potrà lavorare e coltivare la cannabis e venderla in negozi specializzati, forniti di licenza dei monopoli, mentre rimarrebbero vietate l’importazione e l’esportazione. E’ una legge che in gran parte ricalca la normativa sulla cannabis in vigore in Uruguay dalla fine dello scorso anno, con l’unica differenza che in Uruguay la marijuana (quando verrà attivata anche la vendita al dettaglio) verrà venduta in farmacia. Condita comunque di una iperburocratizzazione e di una ipocrisia tutte italiane. Per la coltivazione personale sarebbe necessario inviare una comunicazione all’Ufficio regionale dei Monopoli a cui bisognerebbe chiedere l’autorizzazione non solo per la produzione commerciale, ma anche per poter fare un cannabis sociale. E in questa caldissima estate in cui di notte le piazze, i parchi e le spiaggie s’illuminano delle braci dei joint e dei chilum, la proposta di Dalla Vedova etc prevede che non si potrà fumare in nessun luogo pubblico e in nessun luogo aperto al pubblico, costringendo quindi i fumatori a rimanere rinchiusi nelle loro case (una limitazione non prevista né dalla legge uruguayana né da quelle degli stati USA che vietano di fumare ganja solo nei luoghi dove è già vietato fumare tabacco). Dulcis in fundo, la legalizzazione della cannabis non comporta l’attenuazione delle norme e delle sanzioni previste dal Codice della strada per la guida in stato di alterazione psico-fisica (che prevedono tra l’altro, il ritiro della patente anche fino a 2 anni e addirittura il carcere e la confisca del mezzo). Secondo il testo proposto dall’intergruppo, bontà loro, “rimane aperta comunque la questione relativa alle tecniche di verifica che attestino un’alterazione effettivamente in atto, come per gli alcolici”. In effetti la questione che rimane aperta da più di 40 anni (da quando nello Stato di Washington vennero fatti i primi studi “dal vivo” con automobilisti fumati che però guidavano in modo prudente) è piuttosto se la cannabis abbia un effetto negativo sulla guida. Tanto per intenderci, in Colorado dove dopo che hanno legalizzato la cannabis i test li fanno solo agli automobilisti che hanno provocato incidenti o che hanno commesso gravi infrazioni e dove attualmente il limite è di 5 mcg per litro di sangue (quello che potrebbe avere un adulto di 70 kg che nelle ultime 24 ore avesse fumato 2 g di erba con THC al 20%), stanno abbassando di abolirli del tutto questi limiti o per lo meno di riconsiderarli, dopo che è uscito uno studio del NIDA che stabilisce che per produrre nei consumatori di cannabis problemi di guida accumunabili a quelli di chi ha 0,5g/l di alcol servivano concentrazioni di thc di almeno 13,1 mcg/l, cioè più del doppio del limite permesso agli automobilisti secondo le leggi del Colorado.\r\nInsomma, nella miglior tradizione di quel Teatro Dell’Assurdo che è la politica istituzionale italiana, una proposta di legge per la legalizzazione, ma piena di pruderie proibizioniste. Non c’è da stupirsi visto che tra i primi firmatari ci sono molti del M5s a cominciare dai quattro membri del direttorio, Alessandro Di Battista, Carla Ruocco, Roberto Fico, Luigi Di Maio che solo pochi giorni prima avevano lanciato un comunicato stampo sul fatto che molti profughi che arrivano in Italia in realtà non sarebbero altro che “spacciatori professionisti di droga”, riprendendo un appello del Coisp (il sindacato di polizia di ultradestra noto alle cronache per aver organizzato un presidio contro la madre di Federico Aldrovandi e, più di recente, per la proposta di rimuovere da Piazza Alimonda a Genova la targa che ricorda Carlo Giuliani). \r\nCerto, una pur minimissima forma di depenalizzazione della cannabis sarebbe un grande passo in avanti anche perché, come assicura la saggezza contadini appena si aprono i cancelli, i buoi scappano. La proposta di Della Vedova etc è però solo uno specchietto per le allodole per acchiappare i voti degli ingenui, ma con pochissime possibilità di concretizzarsi in qualche modo. Il Governo Renzi a causa della sua alleanza di ferro con l’NCD non riesce neanche ad approvare una prudentissima legge sulle unioni civili, figuriamoci legalizzare la cannabis (e infatti il ministro della Giustizia pd Orlando ha subito che lui se ne lava le mani dicendo che e’ competenza degli organismi internazionali e transnazionali). E, tanto per rimanere nel mondo della realtà, solo poche settimane fa’ l’Associazione Antigone e la Società della Ragione hanno denunciato che in carcere ci sono ancora migliaia di detenuti per la legge Fini-Giovanardi dichiarata poi incostituzionale.