","Gentrification in Polonia. A 10 anni dall’assassinio di Jolanta Brzeska","post",1614704546,[62,63,64,65,66,67,68,69,70],"http://radioblackout.org/tag/cracovia/","http://radioblackout.org/tag/gentrification/","http://radioblackout.org/tag/jolanta-brzeska/","http://radioblackout.org/tag/lotta-per-la-casa/","http://radioblackout.org/tag/polonia/","http://radioblackout.org/tag/riprivatizzazione/","http://radioblackout.org/tag/sfratti/","http://radioblackout.org/tag/sirena/","http://radioblackout.org/tag/varsavia/",[72,73,74,75,15,76,77,78,79],"cracovia","gentrification","jolanta brzeska","lotta per la casa","riprivatizzazione","sfratti","sirena","varsavia",{"post_content":81,"tags":86},{"matched_tokens":82,"snippet":84,"value":85},[83],"Varsavia","a sud del centro di \u003Cmark>Varsavia\u003C/mark>, e non vi fa più","Il primo marzo del 2011 Jolanta, 64 anni, esce dalla casa dove vive, poco a sud del centro di \u003Cmark>Varsavia\u003C/mark>, e non vi fa più ritorno. Non ha con sé il suo telefono cellulare, rintracciarla è impossibile. Il 5 marzo, quattro giorni dopo, la figlia Magdalena denuncia la sua scomparsa alla polizia. Il 7 marzo, mentre passeggia nel boschetto suburbano di Kabaty, un passante si imbatte in un cadavere carbonizzato. L’autopsia rileva come cause del decesso le ustioni su tutto il corpo e l’avvelenamento da monossido di carbonio prodotto dalla combustione. Le analisi del Dna confermano che la donna arsa viva è Jolanta Brzeska.\r\nLe prime ipotesi degli inquirenti parlano di suicidio, ma né i familiari né gli amici e compagni di lotta ci credono, perché Jolanta Brzeska ha qualcosa che normalmente una mite pensionata di periferia non ha: dei nemici potenti.\r\n\r\nQuando viene trovato il suo cadavere, Brzeska è già da anni molto nota in città per la sua lotta per la casa.\r\nLa palazzina in cui viveva era una casa popolare fino al 2006, quando si presenta alla sua porta il rappresentante dei proprietari dello stabile di prima della guerra che lo hanno appena riacquistato dal comune. I nuovi-vecchi proprietari annullano i contratti di affitto vigenti con il comune e ne impongono di nuovi, a quote molto più alte, impossibili da sostenere per la famiglia di Brzeska e di tutti gli altri inquilini.\r\nInquilini che danno vita al primo nucleo del sindacato inquilini di \u003Cmark>Varsavia\u003C/mark> (Wsl) di cui Jolanta Brzeska diventa subito una rappresentante di spicco.\r\nDal 2007 in poi sugli abitanti della palazzina piovono notifiche di sfratto e intimidazioni. Porte sprangate, ronde private lungo la via, il plenipotenziario degli eredi che sposta la sua residenza a quell’indirizzo. Ma Jolanta Brzeska resiste, porta le sue istanze in tribunale, discute con il comune fino al primo marzo del 2011 quando, per bloccarla, la uccidono.\r\nChi si sia trattato di omicidio, è una verità anche giuridica dal 2013, dopo le perizie di una commissione di esperti che ha escluso in ogni modo le possibilità del suicidio. I mandanti e gli esecutori materiali dell’assassinio di Jolanta restano sconosciuti.\r\nNon hanno aspettato le sentenze anarchici e movimenti per la casa che ne hanno fatto un loro simbolo di lotta. La donna, da inquilina qualsiasi di un edificio da riqualificare, era diventata il simbolo di una lotta agli interessi di un’affollata terra di nessuno che covava da anni ed è esplosa di recente, quella creata dalla (non) legge sulla reprywatyzacja.\r\n\r\nPochi giorni dopo la sua morte, la palazzina di via Wilcza 30, dove pochi inquilini assediati stavano resistendo, è stata occupata da attivisti per la casa.\r\nLo squat, pur avendo più volte cambiato pelle, è ancora un luogo di autogestione e lotta. Oggi è il centro occupato Syrena.\r\n\r\nNel decimo anniversario della morte i compagni e le compagne della Federazione Anarchica di Cracovia hanno appeso uno striscione in memoria di Jolanta Brzeska in via Dietla 21, una palazzina simbolo della lotta di oggi contro la gentrification.\r\nScrivono i compagni:\r\n“In questo palazzo è in corso la ristrutturazione completa dello stabile, un palazzo che ha “finalmente” trovato il suo proprietario in una ditta edile che lo vuole far bello. Peccato che dentro questo condominio ci vivano ancora quattro famiglie tra le quali una donna sola, molto anziana. Tutti questi inquilini dovranno lasciare lo stabile entro tre anni, ma i lavori non aspettano: così questo spazio abitativo è adesso un cantiere dove muratori e locatari condividono lo stesso ambiente.\r\nLa tensione fa in fretta a salire: i muratori oltre a eseguire lavori parecchio rumorosi svolgono attività molto pericolose: il cortile diventa presto un deposito calcinacci, spesso lanciati direttamente dal tetto. Per non parlare della splendida idea di iniziare i lavori di costruzione di un’ascensore interno, lavori che prevedono l’eliminazione di tutti i balconi, balconi che in realtà sono ballatoi comuni che servono ai condonimi per accedere alla propria casa.\r\nLa tensione fa presto a salire e l’opera di monitoraggio della federazione anarchica di Cracovia e dell’associazione Krakowska Inicjatywa Obrony Praw Lokatorów (Associazione per la difesa dei diritti dei locatari) rileva l’insonstenibilità di questa situazione: a novembre si viene quasi alle mani tra un inquilino e un muratore, allora si decide di intervenire. Una lotta dove tutti hanno ragione e tutti perdono: gli inquilini che vivono una situazione non solo scomoda, ma altamente pericolosa e i muratori che non possono svolgere il proprio lavoro in tempo e che quindi devono rapportarsi agli squali delle imprese edili che li hanno assunti.\r\nDopo l’intervento dei compagni e dell’associazione, la situazione della messa in sicurezza è relativamente migliorata (per quanto possa essere sicuro creare un cantiere con delle persone dentro!) e i lavori per lo smantellamento dei ballatoi sono per il momento fermi. Staremo a vedere.\r\nPer questo si è scelta questa location per lo striscione in ricordo di Jolanta Brzeska, assassinata, affinché gli affitti possano aumentare.”\r\n\r\nLa gentrification in salsa polacca ha caratteristiche peculiari di un paese, in cui la la parola chiave è “reprywatyzacja” ossia riprivatizzazione.\r\nPer capirne di più occorre partire da lontano.\r\nNel 1945 \u003Cmark>Varsavia\u003C/mark> è un cumulo di macerie. L’invasione nazista nel ’39, la liquidazione del ghetto nel ’43, l’insurrezione del ’44 e la successiva rivalsa nazista hanno portato la città a perdere più dell’ottanta per cento dei suoi edifici di prima della guerra.\r\nÈ in questo contesto che opera il Consiglio nazionale di Stato (Krajowa Rada Narodowa), l’autoproclamato parlamento che avrebbe aperto le porte alla costituzione della Polonia socialista. A suo capo c’è Bolesław Bierut, futuro presidente della Repubblica, primo ministro e segretario generale del Partito operaio polacco unificato (Pzpr). Nel novembre del ’45 Bierut firma un decreto che porta il suo nome e che cancella la proprietà privata sui terreni della capitale. È un esproprio a tutti gli effetti, parzialmente contestato, ma che porta i suoi frutti: con uno sforzo collettivo impressionante, \u003Cmark>Varsavia\u003C/mark> viene ricostruita.\r\nNel 1989 la fine del socialismo e il passaggio a un’economia di mercato portano con sé molte matasse da sbrogliare, una su tutte è la legittima proprietà dei terreni e degli edifici di \u003Cmark>Varsavia\u003C/mark>. Il tema resta sul tavolo del consiglio dei ministri e nelle aule parlamentari per anni, senza che però qualcuno se ne occupi davvero, fino al 1996, quando il Comune di \u003Cmark>Varsavia\u003C/mark> decide di procedere in autonomia iniziando ad accogliere le istanze di chi, già nel dopoguerra, aveva chiesto un risarcimento blandamente previsto dal decreto Bierut.\r\nScatta un procedimento amministrativo abnorme, che riguarda 24mila immobili in tutta la città e spesso coinvolge eredi dei vecchi proprietari stabiliti ormai da tempo fuori dalla Polonia.\r\nSi apre così lo spazio per un caravanserraglio di professionisti della restituzione, avvocati, notai o semplici cittadini che fiutano un buon affare e che fanno da mediatori per conto dei proprietari lontani o acquistano da loro il diritto alla rivendicazione per specularci sopra.\r\nUno di questi è Marek Mossakowski, di mestiere antiquario di libri e oggi proprietario formale di quattordici palazzi a \u003Cmark>Varsavia\u003C/mark> riscattati dal 1999 in poi nella cornice della reprywatyzacja. Uno di questi edifici, riscattato nel 2003, è la palazzina di via Nabielaka 9 dove vive la famiglia di Jolanta Brzeska.\r\nQueste le dimensioni dell’affare di via Nabielaka per Mossakowski: 800 złoty (circa 200 euro) spesi per ottenere il diritto alla restituzione, 3 milioni di złoty (circa 750mila euro) richiesti al comune di \u003Cmark>Varsavia\u003C/mark> come indennizzo per i guadagni mancati per lo sfruttamento precedente dell’edificio e le quote di affitto maggiorato pretese dagli inquilini. Mossakowski, negli ambienti della sinistra radicale è considerato l’unico possibile mandante dell’omicidio di Brzeska. Viene raffigurato su alcuni muri di \u003Cmark>Varsavia\u003C/mark> armato di un fiammifero e di una tanica di benzina: la scritta recita in polacco “\u003Cmark>Varsavia\u003C/mark> è facilmente infiammabile”, ma lui - nonostante le evidenze giuridiche - quando interpellato sulla questione continua a farvi riferimento come a un tragico suicidio.\r\nNel 2016 sulle pagine del quotidiano Gazeta Wyborcza inizia a uscire una serie di articoli firmati da Iwona Szpala e Małgorzata Zubik, poi raccolti in un libro di un certo successo, che svelano con quanta scarsa trasparenza, e a volte vera e propria commistione, il comune di \u003Cmark>Varsavia\u003C/mark> abbia condotto la reprywatyzacja. Intere palazzine acquistate per cifre simboliche, edifici rivendicati nonostante i proprietari avessero già ottenuto i fondi di indennizzo ma soprattutto rapporti di collaborazione tra alti funzionari dell’amministrazione cittadina e avvocati rappresentanti di eredi o presunti tali. Lo scandalo che ne esplode mina seriamente la credibilità dell’ex sindaco di \u003Cmark>Varsavia\u003C/mark> Hanna Gronkiewicz-Waltz e del suo partito Piattaforma Civica (Po), la cui linea economica neoliberista è per altro del tutto coerente con il senso profondo della reprywatyzacja.\r\n\r\nLa lotta per la casa non si arresta\r\n\r\nIl sindacato degli inquilini che Jolanta Brzeska aveva fondato oggi porta il suo nome, e il volto della donna compare su volantini, striscioni, manifesti e materiale informativo di ogni sorta prodotto dalla galassia per il movimento per la casa.\r\n\r\nA \u003Cmark>Varsavia\u003C/mark>, secondo dati riferiti al 2017, il costo medio di un appartamento superava gli 8000 złoty al metro quadro (circa 2000 euro) mentre quello per l’affitto va sui 50 złoty al metro quadro (circa 12 euro). In una città dove lo stipendio medio lordo nel settore privato (numeri dell’Istituto Centrale di Statistica Gus) si aggira sui 4800 złoty (1200 euro circa), dà la dimensione del problema abitativo.\r\nSecondo le stime del sindacato inquilini, manca alloggio per un milione di persone in tutta la Polonia, e nonostante il settore edilizio sia in continua crescita (+7% nel 2017) non si tratta di edilizia popolare, ma esclusivamente di iniziativa privata che ha interessi commerciali distanti da quelli abitativi pubblici. A \u003Cmark>Varsavia\u003C/mark> palazzi moderni e deserti, si ergono poco lontano da edifici fatiscenti, abbandonati a se stessi, spesso privi di riscaldamento e di servizi igienici privati, e sempre più spesso sospesi sotto la spada di Damocle della reprywatyzacja incombente.\r\nL’omicidio di Jolanta Brzeska non ha fermato le istanze di chi lotta in un contesto politico e sociale molto difficile, anzi le ha probabilmente infuocate. Sotto l’egida di questa signora con gli occhiali, così lontana dalle icone rivoluzionarie classiche, si riconoscono anarchici, autonomi, sindacalisti di base, sfrattati e sfruttati.\r\n\r\nCe ne ha parlato Marco, della Federazione Anarchica di Cracovia.\r\n\r\nAscolta l’approfondimento che abbiamo registrato ieri:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/03/jolanta.mp3\"][/audio]",[87,89,91,93,95,97,99,101,103],{"matched_tokens":88,"snippet":72},[],{"matched_tokens":90,"snippet":73},[],{"matched_tokens":92,"snippet":74},[],{"matched_tokens":94,"snippet":75},[],{"matched_tokens":96,"snippet":15},[],{"matched_tokens":98,"snippet":76},[],{"matched_tokens":100,"snippet":77},[],{"matched_tokens":102,"snippet":78},[],{"matched_tokens":104,"snippet":105},[79],"\u003Cmark>varsavia\u003C/mark>",[107,113],{"field":36,"indices":108,"matched_tokens":110,"snippets":112},[109],8,[111],[79],[105],{"field":114,"matched_tokens":115,"snippet":84,"value":85},"post_content",[83],578730123365712000,{"best_field_score":118,"best_field_weight":40,"fields_matched":17,"num_tokens_dropped":48,"score":119,"tokens_matched":24,"typo_prefix_score":48},"1108091339008","578730123365711978",{"document":121,"highlight":143,"highlights":148,"text_match":151,"text_match_info":152},{"cat_link":122,"category":123,"comment_count":48,"id":124,"is_sticky":48,"permalink":125,"post_author":126,"post_content":127,"post_date":128,"post_excerpt":54,"post_id":124,"post_modified":129,"post_thumbnail":130,"post_thumbnail_html":131,"post_title":132,"post_type":59,"sort_by_date":133,"tag_links":134,"tags":139},[45],[47],"99821","http://radioblackout.org/2025/09/droni-sconfinati-in-polonia-errore-o-provocazione/","info2","Lo sconfinamento di una dozzina o poco più di droni provenienti in gran parte dalla Bielorussia che hanno violato lo spazio aereo della Polonia ha provocato una serie di reazioni veementi da parte della NATO e il governo di Varsavia ha invocato l’articolo 4 del trattato di Washington, che permette ad ogni stato membro di chiedere una consultazione straordinaria con gli alleati in caso di minaccia alla propria integrità territoriale. Rimane difficile decrittare la natura di questo sconfinamento, in considerazione del tipo di droni utilizzati che sono di osservazione e registrazione dati, non armati, e che sono penetrati per circa 300 km in teritorio polacco. Non è la prima volta che, nel contesto dello scenario bellico russo ucraino, avvengono sconfinamenti di droni; uno addirittura arrivò in Croazia senza essere intercettato. Sicuramente questo episodio ha dimostrato come le tradizionali difese antiaeree tra missili e jet intercettori non siano più adeguate ad affrontare i droni, imprevedibili e di piccole dimensioni. La NATO ha reagito prontamente ma la sproporzione dei mezzi usati per abbattere tre dei 19 droni è risultata evidente; mentre rimane il dubbio sulla natura dello sconfinamento cioè se si trattasse di una deviazione dalla rotta fortuita dovuta alle contromisure elettroniche, ad un tentativo russo di testare la reazione dell'Alleanza atlantica o un'operazione \"false flag\" ucraina per provocare un'escalatation .\r\n\r\nNe parliamo con Francesco Dall'Aglio, esperto di Est Europa e di questioni strategico-militari e autore di War Room - Russia, Ucraina, NATO un canale telegram molto seguito su questi argomenti.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/INFO-150925-DALLAGLIO.mp3\"][/audio]","15 Settembre 2025","2025-09-15 17:53:07","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/DRONI-IN-POLONIA-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"275\" height=\"183\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/DRONI-IN-POLONIA.