\"","31 Luglio 2015","2018-10-17 22:09:25","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/07/cannabis-200x110.jpg","Cannabis legale? 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Nelle ultime settimane, complice la presentazione di un progetto di legge su una modestissima legalizzazione dell'uso della cannabis, il dibattito si è riaperto.\r\nNe abbiamo parlato con Robertino del collettivo antioproibizionista di Pisa, tra i promotori della street parade \"Canapisa\".\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\ncannabis robertino\r\n\r\nLeggi l'articolo di Robertino uscito sull'ultimo numero di Umanità Nova:\r\n\"Sin dal loro apparire, tra la fine dell’Ottocento e gli anni ’30 del secolo del secolo scorso, le leggi antidroga hanno suscitato critiche sia per la loro evidente irrazionalità che per la pretesa di imporre un codice di comportamento in una delle sfere più intime delle persone, cioè cosa mettere e non mettere dentro il proprio corpo. Queste critiche per un lungo periodo sono rimaste confinate nell’ambito ristretto delle riviste accademiche di \u003Cmark>diritto\u003C/mark> e di medicina o tra le pagine della stampa libertaria (il nostro Umanità Nova già nel 1921 pubblicava un durissimo articolo di Errico Malatesta contro la messa fuorilegge della cocaina in Francia), ma sono diventate sempre più diffuse a partire dagli anni ‘50 con la diffusione della cannabis tra i giovani europei e nordamericani da una parte e con la conseguente repressione poliziesca dall’altra. Molti fanno risalire la data di nascita “ufficiale” delle mobilitazioni antiproibizioniste al 25 luglio 1967 quando il Times di Londra ospitò in un’intera pagina a pagamento un appello per la legalizzazione della marijuana firmato dal filosofo Alaistair McIntyre, dallo psichiatra Ronald Laing, dal sociologo Tariq Ali, da tutti e quattro i membri dei Beatles (secondo alcuni sarebbero stati proprio i componenti della boy band più famosa di tutti i tempi a pagare il costoso annuncio), dal loro manager Brian Epstein e da altri personaggi della scena musicale e culturale britannica. Il giorno dopo anche Bertrand Russell esprimeva la propria adesione all’appello. L’evento che aveva scatenato la mobilitazione era stata, solo poche settimane prima, l’incarcerazione di Mick Jagger e Keith Richards dei Rolling Stones, in prigione dal 29 giugno per detenzione e uso di marijuana. La notizia aveva fatto rapidamente il giro di Londra e il clamore suscitato dalla carcerazione dei due artisti diventò l’occasione per attaccare il sistema giudiziario \u003Cmark>britannico\u003C/mark> e le leggi proibizioniste in particolare. La mobilitazione per i due Stones raggiunse il culmine il 31 luglio all’udienza conclusiva dell’appello, a cui partecipano centinaia di persone che invadono l’aula, i corridoi e il cortile del tribunale che accolsero con un tripudio generale la lettura della sentenza con cui il giudice revocava la condanna al carcere e ordinava l’immediata liberazione dei due musicisti. Pochi giorno dopo il quotidiano The Guardian dichiarava “già morta” la convenzione internazionale contro “la droga” entrata in vigore sotto l’egida dell’Onu e grazie alle pressioni del governo USA solo pochi anni prima.