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" />","DRONI SCONFINATI IN POLONIA, ERRORE O PROVOCAZIONE?",1757956928,[135,136,137,138],"http://radioblackout.org/tag/guerra/","http://radioblackout.org/tag/russia/","http://radioblackout.org/tag/tecnologia-bellica/","http://radioblackout.org/tag/ucraina/",[140,141,142,22],"guerra","russia","tecnologia bellica",{"post_content":144},{"matched_tokens":145,"snippet":146,"value":147},[83],"NATO e il governo di \u003Cmark>Varsavia\u003C/mark> ha invocato l’articolo 4 del","Lo sconfinamento di una dozzina o poco più di droni provenienti in gran parte dalla Bielorussia che hanno violato lo spazio aereo della Polonia ha provocato una serie di reazioni veementi da parte della NATO e il governo di \u003Cmark>Varsavia\u003C/mark> ha invocato l’articolo 4 del trattato di Washington, che permette ad ogni stato membro di chiedere una consultazione straordinaria con gli alleati in caso di minaccia alla propria integrità territoriale. 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L'obiettivo dell'operazione rimane fumoso e probabilmente, qualunque fosse, non è stato raggiunto mentre le truppe russe sono avanzate velocemente nel Donbass minacciando l'importante nodo strategico di Pokrovsk. La situazione militare ha avuto un riflesso sugli equilibri di potere a Kiev visto che Zelensky ha dimissionato mezzo governo ed anche il ministro degli esteri Kuleba. L'insistente richiesta ucraina di utilizzare missili a largo raggio rischia di far precipitare ulteriormente la situazione, gli Stati Uniti sono vicini a un accordo per fornire all’Ucraina missili a lungo raggio per gli F-16 che potrebbero raggiungere in profondità la Russia. L’anticipazione è dell’agenzia Reuters, che ha avuto conferma da tre fonti nell’amministrazione Biden. I sistemi d’arma forniti dovrebbero essere gli AGM -158 JASSM razzi aria-terra da crociera a bassa osservabilità in dotazione all’aviazione statunitense. Intanto il ministro degli Esteri polacco, Sikorski in un’intervista al Financial Times, ha detto che la Polonia e gli altri Paesi confinanti con l’Ucraina hanno il “dovere” di abbattere i missili russi prima che entrino nel loro spazio aereo, nonostante la Nato sia contraria, sostenendo che Varsavia ha l’obbligo di garantire la sicurezza dei propri cittadini a prescindere dal timore che le intercettazioni sul territorio ucraino possano coinvolgere la Nato nella guerra russa contro l’Ucraina. Il motivo è il noto articolo 5 del Trattato, che impone, in caso di risposta russa contro un Paese membro, l’intervento di tutti gli Alleati e quindi una guerra frontale con Mosca.\r\n\r\nDi questo e di altri aspetti relativi alla guerra in corso in Ucraina ne parliamo con Francesco Dall'Aglio esperto di est Europa e di questioni strategico-militari.\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/09/DALLAGLIO-INFO-04092024.mp3\"][/audio]","4 Settembre 2024","GUERRA IN UCRAINA ,LA NATO SEMPRE PIU' COINVOLTA.","2024-09-10 00:54:51","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/09/UCRAINA-GUERRA-INFO-04092024-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"200\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/09/UCRAINA-GUERRA-INFO-04092024-300x200.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/09/UCRAINA-GUERRA-INFO-04092024-300x200.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/09/UCRAINA-GUERRA-INFO-04092024-1024x683.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/09/UCRAINA-GUERRA-INFO-04092024-768x512.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/09/UCRAINA-GUERRA-INFO-04092024-1536x1024.jpg 1536w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/09/UCRAINA-GUERRA-INFO-04092024-2048x1366.jpg 2048w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","CONTINUA L'AVANZATA RUSSA IN DONBASS",1725492427,[171,172,173],"http://radioblackout.org/tag/donbass/","http://radioblackout.org/tag/guerra-in-ucraina/","http://radioblackout.org/tag/nato/",[175,176,177],"donbass","guerra in ucraina","nato",{"post_content":179},{"matched_tokens":180,"snippet":181,"value":182},[83],"Nato sia contraria, sostenendo che \u003Cmark>Varsavia\u003C/mark> ha l’obbligo di garantire la","Lo sconfinamento delle truppe ucraine nell'oblast di Kursk, nel territorio russo, iniziata lo scorso 6 agosto ha perso lo slancio iniziale, nonostante i garruli gridolini di entusiasmo profusi dalla stampa filo atlantica che era arrivata a fare improbabili paragoni con la battaglia di Kursk del luglio 1943. 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Uno di loro, Giuseppe Pinelli, non ne uscirà vivo, perché scaraventato dalla finestra dall’ufficio del commissario Luigi Calabresi.\r\nLe versioni ufficiali parlarono di suicidio: anni dopo un magistrato di sinistra, D’Ambrosio, emesse una sentenza salomonica: “malore attivo”. Né omicidio, né suicidio.\r\nPietro Valpreda venne accusato di essere l’autore della strage. Trascorrerà, con altri compagn* tre anni in carcere in attesa di giudizio, finché non venne modificata la legge che fissava i limiti della carcerazione preventiva. Quella legge, emanata su pressione dei movimenti sociali, venne a lungo chiamata “legge Valpreda”.\r\nDopo 54anni dalla strage, sebbene ormai si sappia tutto, sia sui fascisti che la eseguirono, gli ordinovisti veneti, sia sui mandanti politici, tutti interni al sistema di potere democristiano di stretta osservanza statunitense, non ci sono state verità giudiziarie.\r\nNel 1969 a capo della Questura milanese era Guida, già direttore del confino di Ventotene, un funzionario fascista, passato indenne all’Italia repubblicana. Dietro le quinte, ma presenti negli uffici di via Fatebenefratelli c’erano i capi dei servizi segreti Russomando e D’Amato.\r\nIl Sessantanove fu l’anno dell’autunno caldo e della contestazione studentesca, movimenti radicali e radicati si battevano contro il sistema economico e sociale.\r\nLa strage, che immediatamente, gli anarchici definirono “strage di Stato” rappresentò il tentativo di criminalizzare le lotte, e scatenare la repressione.\r\nIn breve i movimenti sociali reagirono alle fandonie della polizia, smontando dal basso la montatura poliziesca che era stata costruita sugli anarchici.\r\nCosa resta nella memoria dei movimenti di quella strage, che per molti compagni e compagne dell’epoca rappresentò una rottura definitiva di ogni illusione democratica?\r\nNe abbiamo parlato con Massimo Varengo, testimone e protagonista di quella stagione cruciale\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/12/2023-12-12-varengo-piazza-fontana.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nDi seguito un articolo di Varengo uscito su Umanità Nova:\r\n\r\n“Non si capiscono le bombe del 12 dicembre del 1969, se non si analizza il contesto. Al di là delle parole contano i fatti; e vediamoli questi fatti, sia pure succintamente.\r\nGli anni dell'immediato dopoguerra sono caratterizzati da grandi processi di ricostruzione, in primis nei paesi devastati dalla durezza e dalla crudeltà del conflitto, sostenuti dagli effetti dello sviluppo della scienza e della tecnologia, accelerate a loro volta dai risultati della ricerca nel periodo bellico per armi sempre più letali. Tali processi hanno comportato, insieme ad un impetuoso sviluppo delle risorse umane, un aumento della ricchezza complessiva, ovviamente ripartita in modo assolutamente diseguale, con la conseguenza che il divario tra i vari paesi e, in essi, tra le classi sociali è cresciuto a dismisura.\r\nA fronte delle grandi possibilità di trasformazione sociale che il nuovo clima pare prefigurare, sempre più è evidente che la gran parte della popolazione lavoratrice, il proletariato, rimane oggetto e non soggetto della propria storia, alimentando la contraddizione tra sviluppo delle forze produttive e sociali da una parte e l'insieme dei rapporti di proprietà, di controllo e di dominio dall'altra.\r\nIn questo quadro si può capire come sia stato possibile che praticamente in ogni parte del mondo – dagli Stati Uniti al Sud America, dalla Francia all'Italia, dalla Cina al Giappone, dall'Europa del patto di Varsavia alla Germania, dal Messico all'Inghilterra – in un mondo tra l'altro le cui comunicazioni passavano per stampa e televisione, controllate dai governi, sia esplosa quasi contemporaneamente quella che fu definita “contestazione globale”.\r\nUna contestazione alimentata dalla convergenza di differenti culture, dal pacifismo dei figli dei fiori al terzomondismo solidale con le lotte di liberazione nazionale, dal marxismo all'anarchismo, dal cattolicesimo all'ateismo, capace di esprimere caratteristiche comuni, nonostante le profonde differenze esistenti: geografiche, economiche, culturali, sociali, politiche.\r\nUna contestazione che ha abbracciato le varie forme di espressione umana: artistica, musicale, scientifica, tecnica, letteraria, e che ha visto come protagonista principale la generazione del cosiddetto baby boom, dei nati dopo la guerra e che di quella guerra avevano comunque vissuto i cascami.\r\nIl rifiuto della guerra fu un elemento scatenante di tale contestazione; a partire dai campus universitari statunitensi che con manifestazioni, occupazioni e scontri denunciavano il sempre più crescente impegno USA nello sporco conflitto del Vietnam, le proteste si espansero in tutto il mondo. Ma il rifiuto della guerra era anche rifiuto di un mondo diviso in blocchi, ove una cortina di ferro condizionava la vita e i movimenti di una generazione affamata di conoscenza. Era rifiuto della sofferenza inflitta dai dominatori ai popoli colonizzati, rifiuto del razzismo, rifiuto del vecchio mondo fatto di discriminazioni e autoritarismi. Era soprattutto rifiuto di uno sfruttamento e di un'oppressione di classe che, sull'altare del profitto, condannava milioni di esseri umani alla catena, a condizioni di vita infami, ad una nocività crescente. E per la metà del genere umano era rifiuto di un mondo costruito sul patriarcato, che relegava la donna nel solo ruolo di riproduttrice, custode di un focolare domestico sempre più precario e conflittuale.\r\nPer questo non si può dire che sia esistito un solo '68. Sono esistiti una pluralità di '68 intrecciati tra loro, con durata ed intensità diversa, radicalità e prospettive diverse, ma uniti da una critica puntuale dell'autorità.\r\nLe risposte dei governi non si fecero attendere, con caratteristiche diverse secondo i contesti, ma rispettando sempre le rispettive aree di influenza dei blocchi contrapposti. Così in Bolivia nel '67 viene assassinato Che Guevara, il cui tentativo insurrezionale viene vanificato dall'ostilità di Mosca e dei suoi epigoni in zona.\r\nNegli USA la dura repressione dei movimenti studenteschi si accompagna a quella del movimento afro-americano in lotta contro una società razzista e segregazionista. Malcom X e Martin Luther King vengono assassinati, come viene assassinato Robert Kennedy fautore di moderate riforme sociali invise agli oligopoli. A Città del Messico nell'ottobre del '68 l'esercito con blindati circonda la Piazza delle Tre culture sparando ad alzo zero per distruggere il movimento studentesco che da tempo sta manifestando contro il governo e le spese faraoniche per organizzare i Giochi olimpici: sono più di 300 i morti portati via con i camion della spazzatura.\r\nIn Cina la “rivoluzione culturale” raggiunge il suo apice, per trasformarsi in poco tempo in uno strumento al servizio della ristrutturazione del potere funzionale al disegno politico di Mao Zedong.\r\nIn Francia alle occupazioni studentesche e ai giganteschi scioperi generali succedutisi per tutto il maggio '68, risponde il generale De Gaulle che recatosi a Baden-baden, base francese in territorio tedesco, minaccia l'intervento militare.\r\nA Praga, nell'agosto, ci vogliono i carri armati sovietici e delle truppe del patto di Varsavia per arrestare il processo riformatore in corso: la burocrazia al Cremlino teme il contagio negli altri paesi di sua competenza, come la Polonia, attraversata da forti mobilitazioni studentesche. In Germania dell'ovest, l'esponente più significativo Rudi Dutschke, viene gravemente ferito da colpi di pistola l'11 aprile.\r\nMa questi sono solo alcuni esempi; come disse la filosofa Hannah Arendt “Nei piccoli paesi, la repressione è dosata e selettiva”. È il caso della Yugoslavia con le proteste studentesche fatte sbollire, per poi colpirne gli esponenti. L'importante è che non vengano messi in discussione i trattati che alla fine della guerra avevano definito le aree di influenza e di potere.\r\nE in Italia? Collocata a ridosso della cortina di ferro, l'Italia è considerata un paese di frontiera per gli USA, un avamposto nella lotta al “comunismo”, aeroporto naturale nel Mediterraneo, proiettato verso le risorse petrolifere del Medio oriente. Un paese che ha però l'enorme difetto di avere il Partito Comunista più grande dell'Occidente, al quale è precluso dal dopoguerra l'ingresso nell'area di governo. Per cautelarsi il governo USA mette in opera i suoi servizi segreti, costruisce reti clandestine armate pronte ad intervenire in caso di bisogno, condiziona le politiche, controlla i sistemi di difesa, stringe alleanze con gruppi nazifascisti. Già in Grecia – altro paese di frontiera - l'anno prima hanno foraggiato il colpo di Stato dei colonnelli a fronte di una possibile vittoria elettorale della sinistra, mentre continuano a sostenere la dittatura di Franco in Spagna e quella di Salazar in Portogallo.\r\nL'Italia ha vissuto nei decenni precedenti una profonda trasformazione sociale ed economica e una grande emigrazione interna dalle campagne venete e del meridione, richiamata al nord-ovest da una industrializzazione crescente. L'accresciuto livello di reddito ha consentito una scolarizzazione significativa e l'ingresso nelle università di ceti finora esclusi (nel '68 sono 500mila gli iscritti, il doppio rispetto a 15 anni prima). Ma le strutture dello Stato sono sempre le stesse: su 369 prefetti e viceprefetti, agli inizi degli anni '60, solo 2 non hanno fatto parte della burocrazia fascista; su 274 questori e vicequestori solo 5 vicequestori hanno avuto rapporti con la resistenza; su 1642 commissari e vicecommissari solo 34 provengono dalle file dell'antifascismo. Inoltre la polizia politica rimane nelle mani di ex-agenti dell'OVRA, la famigerata istituzione al servizio di Mussolini. Per non parlare della magistratura e della burocrazia ministeriale.\r\nLe strutture rimangono autoritarie, nella scuola e nell'università sono incapaci di accogliere la massa di studenti e studentesse che vi si affacciano provocando frustrazione e malcontento.\r\nNelle grandi città del nord la politica abitativa è assolutamente deficitaria, spingendo la popolazione immigrata a soluzioni provvisorie e degradanti. In fabbrica l'organizzazione del lavoro si basa sui reparti confino per i “sovversivi” e l'arbitrio dei capi reparto. Nelle campagne, permane la logica del padronato latifondista. I partiti di sinistra, tutti concentrati sul confronto elettorale, e i sindacati, abituati a logiche rivendicative di basso profilo, sono incapaci di comprendere quanto sta succedendo: lo sviluppo di un movimento che porta a maturazione la conflittualità latente. Sul fronte delle università e delle scuole superiori partono occupazioni e proteste, nelle campagne si intensificano le lotte del bracciantato agricolo, nelle fabbriche, in un contesto di rinnovo di moltissimi contratti di lavoro giunti a scadenza, iniziano i primi scioperi autonomi che impongono al padronato la trattativa diretta accantonando le burocrazie sindacali e le vecchie commissioni interne, in un quadro di conflittualità tra i vari segmenti padronali che si riverbera su uno scenario politico sempre più instabile, caratterizzato da frequenti cambi di governo.