\r\nQuasi mezzo secolo dopo, la War On Drugs infuria più che mai e si fa sempre più feroce, tanto che, come ha denunciato da tempo Amnesty International, non fa che allungarsi la lista dei Paesi che applicano la pena di morte per traffico di droga e ogni anno centinaia di persone vengono giustiziate in Cina, Arabia Saudita, Indonesia, Iran etc per quello che i giuristi definiscono “un reato senza vittime”, nel senso che chi assume sostanze illecite ne ricava un danno, ma lo fa comunque in genere volontariamente e senza essere costretto (esattamente come nessuno viene a costretto a rovinarsi il fegato mangiando 5 hamburger di fila o a farsi venire il diabete con una dieta zuccheri e junk food). Contemporaneamente, in questi 50 anni in cui la War On Drugs ha prodotto solo guadagni stratosferici per i narcos e carcerei piene di disgraziati, non sono mai finite neanche le mobilitazioni antiproibizioniste. Anzi, proprio in questi ultimi anni hanno segnato importanti risultati, sia negli USA (dove grazie ad una serie di referendum popolari la cannabis cosiddetta “terapeutica” è ormai legale in 24 stati, mentre in altri 5 è legale la marijuana tout court) che in Europa (basti pensare alla diffusione dei Cannabis Social Club in Spagna) che in America Latina. Giusto pochi giorni fa, il 7 luglio in Cile (dove è ancora in vigore la legge sulle droghe approvata negli anni ’70 dal dittatore Pinochet, che prevede sino a 15 anni di carcere per la coltivazione di cannabis) la Camera dei Deputati ha votato ad ampia maggioranza un disegno di legge che consentirebbe il possesso fino a 500 grammi di cannabis e la coltivazione di sei piante.\r\nAnche in Italia, il movimento antiproibizionista è sempre stato attivo a partire dall’opposizione contro la legge Craxi-Jervolino tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 fino all’incessante mobilitazione che ha portato la Corte Costituzionale nel febbraio dell’anno scorso a pochi giorni di distanza dalla grande manifestazione nazionale organizzata dalla Rete Fino Alla Fine Del Mondo Proibizionista. Non c’è da stupirsi che in questo clima mercoledì scorso sia stata presentato un disegno di legge per la legalizzazione della cannabis in Italia redatto dall’Intergruppo “Cannabis Legale” e firmato da 218 parlamentari tra Camera e Senato (SEL al gran completo, M5S in forze, un po’ di PD e un po’ di ex centrodestra ed ex centrosinistra). Il capo dell’intergruppo è Benedetto Della Vedova, una vecchia volpe della politica, fra le altre cose ex presidente dei Radicali (il partito degli sciacalli delle lotte per i diritti civili, da mezzo secolo ininterrottamente) e ex deputato di Futuro e Libertà, oggi sottosegretario agli Esteri del Governo Renzi. La proposta di legge prevede che i maggiorenni possano detenere una modica quantità per uso ricreativo: 15 grammi a casa, 5 grammi fuori casa, mentre rimarrebbe il divieto assoluto per i minorenni. Sarebbe consentita l’autocoltivazione a casa fino a 5 piante ma vietata la vendita del raccolto. Possibili però i cannabis social club: ai maggiorenni residenti in Italia sarà consentita la coltivazione in forma associata in gruppi fino a 50 membri. Consentita anche la vendita: previa autorizzazione, si potrà lavorare e coltivare la cannabis e venderla in negozi specializzati, forniti di licenza dei monopoli, mentre rimarrebbero vietate l’importazione e l’esportazione. E’ una legge che in gran parte ricalca la normativa sulla cannabis in vigore in Uruguay dalla fine dello scorso anno, con l’unica differenza che in Uruguay la marijuana (quando verrà attivata anche la vendita al dettaglio) verrà venduta in farmacia. Condita comunque di una iperburocratizzazione e di una ipocrisia tutte italiane. Per la coltivazione personale sarebbe necessario inviare una comunicazione all’Ufficio regionale dei Monopoli a cui bisognerebbe chiedere l’autorizzazione non solo per la produzione commerciale, ma anche per poter fare un cannabis sociale. E in questa caldissima estate in cui di notte le piazze, i parchi e le spiaggie s’illuminano delle braci dei joint e dei chilum, la proposta di Dalla Vedova etc prevede che non si potrà fumare in nessun luogo pubblico e in nessun luogo aperto al pubblico, costringendo quindi i fumatori a rimanere rinchiusi