\r\nSe nell'università viene attaccata e messa in crisi la cultura autoritaria e di classe, nelle fabbriche si sviluppa un protagonismo operaio che nella riscoperta dei Consigli di Fabbrica, nelle assemblee all'interno delle aziende, nella costituzione dei Comitati unitari di base, mette in discussione l'organizzazione del lavoro, sanzionando i capi reparto e le dirigenze, e aprendo la discussione sul salario come variabile “indipendente” dalla produttività. Le conquiste sono notevoli: riduzione d'orario, forti aumenti salariali, abolizione delle zone salariali nord-sud, parificazione normativa tra operai e impiegati, scala mobile per i pensionati e altre ancora. E la lotta non si ferma, si profila il vecchio obiettivo anarcosindacalista imperniato sul controllo della produzione in vista dell'esproprio proletario.\r\nIntanto la gioventù esce dalle università, dopo aver ottenuto importanti modifiche sui piani di studio, la libertà di assemblea anche per le scuole medie superiori, l'abolizione dello sbarramento che impedisce ai diplomati degli istituti di accedere alla formazione universitaria. Esce per unirsi al mondo del lavoro salariato in un movimento di contestazione dell'autorità e del capitalismo, mettendo a nudo quella che è la sostanza del potere e delle sue istituzioni e rendendo evidente come lo sfruttamento e l'oppressione siano le sole espressioni dei governi di qualunque colore. Il conflitto si indurisce tra scontri di piazza, scioperi, picchetti, manifestazioni. Cresce il pericolo che il paese vada a sinistra, che il PCI – anche se lontano da propositi rivoluzionari - tramite una vittoria elettorale possa andare al governo.\r\nLe risposte non si fanno attendere. L'apparato politico di sinistra con lo Statuto dei lavoratori cerca di ridare forza al ruolo di intermediazione sindacale, salvando le burocrazie, recuperando e affossando l'azione diretta operaia. Il fronte padronale si ricompatta, ridando fiato alla destra più estrema. Il governo sceglie la strada della repressione aperta: ben 13.903 sono le denunce per fatti connessi con l'autunno caldo del '69. In testa alla graduatoria, lavoratori agricoli, metalmeccanici, ospedalieri. Ma non basta. Ci vuole qualcosa di più forte che consenta la ripresa dello sfruttamento intensivo e quindi del profitto. I servizi segreti, italiani e americani, in combutta con i nazifascisti si mettono all'opera.\r\nScoppiano le prime bombe, prima dimostrative, praticamente inoffensive, poi, via via, più “cattive” che provocano feriti alla Fiera di Milano il 25 aprile e in agosto sui treni. Alla fine dell'anno si conteranno in tutto 145 esplosioni, prevalentemente di marca fascista, ma non mancano quelle di sinistra, comprese alcune anarchiche nei confronti di sedi di rappresentanza della dittatura franchista per solidarietà con le vittime del regime o della Dow Chemical, produttrice del napalm con il quale venivano letteralmente arrostiti i vietnamiti.\r\nEd è proprio sugli anarchici che si appunta l'attenzione degli organismi repressivi, primo su tutti l'Ufficio affari riservati, diretta emanazione del Ministro degli Interni.\r\nConvinti che il ricordo della strage del Teatro Diana nel 1921 e la continua martellante propaganda durante il ventennio fascista sul pericolo del “terrorismo” anarchico abbia definitivamente marchiato a fuoco l'immagine del movimento anarchico pensano di potersi permettere qualsiasi operazione, qualsiasi violenza. Per le bombe del 25 aprile e dell'agosto sui treni incolpano un gruppo variegato di compagni, mettendo insieme anarchici e due iscritti del PCI, L'obiettivo è ambizioso: arrivare tramite loro all'editore Giangiacomo Feltrinelli, aperto sostenitore della pratica castrista del “fuoco guerrigliero”. Non riuscendoci concentreranno le loro attenzioni sugli anarchici, costruendo teoremi falsi, inventandosi testimoni inattendibili, usando le procedure a loro piacimento. Intanto l'idea che siano esclusivamente gli anarchici a mettere le bombe si fa strada nei media e quindi nella pubblica opinione. Una spinta agli avvenimenti la da la morte di un agente di polizia di 22 anni, Annarumma originario dell'Irpinia, una delle zone più povere del paese, avvenuta nel corso di scontri a Milano il 19 novembre, vittima di un trauma cranico provocato da un tubo di ferro.\r\nIn quel frangente, la polizia caricò come faceva allora con camionette e gipponi un corteo studentesco che si stava dirigendo verso la Statale e che aveva intercettato i lavoratori in sciopero generale che stavano uscendo dal teatro Lirico, luogo di una manifestazione. Studenti e lavoratori si difesero dalle cariche delle camionette che salivano sui marciapiedi, con ogni mezzo a disposizione, ma a distanza di anni non si sa ancora se, a provocarne la morte, sia stato un manifestante o lo scontro di due mezzi della polizia (come parrebbe confermare un video). Fatto sta che questo fatto ebbe una risonanza enorme; nella serata ci fu la rivolta dei poliziotti in due caserme di Milano, per protestare contro le condizioni nelle quali erano tenuti, i turni massacranti, i bassi salari e il fatto di essere carne a macello per “lor signori”. La rivolta fu sedata dai carabinieri; successivamente intervenne la repressione con punizioni, spostamenti, congedi forzati. Il presidente della Repubblica, il socialdemocratico filoamericano Saragat, pronuncia parole di fuoco contro i manifestanti gettando benzina sul clima già arroventato. A Saragat risponderà un operaio che alla manifestazione nazionale dei metalmeccanici del 29 novembre innalzerà un cartello con su scritto “Saragat: Operai 171, Poliziotti 1” per ricordare tutte le vittime proletarie della violenza poliziesca.\r\nDue giorni dopo ai funerali dell'agente si presentano in massa i fascisti, che danno vita alla caccia ai rossi, a chiunque avesse un aspetto di sinistra. Tra gli altri chi ne fece le spese fu anche Mario Capanna, leader del Movimento Studentesco della Statale che venne aggredito, rischiando il linciaggio al quale fu sottratto da agenti della squadra politica. In questo clima il ministro del lavoro Donat-Cattin. della sinistra democristiana, convoca immediatamente i segretari dei sindacati metalmeccanici FIM,FIOM, UILM dicendo loro, per sollecitarli alla chiusura del contratto: “Siamo alla vigilia dell'ora X. Il golpe è alle porte. Bisogna mettere un coperchio sulla pentola che bolle”.\r\nSiamo alla vigilia di Piazza Fontana. Il copione è già scritto. La lista dei colpevoli è già pronta.\r\nCon tutta l'arroganza del potere pensano di manovrare a piacimento gli avvenimenti. Aspettano la risposta della piazza per scatenare disordini, tali da sollecitare misure straordinarie del governo e l'intervento dell'esercito.\r\nMussolini, nell'affiancare Hitler nell'aggressione alla Francia pensava che bastasse un pugno di morti per sedere da vincitore al tavolo delle trattative post-belliche; gli uomini del governo, i loro servizi segreti, gli alleati nazifascisti, pensano che un pugno di morti in una banca basti a far rientrare il movimento di lotta e instaurare un regime autoritario. Non ci riusciranno, anche se il prezzo da pagare sarà alto: l'assassinio di Pinelli, Valpreda, Gargamelli, Borghese, Bagnoli e Mander in carcere per anni, Di Cola in esilio, e i tanti caduti nelle piazze per affermare la libertà di manifestazione e di espressione da Saverio Saltarelli a Carlo Giuliani. E bombe, tante bombe, ancora sui treni, a Brescia, a Bologna, e altri tentativi di colpo di Stato.\r\nCi vorranno anni di lotte, controinformazione, impegno militante per smascherare l'infame provocazione, inchiodare nazifascisti, servizi segreti e politici alle loro responsabilità stragiste, liberare i compagni, ma non sufficienti per ribaltare ciò che ha consentito tutto questo: un sistema democratico rappresentativo solo degli interessi padronali, dei ceti dominanti, delle multinazionali, un sistema di potere basato sull'abuso di potere. Un sistema che non esita a ricorrere al fascismo per ristabilire l'ordine gerarchico.\r\nAnni di piombo? 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Uno di loro, Giuseppe Pinelli, non ne uscirà vivo, perché scaraventato dalla finestra dall’ufficio del commissario Luigi Calabresi.\r\nLe versioni ufficiali parlarono di suicidio: anni dopo un magistrato di sinistra, D’Ambrosio, emesse una sentenza salomonica: “malore attivo”. Né omicidio, né suicidio.\r\nPietro Valpreda venne accusato di essere l’autore della strage. Trascorrerà, con altri compagn* tre anni in carcere in attesa di giudizio, finché non venne modificata la legge che fissava i limiti della carcerazione preventiva. Quella legge, emanata su pressione dei movimenti sociali, venne a lungo chiamata “legge Valpreda”.\r\nDopo 54anni dalla strage, sebbene ormai si sappia tutto, sia sui fascisti che la eseguirono, gli ordinovisti veneti, sia sui mandanti politici, tutti interni al sistema di potere democristiano di stretta osservanza statunitense, non ci sono state verità giudiziarie.\r\nNel 1969 a capo della Questura milanese era Guida, già direttore del confino di Ventotene, un funzionario fascista, passato indenne all’Italia repubblicana. Dietro le quinte, ma presenti negli uffici di via Fatebenefratelli c’erano i capi dei servizi segreti Russomando e D’Amato.\r\nIl Sessantanove fu l’anno dell’autunno caldo e della contestazione studentesca, movimenti radicali e radicati si battevano contro il sistema economico e sociale.\r\nLa strage, che immediatamente, gli anarchici definirono “strage di Stato” rappresentò il tentativo di criminalizzare le lotte, e scatenare la repressione.\r\nIn breve i movimenti sociali reagirono alle fandonie della polizia, smontando dal basso la montatura poliziesca che era stata costruita sugli anarchici.\r\nCosa resta nella memoria dei movimenti di quella strage, che per molti compagni e compagne dell’epoca rappresentò una rottura definitiva di ogni illusione democratica?\r\nNe abbiamo parlato con Massimo Varengo, testimone e protagonista di quella stagione cruciale\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/12/2023-12-12-varengo-piazza-fontana.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nDi seguito un articolo di Varengo uscito su Umanità Nova:\r\n\r\n“Non si capiscono le bombe del 12 dicembre del 1969, se non si analizza il contesto. Al di là delle parole contano i fatti; e vediamoli questi fatti, sia pure succintamente.\r\nGli anni dell'immediato dopoguerra sono caratterizzati da grandi processi di ricostruzione, in primis nei paesi devastati dalla durezza e dalla crudeltà del conflitto, sostenuti dagli effetti dello sviluppo della scienza e della tecnologia, accelerate a loro volta dai risultati della ricerca nel periodo bellico per armi sempre più letali. Tali processi hanno comportato, insieme ad un impetuoso sviluppo delle risorse umane, un aumento della ricchezza complessiva, ovviamente ripartita in modo assolutamente diseguale, con la conseguenza che il divario tra i vari paesi e, in essi, tra le classi sociali è cresciuto a dismisura.\r\nA fronte delle grandi possibilità di trasformazione sociale che il nuovo clima pare prefigurare, sempre più è evidente che la gran parte della popolazione lavoratrice, il proletariato, rimane oggetto e non soggetto della propria storia, alimentando la contraddizione tra sviluppo delle forze produttive e sociali da una parte e l'insieme dei rapporti di proprietà, di controllo e di dominio dall'altra.\r\nIn questo quadro si può capire come sia stato possibile che praticamente in ogni parte del mondo – dagli Stati Uniti al Sud America, dalla Francia all'Italia, dalla Cina al Giappone, dall'Europa del patto di \u003Cmark>Varsavia\u003C/mark> alla Germania, dal Messico all'Inghilterra – in un mondo tra l'altro le cui comunicazioni passavano per stampa e televisione, controllate dai governi, sia esplosa quasi contemporaneamente quella che fu definita “contestazione globale”.\r\nUna contestazione alimentata dalla convergenza di differenti culture, dal pacifismo dei figli dei fiori al terzomondismo solidale con le lotte di liberazione nazionale, dal marxismo all'anarchismo, dal cattolicesimo all'ateismo, capace di esprimere caratteristiche comuni, nonostante le profonde differenze esistenti: geografiche, economiche, culturali, sociali, politiche.\r\nUna contestazione che ha abbracciato le varie forme di espressione umana: artistica, musicale, scientifica, tecnica, letteraria, e che ha visto come protagonista principale la generazione del cosiddetto baby boom, dei nati dopo la guerra e che di quella guerra avevano comunque vissuto i cascami.\r\nIl rifiuto della guerra fu un elemento scatenante di tale contestazione; a partire dai campus universitari statunitensi che con manifestazioni, occupazioni e scontri denunciavano il sempre più crescente impegno USA nello sporco conflitto del Vietnam, le proteste si espansero in tutto il mondo. Ma il rifiuto della guerra era anche rifiuto di un mondo diviso in blocchi, ove una cortina di ferro condizionava la vita e i movimenti di una generazione affamata di conoscenza. Era rifiuto della sofferenza inflitta dai dominatori ai popoli colonizzati, rifiuto del razzismo, rifiuto del vecchio mondo fatto di discriminazioni e autoritarismi. Era soprattutto rifiuto di uno sfruttamento e di un'oppressione di classe che, sull'altare del profitto, condannava milioni di esseri umani alla catena, a condizioni di vita infami, ad una nocività crescente. E per la metà del genere umano era rifiuto di un mondo costruito sul patriarcato, che relegava la donna nel solo ruolo di riproduttrice, custode di un focolare domestico sempre più precario e conflittuale.\r\nPer questo non si può dire che sia esistito un solo '68. Sono esistiti una pluralità di '68 intrecciati tra loro, con durata ed intensità diversa, radicalità e prospettive diverse, ma uniti da una critica puntuale dell'autorità.\r\nLe risposte dei governi non si fecero attendere, con caratteristiche diverse secondo i contesti, ma rispettando sempre le rispettive aree di influenza dei blocchi contrapposti. Così in Bolivia nel '67 viene assassinato Che Guevara, il cui tentativo insurrezionale viene vanificato dall'ostilità di Mosca e dei suoi epigoni in zona.\r\nNegli USA la dura repressione dei movimenti studenteschi si accompagna a quella del movimento afro-americano in lotta contro una società razzista e segregazionista. Malcom X e Martin Luther King vengono assassinati, come viene assassinato Robert Kennedy fautore di moderate riforme sociali invise agli oligopoli. A Città del Messico nell'ottobre del '68 l'esercito con blindati circonda la Piazza delle Tre culture sparando ad alzo zero per distruggere il movimento studentesco che da tempo sta manifestando contro il governo e le spese faraoniche per organizzare i Giochi olimpici: sono più di 300 i morti portati via con i camion della spazzatura.\r\nIn Cina la “rivoluzione culturale” raggiunge il suo apice, per trasformarsi in poco tempo in uno strumento al servizio della ristrutturazione del potere funzionale al disegno politico di Mao Zedong.\r\nIn Francia alle occupazioni studentesche e ai giganteschi scioperi generali succedutisi per tutto il maggio '68, risponde il generale De Gaulle che recatosi a Baden-baden, base francese in territorio tedesco, minaccia l'intervento militare.\r\nA Praga, nell'agosto, ci vogliono i carri armati sovietici e delle truppe del patto di \u003Cmark>Varsavia\u003C/mark> per arrestare il processo riformatore in corso: la burocrazia al Cremlino teme il contagio negli altri paesi di sua competenza, come la Polonia, attraversata da forti mobilitazioni studentesche. In Germania dell'ovest, l'esponente più significativo Rudi Dutschke, viene gravemente ferito da colpi di pistola l'11 aprile.\r\nMa questi sono solo alcuni esempi; come disse la filosofa Hannah Arendt “Nei piccoli paesi, la repressione è dosata e selettiva”. È il caso della Yugoslavia con le proteste studentesche fatte sbollire, per poi colpirne gli esponenti. L'importante è che non vengano messi in discussione i trattati che alla fine della guerra avevano definito le aree di influenza e di potere.\r\nE in Italia? Collocata a ridosso della cortina di ferro, l'Italia è considerata un paese di frontiera per gli USA, un avamposto nella lotta al “comunismo”, aeroporto naturale nel Mediterraneo, proiettato verso le risorse petrolifere del Medio oriente. Un paese che ha però l'enorme difetto di avere il Partito Comunista più grande dell'Occidente, al quale è precluso dal dopoguerra l'ingresso nell'area di governo. Per cautelarsi il governo USA mette in opera i suoi servizi segreti, costruisce reti clandestine armate pronte ad intervenire in caso di bisogno, condiziona le politiche, controlla i sistemi di difesa, stringe alleanze con gruppi nazifascisti. Già in Grecia – altro paese di frontiera - l'anno prima hanno foraggiato il colpo di Stato dei colonnelli a fronte di una possibile vittoria elettorale della sinistra, mentre continuano a sostenere la dittatura di Franco in Spagna e quella di Salazar in Portogallo.\r\nL'Italia ha vissuto nei decenni precedenti una profonda trasformazione sociale ed economica e una grande emigrazione interna dalle campagne venete e del meridione, richiamata al nord-ovest da una industrializzazione crescente. L'accresciuto livello di reddito ha consentito una scolarizzazione significativa e l'ingresso nelle università di ceti finora esclusi (nel '68 sono 500mila gli iscritti, il doppio rispetto a 15 anni prima). Ma le strutture dello Stato sono sempre le stesse: su 369 prefetti e viceprefetti, agli inizi degli anni '60, solo 2 non hanno fatto parte della burocrazia fascista; su 274 questori e vicequestori solo 5 vicequestori hanno avuto rapporti con la resistenza; su 1642 commissari e vicecommissari solo 34 provengono dalle file dell'antifascismo. Inoltre la polizia politica rimane nelle mani di ex-agenti dell'OVRA, la famigerata istituzione al servizio di Mussolini. Per non parlare della magistratura e della burocrazia ministeriale.\r\nLe strutture rimangono autoritarie, nella scuola e nell'università sono incapaci di accogliere la massa di studenti e studentesse che vi si affacciano provocando frustrazione e malcontento.\r\nNelle grandi città del nord la politica abitativa è assolutamente deficitaria, spingendo la popolazione immigrata a soluzioni provvisorie e degradanti. In fabbrica l'organizzazione del lavoro si basa sui reparti confino per i “sovversivi” e l'arbitrio dei capi reparto. Nelle campagne, permane la logica del padronato latifondista. I partiti di sinistra, tutti concentrati sul confronto elettorale, e i sindacati, abituati a logiche rivendicative di basso profilo, sono incapaci di comprendere quanto sta succedendo: lo sviluppo di un movimento che porta a maturazione la conflittualità latente. Sul fronte delle università e delle scuole superiori partono occupazioni e proteste, nelle campagne si intensificano le lotte del bracciantato agricolo, nelle fabbriche, in un contesto di rinnovo di moltissimi contratti di lavoro giunti a scadenza, iniziano i primi scioperi autonomi che impongono al padronato la trattativa diretta accantonando le burocrazie sindacali e le vecchie commissioni interne, in un quadro di conflittualità tra i vari segmenti padronali che si riverbera su uno scenario politico sempre più instabile, caratterizzato da frequenti cambi di governo.\r\nSe nell'università viene attaccata e messa in crisi la cultura autoritaria e di classe, nelle fabbriche si sviluppa un protagonismo operaio che nella riscoperta dei Consigli di Fabbrica, nelle assemblee all'interno delle aziende, nella costituzione dei Comitati unitari di base, mette in discussione l'organizzazione del lavoro, sanzionando i capi reparto e le dirigenze, e aprendo la discussione sul salario come variabile “indipendente” dalla produttività. Le conquiste sono notevoli: riduzione d'orario, forti aumenti salariali, abolizione delle zone salariali nord-sud, parificazione normativa tra operai e impiegati, scala mobile per i pensionati e altre ancora. E la lotta non si ferma, si profila il vecchio obiettivo anarcosindacalista imperniato sul controllo della produzione in vista dell'esproprio proletario.\r\nIntanto la gioventù esce dalle università, dopo aver ottenuto importanti modifiche sui piani di studio, la libertà di assemblea anche per le scuole medie superiori, l'abolizione dello sbarramento che impedisce ai diplomati degli istituti di accedere alla formazione universitaria. Esce per unirsi al mondo del lavoro salariato in un movimento di contestazione dell'autorità e del capitalismo, mettendo a nudo quella che è la sostanza del potere e delle sue istituzioni e rendendo evidente come lo sfruttamento e l'oppressione siano le sole espressioni dei governi di qualunque colore. Il conflitto si indurisce tra scontri di piazza, scioperi, picchetti, manifestazioni. Cresce il pericolo che il paese vada a sinistra, che il PCI – anche se lontano da propositi rivoluzionari - tramite una vittoria elettorale possa andare al governo.\r\nLe risposte non si fanno attendere. L'apparato politico di sinistra con lo Statuto dei lavoratori cerca di ridare forza al ruolo di intermediazione sindacale, salvando le burocrazie, recuperando e affossando l'azione diretta operaia. Il fronte padronale si ricompatta, ridando fiato alla destra più estrema. Il governo sceglie la strada della repressione aperta: ben 13.903 sono le denunce per fatti connessi con l'autunno caldo del '69. In testa alla graduatoria, lavoratori agricoli, metalmeccanici, ospedalieri. Ma non basta. Ci vuole qualcosa di più forte che consenta la ripresa dello sfruttamento intensivo e quindi del profitto. I servizi segreti, italiani e americani, in combutta con i nazifascisti si mettono all'opera.\r\nScoppiano le prime bombe, prima dimostrative, praticamente inoffensive, poi, via via, più “cattive” che provocano feriti alla Fiera di Milano il 25 aprile e in agosto sui treni. Alla fine dell'anno si conteranno in tutto 145 esplosioni, prevalentemente di marca fascista, ma non mancano quelle di sinistra, comprese alcune anarchiche nei confronti di sedi di rappresentanza della dittatura franchista per solidarietà con le vittime del regime o della Dow Chemical, produttrice del napalm con il quale venivano letteralmente arrostiti i vietnamiti.\r\nEd è proprio sugli anarchici che si appunta l'attenzione degli organismi repressivi, primo su tutti l'Ufficio affari riservati, diretta emanazione del Ministro degli Interni.\r\nConvinti che il ricordo della strage del Teatro Diana nel 1921 e la continua martellante propaganda durante il ventennio fascista sul pericolo del “terrorismo” anarchico abbia definitivamente marchiato a fuoco l'immagine del movimento anarchico pensano di potersi permettere qualsiasi operazione, qualsiasi violenza. Per le bombe del 25 aprile e dell'agosto sui treni incolpano un gruppo variegato di compagni, mettendo insieme anarchici e due iscritti del PCI, L'obiettivo è ambizioso: arrivare tramite loro all'editore Giangiacomo Feltrinelli, aperto sostenitore della pratica castrista del “fuoco guerrigliero”. Non riuscendoci concentreranno le loro attenzioni sugli anarchici, costruendo teoremi falsi, inventandosi testimoni inattendibili, usando le procedure a loro piacimento. Intanto l'idea che siano esclusivamente gli anarchici a mettere le bombe si fa strada nei media e quindi nella pubblica opinione. Una spinta agli avvenimenti la da la morte di un agente di polizia di 22 anni, Annarumma originario dell'Irpinia, una delle zone più povere del paese, avvenuta nel corso di scontri a Milano il 19 novembre, vittima di un trauma cranico provocato da un tubo di ferro.\r\nIn quel frangente, la polizia caricò come faceva allora con camionette e gipponi un corteo studentesco che si stava dirigendo verso la Statale e che aveva intercettato i lavoratori in sciopero generale che stavano uscendo dal teatro Lirico, luogo di una manifestazione. Studenti e lavoratori si difesero dalle cariche delle camionette che salivano sui marciapiedi, con ogni mezzo a disposizione, ma a distanza di anni non si sa ancora se, a provocarne la morte, sia stato un manifestante o lo scontro di due mezzi della polizia (come parrebbe confermare un video). Fatto sta che questo fatto ebbe una risonanza enorme; nella serata ci fu la rivolta dei poliziotti in due caserme di Milano, per protestare contro le condizioni nelle quali erano tenuti, i turni massacranti, i bassi salari e il fatto di essere carne a macello per “lor signori”. La rivolta fu sedata dai carabinieri; successivamente intervenne la repressione con punizioni, spostamenti, congedi forzati. Il presidente della Repubblica, il socialdemocratico filoamericano Saragat, pronuncia parole di fuoco contro i manifestanti gettando benzina sul clima già arroventato. A Saragat risponderà un operaio che alla manifestazione nazionale dei metalmeccanici del 29 novembre innalzerà un cartello con su scritto “Saragat: Operai 171, Poliziotti 1” per ricordare tutte le vittime proletarie della violenza poliziesca.\r\nDue giorni dopo ai funerali dell'agente si presentano in massa i fascisti, che danno vita alla caccia ai rossi, a chiunque avesse un aspetto di sinistra. Tra gli altri chi ne fece le spese fu anche Mario Capanna, leader del Movimento Studentesco della Statale che venne aggredito, rischiando il linciaggio al quale fu sottratto da agenti della squadra politica. In questo clima il ministro del lavoro Donat-Cattin. della sinistra democristiana, convoca immediatamente i segretari dei sindacati metalmeccanici FIM,FIOM, UILM dicendo loro, per sollecitarli alla chiusura del contratto: “Siamo alla vigilia dell'ora X. Il golpe è alle porte. Bisogna mettere un coperchio sulla pentola che bolle”.\r\nSiamo alla vigilia di Piazza Fontana. Il copione è già scritto. La lista dei colpevoli è già pronta.\r\nCon tutta l'arroganza del potere pensano di manovrare a piacimento gli avvenimenti. Aspettano la risposta della piazza per scatenare disordini, tali da sollecitare misure straordinarie del governo e l'intervento dell'esercito.\r\nMussolini, nell'affiancare Hitler nell'aggressione alla Francia pensava che bastasse un pugno di morti per sedere da vincitore al tavolo delle trattative post-belliche; gli uomini del governo, i loro servizi segreti, gli alleati nazifascisti, pensano che un pugno di morti in una banca basti a far rientrare il movimento di lotta e instaurare un regime autoritario. Non ci riusciranno, anche se il prezzo da pagare sarà alto: l'assassinio di Pinelli, Valpreda, Gargamelli, Borghese, Bagnoli e Mander in carcere per anni, Di Cola in esilio, e i tanti caduti nelle piazze per affermare la libertà di manifestazione e di espressione da Saverio Saltarelli a Carlo Giuliani. E bombe, tante bombe, ancora sui treni, a Brescia, a Bologna, e altri tentativi di colpo di Stato.\r\nCi vorranno anni di lotte, controinformazione, impegno militante per smascherare l'infame provocazione, inchiodare nazifascisti, servizi segreti e politici alle loro responsabilità stragiste, liberare i compagni, ma non sufficienti per ribaltare ciò che ha consentito tutto questo: un sistema democratico rappresentativo solo degli interessi padronali, dei ceti dominanti, delle multinazionali, un sistema di potere basato sull'abuso di potere. Un sistema che non esita a ricorrere al fascismo per ristabilire l'ordine gerarchico.\r\nAnni di piombo? 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In alcuni settori gli aumenti ottenuti sono stati del 100%.\r\nLa rivolta di questo primo scorcio di gennaio si è configurata come tassello di un processo di trasformazione sociale sfociato in chiari momenti insurrezionali.\r\nNe abbiamo parlato con Stefano Capello\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/01/2022-01-11-kazakistan.mp3\"][/audio]\r\n\r\n ","11 Gennaio 2022","2022-01-11 18:33:21","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/01/Kazakistan-rivolta-repressa-164-morti-1280x720-1-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"169\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/01/Kazakistan-rivolta-repressa-164-morti-1280x720-1-300x169.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/01/Kazakistan-rivolta-repressa-164-morti-1280x720-1-300x169.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/01/Kazakistan-rivolta-repressa-164-morti-1280x720-1-1024x576.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/01/Kazakistan-rivolta-repressa-164-morti-1280x720-1-768x432.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/01/Kazakistan-rivolta-repressa-164-morti-1280x720-1.jpg 1280w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Kazakistan. 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Per le elezioni di luglio il registro è cambiato.\r\nIl partito di destra radicale PiS (Law and Justice) ed il suo candidato alle presidenziali Duda hanno puntato buona parte della propria campagna sulla lotta alla cosiddetta \"ideologia LGBT\", \"la piaga arcobaleno\", alimentando lo stigma verso le persone non etero-cis, in un moltiplicarsi di episodi di discriminazione, minacce e violenza.\r\nL’utilizzo della nozione di ideologia LGBTQ+ è un abile paravento per tentare di evitare le sanzioni dell’Unione Europea, con uno slalom lessicale che consente di evitare sanzioni.\r\n\r\nNegli ultimi anni, l’incitamento all’odio omofobico e transfobico è diventato una risorsa politica standard in un paese che ha ottenuto il vergognoso status di stato più omofobo nell’Unione europea. Le/i/* queer sono diventat* il nemico pubblico numero uno in Polonia.\r\nLa chiesa cattolica, già pesantemente omofoba, si è a sua volta lanciata in una campagna contro “l’ideologia LGBTQ+”, per distogliere l’attenzione dall’emergere di numerosi casi di pedofilia tra il clero polacco. Nell’agosto 2018, l’arcivescovo di Cracovia, Marek Jędraszewski, ha pubblicamente denunciato la “peste arcobaleno che affliggebbe il paese.\r\nIn una situazione di pesante crisi sociale le persone fuori dalla norma eteropatriarcale diventano il perfetto capro espiatorio. Questa situazione ci riporta alla campagna promossa da Gomulka nel 1968 contro gli ebrei. Anche Gomulka, per evitare l’accusa di antisemitismo parlò di “ideologia sionista”. Le conseguenze pratiche furono licenziamenti ed esclusioni dalla vita pubblica di numerosi ebrei.