nelle loro case (una limitazione non prevista né dalla legge uruguayana né da quelle degli stati USA che vietano di fumare ganja solo nei luoghi dove è già vietato fumare tabacco). Dulcis in fundo, la legalizzazione della cannabis non comporta l’attenuazione delle norme e delle sanzioni previste dal Codice della strada per la guida in stato di alterazione psico-fisica (che prevedono tra l’altro, il ritiro della patente anche fino a 2 anni e addirittura il carcere e la confisca del mezzo). Secondo il testo proposto dall’intergruppo, bontà loro, “rimane aperta comunque la questione relativa alle tecniche di verifica che attestino un’alterazione effettivamente in atto, come per gli alcolici”. In effetti la questione che rimane aperta da più di 40 anni (da quando nello Stato di Washington vennero fatti i primi studi “dal vivo” con automobilisti fumati che però guidavano in modo prudente) è piuttosto se la cannabis abbia un effetto negativo sulla guida. Tanto per intenderci, in Colorado dove dopo che hanno legalizzato la cannabis i test li fanno solo agli automobilisti che hanno provocato incidenti o che hanno commesso gravi infrazioni e dove attualmente il limite è di 5 mcg per litro di sangue (quello che potrebbe avere un adulto di 70 kg che nelle ultime 24 ore avesse fumato 2 g di erba con THC al 20%), stanno abbassando di abolirli del tutto questi limiti o per lo meno di riconsiderarli, dopo che è uscito uno studio del NIDA che stabilisce che per produrre nei consumatori di cannabis problemi di guida accumunabili a quelli di chi ha 0,5g/l di alcol servivano concentrazioni di thc di almeno 13,1 mcg/l, cioè più del doppio del limite permesso agli automobilisti secondo le leggi del Colorado.\r\nInsomma, nella miglior tradizione di quel Teatro Dell’Assurdo che è la politica istituzionale italiana, una proposta di legge per la legalizzazione, ma piena di pruderie proibizioniste. Non c’è da stupirsi visto che tra i primi firmatari ci sono molti del M5s a cominciare dai quattro membri del direttorio, Alessandro Di Battista, Carla Ruocco, Roberto Fico, Luigi Di Maio che solo pochi giorni prima avevano lanciato un comunicato stampo sul fatto che molti profughi che arrivano in Italia in realtà non sarebbero altro che “spacciatori professionisti di droga”, riprendendo un appello del Coisp (il sindacato di polizia di ultradestra noto alle cronache per aver organizzato un presidio contro la madre di Federico Aldrovandi e, più di recente, per la proposta di rimuovere da Piazza Alimonda a Genova la targa che ricorda Carlo Giuliani). \r\nCerto, una pur minimissima forma di depenalizzazione della cannabis sarebbe un grande passo in avanti anche perché, come assicura la saggezza contadini appena si aprono i cancelli, i buoi scappano. La proposta di Della Vedova etc è però solo uno specchietto per le allodole per acchiappare i voti degli ingenui, ma con pochissime possibilità di concretizzarsi in qualche modo. Il Governo Renzi a causa della sua alleanza di ferro con l’NCD non riesce neanche ad approvare una prudentissima legge sulle unioni civili, figuriamoci legalizzare la cannabis (e infatti il ministro della Giustizia pd Orlando ha subito che lui se ne lava le mani dicendo che e’ competenza degli organismi internazionali e transnazionali). E, tanto per rimanere nel mondo della realtà, solo poche settimane fa’ l’Associazione Antigone e la Società della Ragione hanno denunciato che in carcere ci sono ancora migliaia di detenuti per la legge Fini-Giovanardi dichiarata poi incostituzionale.\"",[315],{"field":104,"matched_tokens":316,"snippet":312,"value":313},[84],{"best_field_score":146,"best_field_weight":147,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":46,"score":148,"tokens_matched":99,"typo_prefix_score":46},6637,{"collection_name":277,"first_q":25,"per_page":241,"q":25},["Reactive",321],{},["Set"],["ShallowReactive",324],{"$fbAxCaxovUWuusFtLxrIZ3vlAlwSSEnhLC_bckcH72gg":-1,"$fFda17ljkJzQZRuXzQfmQvDUH2PRW2GSJaKBY8ees0hg":-1},true,"/search?query=diritto+britannico"]