\r\nIl PiS ha puntato su “dio, patria, famiglia”, descrivendo la comunità LGBTQ+ come una minaccia imminente e straniera verso i valori familiari tradizionali polacchi. Il pericolo che viene da fuori, non è solo rappresentato dagli immigrati esterni, ma dai nemici interni, che per la loro “ideologia” rischiano di far crollare la piramide patriarcale, nazionalista, cattolica.\r\nLe persone LGBTQ* vengono rappresentate come traditrici della tradizione del paese, gente che si è volontariamente estraniata dal proprio humus. Di qui la negazione di ogni forma di visibilità pubblica, la persecuzione nei posti di lavoro e nelle scuole, l’isolamento di chi è fuori norma.\r\nPrima che il PiS (Law and Justice) salisse al potere, il governo centrista-liberale di Civil Platform si è concentrato sul mantenimento dello status quo per il bene delle riforme neoliberiste, senza contestare l’egemonia della Chiesa cattolica, il tradizionalismo familiare, la misoginia, l’omofobia e la transfobia e fornendo un terreno fertile per la radicalizzazione nazionalista.\r\nNei piccoli centri per una persona non etero-cis vivere liberamente può essere molto difficile e pericoloso.\r\nOltre allo stato #nazionalista e alla Chiesa cattolica, una rete di organizzazioni non governative ultraconservatrici ha un ruolo centrale nell’orchestrare attacchi contro la comunità LGBTQ in Polonia. Le accuse contro Margo sono state presentate dalla Fundacja PRO Prawo do życia (Fondazione PRO per il diritto alla vita), un gruppo attivo nella campagna contro l’aborto. Recentemente, un ente fondamentalista GONGO (organizzazione non governativa organizzata dal governo) si è reso responsabile della redazione di un disegno di legge intitolato “Stop Pedophilia Act” che proponeva di criminalizzare qualsiasi forma di educazione sessuale (una materia praticamente inesistente nelle scuole polacche). Nella loro campagna di raccolta firme per progetto di legge popolare, che non ha nulla a che fare con la lotta alla pedofilia, la Fondazione ha inviato furgoni coperti di slogan omofobi e armati di altoparlanti.\r\nI furgoni percorrono diverse città polacche e diffondono messaggi d’odio e falsi sull’omosessualità. Quest’incitamento all’odio, è passato senza alcuna conseguenza legale per i fascisti che lo hanno promosso.\r\nIl 27 giugno, uno di questi “homopho-bus”, come hanno iniziato a chiamarli gli attivisti, si è fermato di fronte allo squat di Varsavia “Syrena”, con la chiara intenzione di disturbare un raduno che si stava svolgendo lì. In risposta a questa provocazione, diversi attivisti hanno prima cercato di scacciarli, e alla fine hanno verniciato a spruzzo l’auto e tagliato le gomme. Dall’arresto di Margo, i membri della Fondazione si riuniscono regolarmente davanti a “Syrena” con i loro striscioni omofobi e rosari per “pregare via i gay”.\r\nLa Fondazione PRO è uno dei tanti gruppi ultraconservatori attivi nella vita pubblica polacca. Inoltre, fa parte di un più ampio movimento fondamentalista religioso transnazionale riunito sotto l’organizzazione ombrello “Tradition, Family and Property” (TFP) che all’inizio degli anni 2000 ha iniziato a trattare l’Europa orientale come una nuova frontiera per costruire una nuova società civile di destra. Una proliferazione di gruppi locali è dietro la campagna contro la Convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa sulla violenza di genere in Ungheria, il referendum del 2013 sulla definizione costituzionale del matrimonio in Croazia, un’iniziativa simile per definire la famiglia come unione tra un un uomo e una donna nella costituzione rumena nel 2013, 2016 e 2018, e bloccando la legge sulle unioni civili in Estonia fino al 2016… e sono solo alcuni esempi.\r\nIn Polonia il principale affiliato al TFP è un “gruppo di esperti” legali, “Ordo Iuris”, che fa parte di Agenda Europe, rete di advocacy europea estremista-cattolica che vuole “ripristinare l’ordine naturale” bloccando o smantellando le infrastrutture politiche sui diritti riproduttivi e sessuali. Ordo Iuris è responsabile della stesura della legislazione per vietare completamente l’aborto, che alla fine è stato ritirato dopo le proteste di massa, e della Convenzione sui diritti della famiglia che dovrebbe essere un’alternativa alla Convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa sulla violenza di genere. Oltre alle campagne legislative e alle pressioni politiche, rappresentano anche individui e gruppi come la Fondazione PRO durante i processi. Una delle loro strategie è quella di appropriarsi del discorso sui diritti umani e mascherare obiettivi omofobici e transfobici con il pretesto di politiche a favore della famiglia. In questo spirito è stata presentata la “Carta dei diritti della famiglia” è stata presentata ai governi locali alla fine del 2019 come modello meno controverso per dichiararsi “LGBT-free zones” (zone libere da LGBT) dopo l’ondata di risoluzioni anti-LGBT avviate dai consiglieri di Law and Justice nel marzo dello stesso anno.\r\n\r\nIl 25 luglio di quest’anno il ministro della giustizia, Zbigniew Ziobro ha annunciato che la Polonia si ritira dalla Convenzione di Istanbul perché il documento contiene “elementi di natura ideologica”, riferendosi alla definizione di genere come socialmente costruito. Allo stesso tempo, il suo ministero sta finanziando un progetto dei fondamentalisti di GONGO intitolato “Combattere i crimini contro la libertà di coscienza sotto l’influenza dell’ideologia LGBT”. Pianificato per gli anni 2020-2023, mira a eliminare le “nuove ideologie di sinistra” dallo spazio pubblico polacco utilizzando le disposizioni legali esistenti sull’offesa dei sentimenti religiosi. Questo nuovo progetto è un perfetto esempio di quanto la rete dei gruppi fondamentalisti religiosi sia ben collegata alle strutture governative.\r\n\r\nSolo un giorno dopo che la Commissione elettorale nazionale polacca ha proclamato vincitore del ballottaggio Andrzej Duda, un’attivista #queer è stata arrestata a Varsavia. Secondo i testimoni l’arresto di Margo è sembrato più un rapimento perché agenti di polizia senza uniforme l’hanno ammanettata a forza e l’hanno trascinata fuori dall’appartamento della sua amica.\r\nMargo fa parte di un collettivo queer Stop Bzdurom che utilizza l’azione diretta per contrastare la campagna di disinformazione rispetto alla comunità #LGBTQ, e lotta per l’educazione sessuale e la giustizia riproduttiva.\r\nSembra che l’arresto di questa giovane attivista queer sia stato deliberatamente rinviato dopo i risultati delle elezioni. Grazie all’intervento della Fondazione Helsinki per i diritti umani, Margot è stata rilasciata dopo aver passato la notte in detenzione con l’accusa di teppismo. Il 30 luglio attivist* queer hanno messo bandiere arcobaleno e maschere per il viso rosa su diverse statue iconiche di Varsavia per contrastare la crescente ondata di omofobia e transfobia. Pochi giorni dopo Margot e altr* due attivist* sono stati nuovamente arrestati per questa azione.\r\nMargo è stata condannata a due mesi di reclusione. Gli attivisti che protestavano per la sentenza sono stati pesantemente caricati e pestati.\r\nTra repressione contro attivist* queer, città e province che si dichiarano libere da “ideologia LGBT”, ripetuti attacchi alle sedi principali delle ONG LGBTQ, ai brutali attacchi contro i cortei dei Pride, compreso un fallito attentato a Lublino l’anno scorso, questa non è mai stata una guerra solo sui simboli. Quando gli “omofobi” annunciano dagli altoparlanti che “gli omosessuali vivono vent’anni in meno”, questo non è nemmeno un altro fatto pseudo-scientifico, ma qualcosa che diventa una triste realtà in un paese dove il tasso di suicidio tra i giovani queer sta aumentando.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Sbrock della rete Free(k) Pride\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/10/2020-10-06-polonia-sbrock.mp3\"][/audio]\r\n\r\n2020 10 06 polonia sbrock","7 Ottobre 2020","2020-10-07 12:30:20","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/10/FROCIZZIAMO-IL-CONSOLATO-200x110.png","\u003Cimg width=\"212\" height=\"300\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/10/FROCIZZIAMO-IL-CONSOLATO-212x300.png\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/10/FROCIZZIAMO-IL-CONSOLATO-212x300.png 212w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/10/FROCIZZIAMO-IL-CONSOLATO-724x1024.png 724w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/10/FROCIZZIAMO-IL-CONSOLATO-768x1086.png 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/10/FROCIZZIAMO-IL-CONSOLATO-1086x1536.png 1086w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/10/FROCIZZIAMO-IL-CONSOLATO-1448x2048.png 1448w\" sizes=\"auto, (max-width: 212px) 100vw, 212px\" />","Polonia. 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Per le elezioni di luglio il registro è cambiato.\r\nIl partito di destra radicale PiS (Law and Justice) ed il suo candidato alle presidenziali Duda hanno puntato buona parte della propria campagna sulla lotta alla cosiddetta \"ideologia LGBT\", \"la piaga arcobaleno\", alimentando lo stigma verso le persone non etero-cis, in un moltiplicarsi di episodi di discriminazione, minacce e violenza.\r\nL’utilizzo della nozione di ideologia LGBTQ+ è un abile paravento per tentare di evitare le sanzioni dell’Unione Europea, con uno slalom lessicale che consente di evitare sanzioni.\r\n\r\nNegli ultimi anni, l’incitamento all’odio omofobico e transfobico è diventato una risorsa politica standard in un paese che ha ottenuto il vergognoso status di stato più omofobo nell’Unione europea. Le/i/* queer sono diventat* il nemico pubblico numero uno in Polonia.\r\nLa chiesa cattolica, già pesantemente omofoba, si è a sua volta lanciata in una campagna contro “l’ideologia LGBTQ+”, per distogliere l’attenzione dall’emergere di numerosi casi di pedofilia tra il clero polacco. Nell’agosto 2018, l’arcivescovo di Cracovia, Marek Jędraszewski, ha pubblicamente denunciato la “peste arcobaleno che affliggebbe il paese.\r\nIn una situazione di pesante crisi sociale le persone fuori dalla norma eteropatriarcale diventano il perfetto capro espiatorio. Questa situazione ci riporta alla campagna promossa da Gomulka nel 1968 contro gli ebrei. Anche Gomulka, per evitare l’accusa di antisemitismo parlò di “ideologia sionista”. Le conseguenze pratiche furono licenziamenti ed esclusioni dalla vita pubblica di numerosi ebrei.\r\nIl PiS ha puntato su “dio, patria, famiglia”, descrivendo la comunità LGBTQ+ come una minaccia imminente e straniera verso i valori familiari tradizionali polacchi. Il pericolo che viene da fuori, non è solo rappresentato dagli immigrati esterni, ma dai nemici interni, che per la loro “ideologia” rischiano di far crollare la piramide patriarcale, nazionalista, cattolica.\r\nLe persone LGBTQ* vengono rappresentate come traditrici della tradizione del paese, gente che si è volontariamente estraniata dal proprio humus. Di qui la negazione di ogni forma di visibilità pubblica, la persecuzione nei posti di lavoro e nelle scuole, l’isolamento di chi è fuori norma.\r\nPrima che il PiS (Law and Justice) salisse al potere, il governo centrista-liberale di Civil Platform si è concentrato sul mantenimento dello status quo per il bene delle riforme neoliberiste, senza contestare l’egemonia della Chiesa cattolica, il tradizionalismo familiare, la misoginia, l’omofobia e la transfobia e fornendo un terreno fertile per la radicalizzazione nazionalista.\r\nNei piccoli centri per una persona non etero-cis vivere liberamente può essere molto difficile e pericoloso.\r\nOltre allo stato #nazionalista e alla Chiesa cattolica, una rete di organizzazioni non governative ultraconservatrici ha un ruolo centrale nell’orchestrare attacchi contro la comunità LGBTQ in Polonia. Le accuse contro Margo sono state presentate dalla Fundacja PRO Prawo do życia (Fondazione PRO per il diritto alla vita), un gruppo attivo nella campagna contro l’aborto. Recentemente, un ente fondamentalista GONGO (organizzazione non governativa organizzata dal governo) si è reso responsabile della redazione di un disegno di legge intitolato “Stop Pedophilia Act” che proponeva di criminalizzare qualsiasi forma di educazione sessuale (una materia praticamente inesistente nelle scuole polacche). Nella loro campagna di raccolta firme per progetto di legge popolare, che non ha nulla a che fare con la lotta alla pedofilia, la Fondazione ha inviato furgoni coperti di slogan omofobi e armati di altoparlanti.\r\nI furgoni percorrono diverse città polacche e diffondono messaggi d’odio e falsi sull’omosessualità. Quest’incitamento all’odio, è passato senza alcuna conseguenza legale per i fascisti che lo hanno promosso.\r\nIl 27 giugno, uno di questi “homopho-bus”, come hanno iniziato a chiamarli gli attivisti, si è fermato di fronte allo squat di \u003Cmark>Varsavia\u003C/mark> “Syrena”, con la chiara intenzione di disturbare un raduno che si stava svolgendo lì. In risposta a questa provocazione, diversi attivisti hanno prima cercato di scacciarli, e alla fine hanno verniciato a spruzzo l’auto e tagliato le gomme. Dall’arresto di Margo, i membri della Fondazione si riuniscono regolarmente davanti a “Syrena” con i loro striscioni omofobi e rosari per “pregare via i gay”.\r\nLa Fondazione PRO è uno dei tanti gruppi ultraconservatori attivi nella vita pubblica polacca. Inoltre, fa parte di un più ampio movimento fondamentalista religioso transnazionale riunito sotto l’organizzazione ombrello “Tradition, Family and Property” (TFP) che all’inizio degli anni 2000 ha iniziato a trattare l’Europa orientale come una nuova frontiera per costruire una nuova società civile di destra. Una proliferazione di gruppi locali è dietro la campagna contro la Convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa sulla violenza di genere in Ungheria, il referendum del 2013 sulla definizione costituzionale del matrimonio in Croazia, un’iniziativa simile per definire la famiglia come unione tra un un uomo e una donna nella costituzione rumena nel 2013, 2016 e 2018, e bloccando la legge sulle unioni civili in Estonia fino al 2016… e sono solo alcuni esempi.\r\nIn Polonia il principale affiliato al TFP è un “gruppo di esperti” legali, “Ordo Iuris”, che fa parte di Agenda Europe, rete di advocacy europea estremista-cattolica che vuole “ripristinare l’ordine naturale” bloccando o smantellando le infrastrutture politiche sui diritti riproduttivi e sessuali. Ordo Iuris è responsabile della stesura della legislazione per vietare completamente l’aborto, che alla fine è stato ritirato dopo le proteste di massa, e della Convenzione sui diritti della famiglia che dovrebbe essere un’alternativa alla Convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa sulla violenza di genere. Oltre alle campagne legislative e alle pressioni politiche, rappresentano anche individui e gruppi come la Fondazione PRO durante i processi. Una delle loro strategie è quella di appropriarsi del discorso sui diritti umani e mascherare obiettivi omofobici e transfobici con il pretesto di politiche a favore della famiglia. In questo spirito è stata presentata la “Carta dei diritti della famiglia” è stata presentata ai governi locali alla fine del 2019 come modello meno controverso per dichiararsi “LGBT-free zones” (zone libere da LGBT) dopo l’ondata di risoluzioni anti-LGBT avviate dai consiglieri di Law and Justice nel marzo dello stesso anno.\r\n\r\nIl 25 luglio di quest’anno il ministro della giustizia, Zbigniew Ziobro ha annunciato che la Polonia si ritira dalla Convenzione di Istanbul perché il documento contiene “elementi di natura ideologica”, riferendosi alla definizione di genere come socialmente costruito. Allo stesso tempo, il suo ministero sta finanziando un progetto dei fondamentalisti di GONGO intitolato “Combattere i crimini contro la libertà di coscienza sotto l’influenza dell’ideologia LGBT”. Pianificato per gli anni 2020-2023, mira a eliminare le “nuove ideologie di sinistra” dallo spazio pubblico polacco utilizzando le disposizioni legali esistenti sull’offesa dei sentimenti religiosi. Questo nuovo progetto è un perfetto esempio di quanto la rete dei gruppi fondamentalisti religiosi sia ben collegata alle strutture governative.\r\n\r\nSolo un giorno dopo che la Commissione elettorale nazionale polacca ha proclamato vincitore del ballottaggio Andrzej Duda, un’attivista #queer è stata arrestata a \u003Cmark>Varsavia\u003C/mark>. Secondo i testimoni l’arresto di Margo è sembrato più un rapimento perché agenti di polizia senza uniforme l’hanno ammanettata a forza e l’hanno trascinata fuori dall’appartamento della sua amica.\r\nMargo fa parte di un collettivo queer Stop Bzdurom che utilizza l’azione diretta per contrastare la campagna di disinformazione rispetto alla comunità #LGBTQ, e lotta per l’educazione sessuale e la giustizia riproduttiva.\r\nSembra che l’arresto di questa giovane attivista queer sia stato deliberatamente rinviato dopo i risultati delle elezioni. Grazie all’intervento della Fondazione Helsinki per i diritti umani, Margot è stata rilasciata dopo aver passato la notte in detenzione con l’accusa di teppismo. Il 30 luglio attivist* queer hanno messo bandiere arcobaleno e maschere per il viso rosa su diverse statue iconiche di \u003Cmark>Varsavia\u003C/mark> per contrastare la crescente ondata di omofobia e transfobia. Pochi giorni dopo Margot e altr* due attivist* sono stati nuovamente arrestati per questa azione.\r\nMargo è stata condannata a due mesi di reclusione. Gli attivisti che protestavano per la sentenza sono stati pesantemente caricati e pestati.\r\nTra repressione contro attivist* queer, città e province che si dichiarano libere da “ideologia LGBT”, ripetuti attacchi alle sedi principali delle ONG LGBTQ, ai brutali attacchi contro i cortei dei Pride, compreso un fallito attentato a Lublino l’anno scorso, questa non è mai stata una guerra solo sui simboli. Quando gli “omofobi” annunciano dagli altoparlanti che “gli omosessuali vivono vent’anni in meno”, questo non è nemmeno un altro fatto pseudo-scientifico, ma qualcosa che diventa una triste realtà in un paese dove il tasso di suicidio tra i giovani queer sta aumentando.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Sbrock della rete Free(k) Pride\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/10/2020-10-06-polonia-sbrock.mp3\"][/audio]\r\n\r\n2020 10 06 polonia sbrock",[288],{"field":114,"matched_tokens":289,"snippet":285,"value":286},[83],{"best_field_score":153,"best_field_weight":154,"fields_matched":24,"num_tokens_dropped":48,"score":155,"tokens_matched":24,"typo_prefix_score":48},6646,{"collection_name":59,"first_q":79,"per_page":293,"q":79},6,9,{"facet_counts":296,"found":293,"hits":335,"out_of":499,"page":24,"request_params":500,"search_cutoff":37,"search_time_ms":311},[297,312],{"counts":298,"field_name":309,"sampled":37,"stats":310},[299,301,303,305,307],{"count":17,"highlighted":300,"value":300},"I Bastioni di Orione",{"count":24,"highlighted":302,"value":302},"anarres",{"count":24,"highlighted":304,"value":304},"stakka stakka",{"count":24,"highlighted":306,"value":306},"liberation front",{"count":24,"highlighted":308,"value":308},"cattivi pensieri","podcastfilter",{"total_values":311},5,{"counts":313,"field_name":36,"sampled":37,"stats":333},[314,316,318,319,321,323,325,327,329,331],{"count":17,"highlighted":315,"value":315},"Bastioni di Orione",{"count":24,"highlighted":317,"value":317},"l faud",{"count":24,"highlighted":15,"value":15},{"count":24,"highlighted":320,"value":320},"xenofobia",{"count":24,"highlighted":322,"value":322},"est europa",{"count":24,"highlighted":324,"value":324},"militarismo",{"count":24,"highlighted":326,"value":326},"Schiere Nere",{"count":24,"highlighted":328,"value":328},"migranti Est Europa",{"count":24,"highlighted":330,"value":330},"anarchici contro il nazismo",{"count":24,"highlighted":332,"value":332},"resistenza anarchica tedesca",{"total_values":334},18,[336,363,386,409,432,471],{"document":337,"highlight":351,"highlights":356,"text_match":151,"text_match_info":360},{"comment_count":48,"id":338,"is_sticky":48,"permalink":339,"podcastfilter":340,"post_author":51,"post_content":341,"post_date":342,"post_excerpt":54,"post_id":338,"post_modified":343,"post_thumbnail":344,"post_title":345,"post_type":346,"sort_by_date":347,"tag_links":348,"tags":350},"97709","http://radioblackout.org/podcast/bastioni-di-orione-08-05-2025-il-nuovo-asse-militare-parigi-berlino-varsavia-a-difesa-dagli-usa-di-trump-mentre-esplode-la-regione-indo-pakistana/",[300],"In questa puntata \"Bastioni di Orione\" torna a toccare vari punti dell'orbe terraqueo che sono in qualche modo collegati tra loro. Accendere un riflettore sui prepotenti primi cento giorni del mandato trumpiano alla Casa Bianca con uno storico come Gian Giacomo Migone significa anche comprendere quali strategie di contenimento del declino americano può permettersi l'amministrazione americana, scoperchiando l'evidenza della dissoluzione del ruolo di gendarme pure nell'ultimo focolaio di tensione che sfrutta il momento di vacanza imperiale per sondare quali sviluppi potrebbe avere lo scontro indo-pakistano sul contenzioso relativo al Kashmir (diviso nelle sue tre componenti etno-religiose) incancrenito nel postcolonialismo del subcontinente indiano. Ne abbiamo parlato con Matteo Miavaldi, con il quale avevamo preconizzato la potenziale esplosione innescata con l'attentato di Pahalgam. Ma anche il dinamismo polacco in materia militare e il conseguente avvicinamento delle due caserme Nato nell'Europa centrorientale: Germania e Polonia sono rivali per il primato militare in Europa e si alleano all'unica potenza nucleare del continente, sfruttando le paure scatenate da una Russia apparentemente aggressiva, anche se non avrebbe interesse a invadere Alessandro Ajres allude a una \"libido\" putiniana in un delirio di espansione imperiale, la paura del quale forse la società polacca ha introiettato in questi anni di destra estrema, alternati a centrodestra, che hanno sviluppato lo sviluppo economico per foraggiare l'industria bellica.\r\n\r\n\r\n\r\nNé India, né Pakistan trovano convenienza in uno scontro frontale ora sulla ottantennale \"questione del Kashmir\", eppure sta avvenendo ed è… esplosiva, nel senso che entrambe sono dotate di armamenti nucleari. L’India ha una preponderanza in ogni arma, ma quando si parla di nucleare e di dispute religioso-nazionaliste tra stati retti da fanatici difficilmente ne esce un vincitore vivo.\r\nCon Matteo Miavaldi percorriamo la china che ha portato a questa situazione pericolosa che ha già prodotto decine di morti dalla strage di Pahalgham del 22 aprile, quando un commando jihadista ha ucciso 26 indiani in Kashmir, evidenziando l’impreparazione dell’intelligence di Dehli e scatenando la reazione unitaria della nazione indiana che due settimane dopo ha prodotto una quarantina di morti con il bombardamento dell’Operazione Sindoor contro il Pakistan, i cui vertici negano ogni responsabilità nell’innesco della spirale. L’escalation muscolare è pari a quella propagandistica, tanto che è difficile accettare e prendere per buone quasi tutte le ricostruzioni che provengono da ciascuno dei contendenti.\r\nLa storia del Jammu-Kashmir è travagliata dal dopoguerra: in comune con le vicende israelo-palestinesi non c’è solo il 1947 come data del vulnus, ma anche lo sfruttamento di ogni periodo in cui la diplomazia internazionale va in panne, permettendo all’apparato militare di risolvere con i suoi metodi le dispute; e forse si può individuare nel 2019 con la revoca dello stato semiautonomo della regione indiana una svolta a cui non si possono ricondurre questi risultati ma fu un avvio di un processo che ne ha consentito il deflagrare del problema in questi termini, perché ha prodotto un cambio nella composizione delle credenze e nella maggiore presenza culturale hindu tra la popolazione delle regioni di confine. Le conseguenze non possono che essere le risposte reciproche più violente dalla creazione del Bangla Desh dal Pakistan Orientale.\r\nE a fronte di un evento di portata così storica le reazioni internazionali o i tentativi di interposizione per arrivare a una pacificazione dell’area sono risibili da parte di tutte le potenze globali, peraltro difficilmente potrebbero venire accettate dai rispettivi nazionalismi dei contendenti. La Cina si è offerte come mediatrice, appalesando un interesse precipuo alla composizione del conflitto, benché sia chiaro che l’interesse di Pechino è il mantenimento del territorio pakistano, storico alleato e indispensabile corridoio per la Belt Road Initiative; facendo da contrappeso all’immediato sostegno di Israele alla rappresaglia indiana, tanto assimilabile alla reazione assassina dell’entità sionista a Gaza.\r\n\r\nhttps://open.spotify.com/episode/7IBzky3YF9FknUxHEN6yWV?si=bHv964OURDqoJY5k3qRDSA\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/Innesco-e-propaganda-in-Kashmir_Miavaldi.mp3\"][/audio]\r\n\r\nPer ascoltare i podcast sull'Estremo oriente si trovano qui\r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\nTusk partecipa ai summit sul destino della guerra con Merz e Macron, a dimostrazione della sua potenza militare che sfida la preminenza europea dei due partner, esaltando il nazionalismo di matrice romantica mai realmente venuto meno al paese, che negli ultimi 2/3 decenni ha raddoppiato il pil e livellato i tassi di povertà delle componenti sociali. Sottoposto questo paesaggio ad Alessandro Ajres, ci ha fatto notare come questo sia potuto accadere in seguito all’alternanza al potere dei rappresentanti della sacca rurale retriva e conservatrice che vota l'estrema destra del PiS e di quelli del centro destra liberal-conservatore che trova i propri consensi nelle metropoli e nei bacini minerari e navali. La matrice militare e reazionaria – sempre meno sfumata in entrambi i campi dalla forza della chiesa cattolica, che ha disperso la potenza data dal fanatismo dei tempi wojtyliani – si fonda su una produzione industriale a basso costo, e l’importanza della posizione geografica, che la pone tra quegli stati europei a ridosso del confine con i territori controllati da Mosca che cavalcano le paure dell’orso russo e le fomentano per spostare capitali statali verso il settore bellico (che drena il 5 per cento del pil ormai da anni).\r\nQuesta situazione pone la Polonia nella condizione di incalzare la potenza militare tedesca e la sua preminenza nel mettere a disposizione territorio e basi missilistiche al sistema di guerra occidentale; e questa spirale le consente inoltre di essere il faro della fazione degli impauriti baltici, inserendosi nella tradizione deel destre nazionaliste dell'Esteuropa. Ed è in questo contesto che diventa interessante vedere come anziché scontrarsi sembra che Polonia e Germania uniscano le loro forze per sostenere una politica europea a loro immagine.\r\nLa Polonia e i suoi fratelli comprende sia le repubbliche baltiche, sia gli altri stati ex sovietici, in cui la recrudescenza antirussa ha prodotto frange sempre più ampie di nostalgie fasciste che impastano un po' tutta la regione di nazionalismi fanatici, più che romantici.\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/gli-assi-di-potere-europei-inglobano-la-polonia--66032024\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/La-Polonia-e-i-suoi-fratelli_Ajres.mp3\"][/audio]\r\n\r\nPer ascoltare gli episodi precedenti relativi alla regione pannonica, balcanica e caucasica si trovano qui\r\n\r\nCon Giangiacomo Migone che fra le altre cose ha insegnato storia dell'America del nord all'università di Torino ,parliamo delle fratture all'interno della società americana e della crisi di egemonia di cui l'elezione di Trump è la conseguenza. Trump si è rivolto ad un altro elettorato ,la parte dei bianchi americani impoveriti dalla globalizzazione che ha mangiato i posti di lavoro che sono stati delocalizzati altrove .Trump prende atto che gli USA nonostante la potenza militare non sono più l'egemone e la sua visione incarna la nostalgia della grandezza americana che vorrebbe far rivivere nonostante la concorrenza della Cina che ha invece una percezione multipolare del mondo.\r\nNonostante la torsione autoritaria che è incarnata dalla politica trumpiana ci sono delle resistenze all'interno del tessuto sociale americano che si manifestano nelle università ,nell'opposizione dei tribunali ai decreti del presidente che non considera i contrappesi istituzionali e si concretizzano anche nelle affollate piazze che stanno seguendo il tour contro l'oligarchia del senatore Sanders e di Alexandra Ocasio Cortez. La politica di Trump è al servizio dell'1% più ricco e alimenta la guerra fra poveri delle classi medie impoverite bianche contro gli immigrati .\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/trump-specchio-della-crisi-di-egemonia-degli-usa--66055851\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/BASTIONI-DI-ORIONE-08052025-MIGONE.mp3\"][/audio]\r\n\r\nSi è affrontata il sovranismo imperante dall'avvento del Trump Revenge qui\r\n\r\n ","11 Maggio 2025","2025-05-14 00:54:58","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/10/blade-1-1-200x110.jpg","BASTIONI DI ORIONE 08/05/2025 - IL NUOVO ASSE MILITARE PARIGI BERLINO VARSAVIA A DIFESA DAGLI USA DI TRUMP MENTRE ESPLODE LA REGIONE INDO-PAKISTANA.","podcast",1746964824,[349],"http://radioblackout.org/tag/bastioni-di-orione/",[315],{"post_title":352},{"matched_tokens":353,"snippet":355,"value":355},[354],"VARSAVIA","BASTIONI DI ORIONE 08/05/2025 - IL NUOVO ASSE MILITARE PARIGI BERLINO \u003Cmark>VARSAVIA\u003C/mark> A DIFESA DAGLI USA DI TRUMP MENTRE ESPLODE LA REGIONE INDO-PAKISTANA.",[357],{"field":358,"matched_tokens":359,"snippet":355,"value":355},"post_title",[354],{"best_field_score":153,"best_field_weight":361,"fields_matched":24,"num_tokens_dropped":48,"score":362,"tokens_matched":24,"typo_prefix_score":48},15,"578730123365187705",{"document":364,"highlight":377,"highlights":382,"text_match":151,"text_match_info":385},{"comment_count":48,"id":365,"is_sticky":48,"permalink":366,"podcastfilter":367,"post_author":368,"post_content":369,"post_date":370,"post_excerpt":54,"post_id":365,"post_modified":371,"post_thumbnail":372,"post_title":373,"post_type":346,"sort_by_date":374,"tag_links":375,"tags":376},"88418","http://radioblackout.org/podcast/presidio-contro-la-base-nato-di-solbiate/",[306],"liberationfront","insieme ad Elio del Centro di Documentazione Abbasso la Guerra abbiamo presentato il presidio che si terrà davanti alla base nato di Solbiate (Varese) il 4 aprile.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/04/presidionato.mp3\"][/audio]\r\n\r\nscarica la diretta\r\n4 aprile 1949 – 4 aprile 2024: 75 anni di NATO, 75 anni di guerre\r\nLa NATO è stata creata il 4 aprile del 1949, 6 anni prima della costituzione del Patto di Varsavia.\r\nDopo la caduta del Muro di Berlino (1989) i leader dei maggiori paesi della NATO avevano promesso a Mosca che l’Alleanza atlantica non sarebbe avanzata verso Est «neppure di un centimetro».\r\nL’espansione della NATO ad Est inizia nel 1999, nonostante che il Patto di Varsavia e addirittura l’URSS si fossero sciolti nel 1991.\r\nPrima di questa 2^ fase della guerra in Ucraina, nel 2022, i paesi NATO erano 30, dunque erano quasi raddoppiati dal 1999.\r\nOggi i Membri della NATO sono 31, tra poco 32 con l’ingresso della Svezia.\r\nNella prospettiva di trasformazione della NATO in “Alleanza militare del Nuovo Occidente”, si vorrebbe inserire un articolo 5 “economico” da attuarsi in difesa dei Paesi della nuova Alleanza che fossero oggetto di “ricatti energetici ed economici”: una sorta di protezione esplicita del neocolonialismo occidentale.\r\nLa NATO guida il riarmo globale\r\nIl 17 e il 18 gennaio di quest’anno i vertici delle forze armate dell’Alleanza si sono dati appuntamento a Bruxelles per il Military Committee NATO: all’ordine del giorno come accelerare il processo di trasformazione delle strategie e delle “capacità di combattimento” e come garantire l’implementazione immediata dei nuovi “piani di difesa” approvati al summit di Vilnius della scorsa estate. È in atto una spasmodica corsa verso il riarmo globale e la NATO si candida a divenire il motore della ricerca e dello sviluppo delle tecnologie di morte, possibilmente in partnership con le grandi holding del complesso militare-industriale e con un ampio numero di attori della società “civile” (università, centri di ricerca, start up, agenzie spaziali nazionali e internazionali, ecc.).\r\nSecondo dati SIPRI, nel 2022 la spesa bellica USA era più di 10 volte superiore a quella russa; quella della NATO più di 14 volte di quella russa; quella della UE più di 4 volte quella russa; gli Stati Uniti spendevano 3 volte più della Cina; la NATO più di 4 volte della Cina.\r\nLe spese militari nella NATO e nella UE avevano iniziato a crescere ben prima del 2022.\r\nLa guerra in Ucraina ha dato modo di giustificare un ulteriore balzo in avanti.\r\nConsiderando anche i Partner della NATO, la spesa militare di questa coalizione nel 2022 era il 74% della spesa militare Mondiale, mentre quella della Russia è il 4% e quella della Cina il 13%.\r\nI Paesi NATO, nel 2022 erano responsabili del 73% del mercato mondiale delle armi, seguiti dalla Russia al 16% e dalla Cina al 5%.\r\nNel 2022 la spesa per le armi nucleari era complessivamente di quasi 80 miliardi di euro, ma gli USA spendono 4,5 volte più di quanto spende la Russia.\r\nI Concetti strategici NATO fin dal 1950 prevedono l’uso di armi nucleari in caso di necessità.\r\nL’ultimo, del 2022, descrive la situazione attuale come di “Nuova competizione strategica” e definisce la Russia un nemico e la Cina un avversario incombente.\r\nBasi di Ghedi ed Aviano a novembre 2023 sono state coinvolte nelle esercitazioni NATO di guerra nucleare. Piloti italiani, su cacciabombardieri italiani, si addestrano a portare bombe nucleari su territori e popolazioni considerate nemiche, rendendosi responsabili di una probabile apocalisse nucleare.\r\nL’esito dello studio degli avvocati di IALANA Italia (marzo 2022) dimostra l’illegalità della presenza sul territorio italiano delle armi nucleari.\r\nLa NATO, che dichiara di esistere per la difesa del sistema di valori diritti e libertà basato sul rispetto delle regole del diritto, è stata la prima a violarlo, ad esempio con i 78 giorni di bombardamenti su Serbia e Montenegro nel 1999, e, con il Nuovo Concetto Strategico dello stesso anno che prevede il superamento dell’art. 5 del suo Trattato istitutivo a favore anche di interventi “fuori area”, di fatto si è autoproclamata poliziotto del mondo, in sostituzione dell’ONU.\r\nLa NATO dal 1991 ha manipolato le risoluzioni ONU, ad esempio quella sulla “Responsabilità di Proteggere” del 2011, attaccando la Libia e assumendo il comando nel 2003 della missione ISAF in Afghanistan.\r\nLa NATO, ai tradizionali tre domini operativi (aria, terra, mare), ha aggiunto quello cibernetico, quello spaziale e quello quello sommerso, per i fondali marini e oceanici ove transitano cavi che permettono il 90% delle transazioni transatlantiche, i tubi per gli approvvigionamenti energetici necessari al sostentamento delle economie delle società europee, e dove si va sviluppando la ricerca scientifica volta al futuro sfruttamento delle risorse minerarie dei fondali oceanici. Punta sul controllo delle nuove Tecnologie Emergenti e Dirompenti (EDTs – Emerging & Disrupting Technologies), dall’Intelligenza Artificiale, alle tecnologie quantistiche e biotecnologie cognitive.\r\nCon la scusa di combattere le fake news (notizie false), la NATO cerca di rafforzare le operazioni di PSYOPS, Psychological Operations, per il controllo dell’informazione.\r\nL’Italia contribuisce significativamente al bilancio dell’Alleanza e alle operazioni della NATO, assumendo ruoli di comando nella conduzione delle operazioni nei Balcani e Medio Oriente; contribuisce e promuove i processi d’innovazione tecnologica dell’Alleanza quale il Defence Innovation Accelerator (DIANA); ospita basi USA e rilevanti Comandi NATO tra cui il Comando delle forze di pronto intervento NATO (NRDC-ITA) di Solbiate Olona.\r\nIl Comando delle forze di pronto intervento NATO di Solbiate Olona\r\nIl 18 gennaio 2024, a conclusione dei lavori del Military Committee, il comandante supremo delle forze alleate in Europa, il generale statunitense Christopher Cavoli, ha dichiarato: “La Forza di Reazione Rapida è capace di effettuare uno spettro completo di missioni e serve da riserva strategica per il dispiegamento in tempi strettissimi. Nell’autunno dello scorso anno, la NRDC-Italy è stata selezionata come quartier generale. Attualmente le sue unità si stanno addestrando in preparazione del nuovo ruolo assegnato”. NRDC-ITA è l’acronimo di NATO Rapid Deployment Corps, il Comando multinazionale delle forze di intervento rapido che ha sede a Solbiate Olona (VA) e di cui fanno parte più di 400 militari provenienti da 18 paesi dell’Alleanza.\r\nll Comando NATO di Solbiate Olona è una delle infrastrutture militari strategiche che più e prima di altre si è “aperta” al territorio, alle aziende produttive e alle scuole di ogni ordine e grado. Le prime “visite” di studenti alla base NRDC-ITA risalgono a quasi vent’anni fa, come documentato dall’ufficio stampa del Rapid Deployable Corps NATO. Da allora le presenze delle istituzioni scolastiche a NRDC-ITA si sono fatte sempre più frequenti. Il Comando si è mostrato attento alla formazione professionale degli studenti delle scuole del territorio. Citiamo solo alcune attività svolte dalle scuole del territorio negli ultimi due anni. A fine luglio 2022, durante l’International Day che «consolida» i legami interculturali tra le nazioni partecipanti al Corpo di Reazione Rapida Nato, l’Istituto «Giovanni Falcone» di Gallarate ha collaborato alla gestione degli stand allestiti in caserma e al servizio catering, mettendo a disposizione una cinquantina di studenti in PCTO. Gli allievi dell’indirizzo enogastronomico dell’Istituto di Gallarate hanno operato presso il Comando NRDC-ITA pure in occasione del Natale dei bambini, l’happening organizzato per i figli del personale delle Forze Armate Nato di Solbiate. Il 27 maggio 2023 in occasione di NRDC ITA No Limits, giornata di sport paralimpico organizzata dal Comando per «sensibilizzare l’opinione pubblica circa le tematiche del mondo della disabilità e, contestualmente, avvicinarla al mondo militare», gli studenti del «Falcone» hanno realizzato la locandina dell’evento e hanno partecipato – con tanto di cappellino “We are Nato” – alle attività gastronomiche ed accoglienza del pubblico e alla realizzazione del servizio fotografico. Il 15 giugno 2023, il generale Giuseppe Scuderi (a capo di NRDC-ITA) ha voluto ringraziare personalmente i ragazzi «distinti nelle attività di beneficenza, solidarietà ed inclusione promosse dal reparto NATO del Ministero della Difesa» nel corso di una cerimonia svoltasi nell’Aula magna dell’Istituto di Gallarate, presenti il Provveditore agli studi e numerosi dirigenti scolastici della provincia di Varese.\r\nSCIOGLIERE LA NATO\r\nCHIUDERE LE BASI USA-NATO\r\nNO ALL’INVIO DI ARMI ALL’UCRAINA E A ISRAELE\r\nNO ALL’OPERAZIONE ASPIDES NEL MAR ROSSO\r\nNO ALLA PROPAGANDA DI GUERRA\r\nNO ALLA CAMPAGNA DI RIARMO, ALL’INDUSTRIA BELLICA E ALL’ECONOMIA DI GUERRA\r\nFERMARE LA MILITARIZZAZIONE DELLE SCUOLE E DELL’UNIVERSITÀ\r\nCONTRO IL DISCIPLINAMENTO SOCIALE FUNZIONALE ALLA GUERRA\r\nCONTRO LA REPRESSIONE DEL DISSENSO, DELLE MANIFESTAZIONI E DELL’AUTORGANIZZAZIONE POPOLARE\r\nCentro di documentazione Abbasso la guerra di Venegono Superiore\r\nAssemblea Popolare di Busto Arsizio\r\nOsservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università di Varese\r\n\r\n\r\n ","2 Aprile 2024","2024-04-02 14:35:52","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/04/Solbiate2-pdf-200x110.jpg","presidio contro la base Nato di Solbiate",1712068552,[135],[140],{"post_content":378},{"matched_tokens":379,"snippet":380,"value":381},[83],"della costituzione del Patto di \u003Cmark>Varsavia\u003C/mark>.\r\nDopo la caduta del Muro","insieme ad Elio del Centro di Documentazione Abbasso la Guerra abbiamo presentato il presidio che si terrà davanti alla base nato di Solbiate (Varese) il 4 aprile.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/04/presidionato.mp3\"][/audio]\r\n\r\nscarica la diretta\r\n4 aprile 1949 – 4 aprile 2024: 75 anni di NATO, 75 anni di guerre\r\nLa NATO è stata creata il 4 aprile del 1949, 6 anni prima della costituzione del Patto di \u003Cmark>Varsavia\u003C/mark>.\r\nDopo la caduta del Muro di Berlino (1989) i leader dei maggiori paesi della NATO avevano promesso a Mosca che l’Alleanza atlantica non sarebbe avanzata verso Est «neppure di un centimetro».\r\nL’espansione della NATO ad Est inizia nel 1999, nonostante che il Patto di \u003Cmark>Varsavia\u003C/mark> e addirittura l’URSS si fossero sciolti nel 1991.\r\nPrima di questa 2^ fase della guerra in Ucraina, nel 2022, i paesi NATO erano 30, dunque erano quasi raddoppiati dal 1999.\r\nOggi i Membri della NATO sono 31, tra poco 32 con l’ingresso della Svezia.\r\nNella prospettiva di trasformazione della NATO in “Alleanza militare del Nuovo Occidente”, si vorrebbe inserire un articolo 5 “economico” da attuarsi in difesa dei Paesi della nuova Alleanza che fossero oggetto di “ricatti energetici ed economici”: una sorta di protezione esplicita del neocolonialismo occidentale.\r\nLa NATO guida il riarmo globale\r\nIl 17 e il 18 gennaio di quest’anno i vertici delle forze armate dell’Alleanza si sono dati appuntamento a Bruxelles per il Military Committee NATO: all’ordine del giorno come accelerare il processo di trasformazione delle strategie e delle “capacità di combattimento” e come garantire l’implementazione immediata dei nuovi “piani di difesa” approvati al summit di Vilnius della scorsa estate. 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\r\n\r\nAndiamo al confine della Polonia dove si ammassano migliaia di profughi ucraini che fuggono dalla guerra ,ne parliamo con Alessandro Ajres ,profondo conoscitore della realtà polacca ,che ci parla dell'ipocrisia del governo di Varsavia ,della solidarietà della società civile ,del fenomeno delle lanterne verdi che esposte alle finestre indicano una casa disposta ad accogliere i rifugiati ,della situazione al confine con la Bielorussia,della situazione politica polacca .\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/03/bastioni-alessandro-polonia.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nInfine torniamo a parlare della Russia e del fronte interno di Mosca con Yuri tornato suo malgrado in Italia ,che ci racconta delle file per ritirare i soldi ,del razionamento dei beni di prima necessità come lo zucchero , delle proteste contro la guerra ,dell'imbarazzo nel gestire le notizie negative che arrivano dal fronte ,dell'isolamento di Putin.\r\n\r\n 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https://www.youtube.com/watch?v=DNc20yNB8nM\r\n \thttps://soundcloud.com/abstractorchestra/sets/madvillain-vol-1\r\n\r\nPillole (la posta del cuore dell'internet)\r\n\r\n \tda internazionale - https://www.internazionale.it/opinione/giovanni-de-mauro/2021/01/07/cose-imparate-2020\r\niniziamo con qualche pillola ripresa dall'editoriale di internazionale, stamattina leggo nell'editoriale che e' morto l'inventore del pixel da poco a 91 anni, dice che si e' sempre pentito di aver fatto i pixel quadrati, definendo la decisione una cosa stupida di cui da allora tutti nel mondo soffrono. Non dice il nome del personaggio ma ci sara' sicuramente una storia affascinante dietro. La seconda pillola da posta del cuore e' che a Varsavia c'e' un impianto idrico, il Gruba Kaska, dove sono presenti otto vongole a cui sono stati collegati altrettanti sensori: l'idea e' che quando le vongole si chiudono l'acqua non e' buona e quindi si interrompe anche la fornitura d'acqua della citta'. sicuramente una soluzione non antispecista ma un modo rapido per evitare di avvelenare milioni di persone.\r\n \tokash - https://restofworld.org/2020/okash-microlending-public-shaming/\r\n\r\nuna app diffusa in kenya che si occupa di prestiti online tra persone, praticamente come funziona, uno ha due spicci sotto il materasso e invece di metterli in banca che poi ci investe armi, li da ad una piattaforma che si occupa di prestarli con un certo interesse e ci fa la cresta. ora fin qui niente di nuovo, okash pero' all'attivazione dell'account, come ogni piattaforma commerciale, chiede di accettare i famosi termini di servizio (i TOS) che tutti accettiamo senza leggere mai, perche' inaccessibili ai piu' e inoltre gia' sappiamo che ci sono scritte le peggio cose li' dentro che ti possono vendere l'anima al diavolo ma tanto non c'e' alternativa quindi uno alla fine dice ok la anima al diavolo la vendo volentieri o anche non volentieri.\r\nPoi pero' succede (e succede con okash) che quando tardi tre giorni nel pagare la rata del prestito, scopri subito i dettagli dei termini di servizio, in particolare qualcuno dei tuoi contatti della rubrica scelto a caso viene informato della situazione e sollecitato per farti sentire una merda e farti pagare. sia via sms che al telefono.\r\nQualcuno nelle review del google play store si lamenta che gli hanno chiamato l'ex o un parente, colleghi di lavoro, insomma non bellissimo, pero' c'e' proprio un paragrafo 8 dei termini di servizio che dice chiaramente \"che usando la app, sei d'accordo che okash chiami i tuoi contatti se smetti di pagare\"\r\n \tUganda - https://www.bbc.com/news/world-africa-55689665\r\nL'interruzione di Internet in Uganda è terminata oggi. Lo riporta la Bbc, specificando che i social media sono tuttavia ancora bloccati e accessibili solo tramite rete virtuale privata (Vpn).\r\nInternet è stato chiuso mercoledì scorso, a poche ore dall'apertura dei seggi elettorali il giorno seguente.\r\nLa decisione dell'ente regolatore delle comunicazioni ugandese è arrivata dopo che Facebook ha sospeso numerosi profili dichiarati \"falsi\" e riconducibili a personalità del governo. Il presidente Yoweri Museveni, riconfermato alla guida dell'Uganda per il sesto mandato consecutivo, ha allora accusato Facebook di arroganza e parzialità, dicendo che nessuno avrebbe potuto decidere cosa fosse buono o cattivo nel Paese. Quindi come riporta la CNN è una lezione per altri paesi autoritari ed una specie di braccio di ferro, le piattaforme hanno il controllo sugli account dei politici, i politici hanno il controllo sul internet di quel paese e quindi sulle piattaforme e gli utenti in generale. Ma è davvero così?\r\n\r\nDi altro un po'\r\n\r\n \tLa pubblica amministrazione e la lista di siti non aggiornati (looks like very impressive)\r\n \tThe Intercept licenzia Laura Poitras dopo le accuse al giornale che ha fondato, le accuse? 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Ciò sarebbe stato facilitato dall’accordo noto come “Safe Harbor”, approvato nel 2000 dalla Commissione UE, che consentiva il libero trasferimento, a certe condizioni, dei dati personali tra UE e USA.\r\nDopo aver deferito la questione alla Corte di giustizia dell’Unione europea, quest’ultima accoglieva le doglianze di Schrems con sentenza C-362/14 del 6 ottobre 2015 (sentenza “Schrems I”), invalidando la decisione 2000/520/CE con cui la Commissione UE aveva giudicato adeguato il livello di protezione assicurato dai Safe Harbor Privacy Principles e rinviando la questione al Garante irlandese per una nuova pronuncia.\r\nCon la sentenza Schrems II del 16 luglio 2020, la Corte di Giustizia Europea dichiara l’illiceità dei trasferimenti di dati negli Stati Uniti. In poche parole, la sentenza dice che si possono trasferire dati in paesi fuori dall’Unione solo e soltanto se quei paesi garantiscono una protezione dei dati equivalente alla nostra (il GDPR). Questo esclude gli Stati Uniti, in quanto alcune loro leggi permettono alle agenzie governative di accedere ai dati senza un mandato del giudice, rendendo la sorveglianza di massa una realtà. Come conseguenza, tutte le soluzioni giuridiche per trasferire dati negli USA sono, ad oggi, illegittime in assenza di misure di garanzia ulteriori. Tra le altre, è stato invalidato il Privacy Shield, ovvero l’accordo che escludeva gli Stati Uniti dal normale trattamento dei dati e che permetteva all’azienda statunitense di Tizio di importare dati senza porsi particolari problemi. Per quanto riguarda le misure di garanzie ulteriori, sono possibili, ma ad oggi è molto complesso, dal punto di vista giuridico, individuare in modo preciso quali siano e, dal punto di vista tecnico, implementarle. Quindi, è bene diffidare di tutti i trasferimenti di dati verso gli USA.\r\nCosa cambia quindi per la scuola italiana? Cambia che – in forza del GDPR – le scuole devono essere in grado di dimostrare la sicurezza dei dati degli studenti e molte big tech (Google in primis, ma anche Microsoft) hanno sede legale e processano dati negli USA, dove è molto difficile, se non impossibile, assicurare un livello di sicurezza equivalente a quello europeo. Nonostante queste aziende abbiano delle sedi anche in paesi come l’Irlanda e i dati vengano inviati in queste ultime, è responsabilità della scuola assicurarsi che queste sedi non li rigirino poi in America. Operazioni simili, per intenderci, non vengono fatte neanche dalle grandi aziende; pensare che una scuola possa farle è oltre i limiti dell’assurdo. Detto in parole povere, le scuole che utilizzano questi strumenti stanno infrangendo la legge. 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alcune formazioni dell'ultra-destra polacca.\r\n\r\n \r\n\r\nL'affermazione al potere del partito nazionalista, xenofobo ed euroscettico Diritto e Giustizia (PIS) di Jaroslaw Kaczynski alle ultime elezioni del 2015 conferma il diffuso sentimento ultra-patriottico che attraversa trasversalmente lo spettro sociale, dal disciplinamento militare nelle scuole all'incremento inquietante delle formazioni paramilitari, alcune recentemente regolamentate dallo Stato.\r\n\r\n \r\n\r\nAlcuni spunti di analisi sulle contraddizioni sociali che attraversano la Polonia del boom economico, meta delle delocalizzazioni delle imprese dei paesi centrali dell'economia europea in cerca dei bassi salari e delle defiscalizzazioni delle Zone economiche speciali, cuore dei flussi logistici fra est ed ovest, e bacino di crescenti disuguaglianze sociali.\r\n\r\n \r\n\r\nAscolta la puntata di Cattivi Pensieri del 14/11/17:\r\n\r\nPrima parte\r\n\r\n[audio 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Da qualche anno grazie ai lavori di alcuni studiosi anche italiani ne sappiamo di più.\r\nAnarres ne ha parlato con David Bernardini, autore di un libro su Rocker e di un altro libro sulle Schiere Nere.\r\nAscolta l'intervista con David:\r\n2016-04-15-res-anar-ger\r\nDi seguito un articolo che ha scritto per Anarres\r\nLa storia della resistenza anarchica tedesca non è molto conosciuta. Cercherò quindi di fornire molto schematicamente un minimo di orientamento all'interno di un argomento così poco trattato.\r\nPer iniziare è necessario forse dire due parole sulla storia del movimento anarchico in Germania. Max Nettlau ha identificato le sue origini in quel Circolo dei Liberi di Berlino che si formò intorno al 1848, di cui faceva parte anche Max Stirner, i fratelli Bauer e altri. Nel corso della seconda metà dell'Ottocento si delinea progressivamente un movimento anarchico che deve però fare i conti con il più forte partito socialdemocratico d'Europa, la SPD. Il piccolo movimento anarchico tedesco vive un eclatante ma effimero boom negli anni immediatamente successivi alla prima guerra mondiale, andando probabilmente incontro ad un diffuso antimilitarismo presente nella popolazione, stremata dal conflitto e dalle sue pesanti conseguenze sociali. L'anarcosindacalista FAUD (Freie Arbeiter Union Deutschlands – Libera Unione dei Lavoratori tedeschi), sorta nel 1919 sulle ceneri di un'organizzazione sindacalista rivoluzionaria del preguerra, arriva a toccare tra il 1921 e il 1922 la notevole cifra di 200.000 attivisti, affermandosi come la principale organizzazione anarchica (ma non l'unica) in Germania. Dal 1923 inizia però una grave fase di decadenza che porta la FAUD nel 1929 a poter contare ancora su solo poche migliaia di attivisti. È in queste condizioni che gli anarchici tedeschi iniziano ad affrontare la sempre più brutale e preoccupante ascesa del Partito nazista di Adolf Hitler.\r\nSimilmente a quella italiana, anche la resistenza anarchica al nazismo è “lunga”. Inizia infatti diversi anni prima dell'ascesa al potere di Hitler, come contrapposizione ad un partito (quello nazista) in lotta per il potere, per proseguire successivamente, allargandosi ben al di fuori dai confini tedeschi.\r\nPrima del regime nazista\r\nGli anarchici si preoccupano presto dell'ascesa del nazismo, tanto che sulla stampa anarchica già sul finire degli anni Venti si possono leggere articoli che avvertono del pericolo nazista. Ma l'antinazismo degli anarchici non si esaurisce nell'attività pubblicistica. Dalle file della FAUD emerge sul finire del 1929 l'esperienza delle Schwarze Scharen (Schiere nere) una delle espressioni più eclatanti e dirompenti dell'antifascismo anarchico degli anni precedenti all'inizio del regime nazista. Le Schiere nere sono una rete di gruppi diffusi in alcune parti della Germania (Alta Slesia, Berlino, Assia, Turingia, Renania Settentrionale-Vestfalia) che praticano l'autodifesa militante in chiave antifascista, riconoscendosi come organizzazione integrativa ma indipendente della FAUD e presentandosi pubblicamente vestiti completamente di nero. Questi gruppi praticano l'antifascismo con la propaganda, anche attraverso giornali come Die proletarische Front di Kassel o Die Schwarze Horde (L'orda nera), e con l'azione militante. Le Schiere nere infatti ingaggiano dove presenti violenti scontri con i nazisti, e in particolare con le SA, anche con armi in pugno (revolver, fucili). La polizia nel maggio 1932 scopre addirittura un deposito clandestino di esplosivi e di armi allestito dalla Schiera nera di Beuthen (oggi in Polonia) in previsione della presa del potere da parte di Hitler. I militanti che animano le Schiere nere, in maggior parte giovani proletari disoccupati, sono pochi, si parla infatti di qualche centinaio di attivisti sparsi in tutta la Germania, ma nelle zone dove sono presenti fanno decisamente sentire il loro peso e cercano di stimolare la costruzione di una sorta di fronte unitario dal basso di tutti gli sfruttati, al di là e al di sopra dei partiti di appartenenza, basato sull'azione diretta antifascista.\r\nDopo il regime nazista dentro e fuori la Germania\r\nLa repressione che si abbatte già a partire dal 1932 sulle Schiere nere e sul movimento anarchico tedesco si intensifica ulteriormente nel 1933, quando Hitler assume il potere. Già nel corso del 1932 infatti la FAUD, riunita in congresso a Erfurt, aveva deciso di prepararsi alla clandestinità.\r\nDa questo momento, schematizzando al massimo si potrebbero identificare grossomodo tre filoni all'interno delle vicende della resistenza anarchica al nazismo.\r\nDentro la Germania (1933-1937/38): poche ore dopo l'incendio del Reichstag (27 febbraio 1933), il poeta anarchico Erich Mühsam viene arrestato (verrà assassinato nel campo di concentramento di Sachsenhausen l'anno successivo), mentre Rudolf Rocker insieme alla sua compagna Milly riesce a rifugiarsi in Svizzera: due importanti esponenti del movimento anarchico tedesco sono così fuori gioco. Dopo un primo momento di sbandamento gli anarchici riescono comunque a organizzare una rete clandestina che può contare anche su alcuni appoggi all'estero (Amsterdam, Spagna). Già nel maggio 1933 vengono diffuse in Germania le prime pubblicazioni anarchiche clandestine. Tra queste è da ricordare Die Soziale Revolution di Lipsia, giornale promosso da Ferdinand Götze che verrà stampato tra il 1933 e il 1935 (otto numeri documentabili), con una diffusione di circa duecento copie a numero. Le attività di resistenza cessano tra il 1937/38 a causa della dura repressione che si abbatte sulle file degli anarchici, repressione che riduce la resistenza ad una dimensione “individuale”, anche se non cessano, per esempio, i sabotaggi nei grandi porti del nord come Amburgo. Tra queste attività di resistenza, certamente di dimensioni veramente ridotte ma comunque importanti e interessanti, mi piace ricordare la figura di Fritz Scherer, già custode del Rifugio Bakunin nel corso degli anni Venti (un rifugio in montagna autocostruito e autogestito dagli anarchici di Meiningen, piccola cittadina della Turingia). Durante il regime nazista Scherer, che in quanto pompiere nella capitale tedesca viene lasciato (più o meno) in pace dalla Gestapo, aiuta come può i suoi compagni in difficoltà e diffonde materiale antifascista e libertario. Inoltre riusce a salvare dalla furia del Terzo Reich e dalle distruzioni della seconda guerra mondiale molti libri e opuscoli anarchici, ricopertinandoli con titoli insospettabili politicamente. Saranno proprio i libri e gli opuscoli custoditi da Scherer ad essere letti e ristampati dalla nuova generazione di attivisti anarchici uscita dall'esperienza del Sessantotto tedesco... .\r\nFuori dalla Germania (1933-1945) in Spagna, Francia, Polonia ecc...: La FAUD sin dai primissimi anni Trenta segue con grande interesse lo sviluppo del movimento operaio spagnolo e della CNT. Nel 1932 alcuni militanti delle Schiere nere braccati dalla polizia si rifugiano non a caso in Spagna. Le file dell'anarchismo tedesco in esilio si ingrossano dall'inizio del 1933, tanto che nel 1934 viene fondato a Barcellona un Gruppe DAS (Gruppo Anarcosindacalisti tedeschi) che si dota anche di un proprio giornale. Il gruppo partecipa ai combattimenti di Barcellona nel luglio 1936, prendendo d'assalto il Club tedesco, un importante punto di riferimento del regime nazista in Catalogna. Attiviste e attivisti anarchici si ritrovano poi in varie esperienze della rivoluzione spagnola. Un Gruppo Erich Mühsam combatte a Huesca, militanti tedeschi prendono parte alla Colonna Durruti e attiviste come Etta Federn partecipano alle Mujeres Libres e alle scuole libertarie. Con la vittoria franchista, gli anarchici tedeschi si disperdono: chi inizia un lungo e doloroso viaggio per i campi di concentramento di mezza Europa (sia quelli allestiti dal governo francese per gli ex combattenti in Spagna, sia ovviamente quelli nazisti), chi prenderà successivamente parte alla resistenza francese, come l'ex membro delle Schiere nere Paul Czakon, o alla resistenza polacca, come Alfons Pilarski, fondatore della prima Schiera nera tedesca (quella di Ratibor), che viene ferito gravemente negli scontri della rivolta di Varsavia nel 1944.\r\nDentro la Germania (fine anni Trenta-1944 circa): quest'ultimo gruppo si tratta del caso di più difficile definizione. Semplificando, si può affermare che ci sono pezzi della gioventù che, pur essendo indottrinata e irregimentata dalle istituzioni del regime nazista come la Gioventù Hitleriana, sul finire degli anni Trenta si ribella al regime stesso, approdando in alcuni casi all'aperta resistenza. Faccio riferimento in particolar modo a quei gruppi usciti da un ambiente tendenzialmente operaio come gli Edelweisspiraten (Pirati della stella alpina) della Germania occidentale (specialmente, in città come Colonia, Wuppertal, Essen, Francoforte ecc) e i Meuten (Orde) di Lipsia. All'interno di questi gruppi giovanili c'era una presenza anarchica: il gruppo degli Edelweisspiraten di Wuppertal per esempio contava tra i propri membri un ex membro delle Schiere nere come Hans Schmitz (il quale narrerà le sue esperienze nel libriccino “Umsonst is dat nie”) così come anche nelle Meuten è stata recentemente rilevata una presenza libertaria (prima il gruppo era descritto come di tendenza comunista), tra cui Irma Götze, sorella di Ferdinand, che poi andrà in Spagna.\r\nPer approfondire\r\nIn italiano ci sono a mia conoscenza due libri sulla resistenza anarchica tedesca:\r\n\r\n\r\n\t\r\nAA.VV., Piegarsi vuol dire mentire. Germania: la resistenza libertaria al nazismo nella Ruhr e in Renania 1933-1945), Zero in Condotta, Milano, 2005.\r\n\r\n\t\r\nLeonhard Schäfer, Contro Hitler. Gli anarchici e la resistenza tedesca dimenticata, Zero in Condotta, Milano, 2015.\r\n\r\n\r\nA questi mi permetto di aggiungere il mio Il barometro segna tempesta. Le Schiere nere contro il nazismo, La Fiaccola, Ragusa, 2014 (in un certo senso anticipato da un articolo uscito sulle pagine di “A” rivista un anno prima, nel n. 382). Sugli Edelweisspiraten ho scritto su “A” rivista anarchica (n. 385) un breve articolo in cui si può trovare una piccola bibliografia in merito. Esistono inoltre alcuni contributi su alcune figure della resistenza anarchica al nazismo pubblicati sul Bollettino dell'Archivio Pinelli (consultabile anche online sul sito centrostudilibertari.it) come Kurt Wafner (n. 32), Heinrich Friedetzky (n. 16), Alfons Pilarski (n. 44) e Fritz Scherer (n. 45). Altri profili biografici sull'argomento si possono trovare narrati nel numero di aprile di “A” rivista di quest'anno.\r\nPer chi masticasse il tedesco la letteratura è più vasta. Mi sembrano importanti per una prima introduzione il saggio di Andreas Graf e Dieter Nelles contenuto nel libro di Rudolf Benner Die unsichtbare Front. Bericht über die illegale Arbeit in Deutschland (1937) della Libertad Verlag cosi come il libro Anarchisten gegen Hitler. Anarchisten, Anarcho-Syndikalisten, Rätekommunisten in Widerstand und Exil della Lukas Verlag. Si tratta di contributi che presentano anche le questioni aperte, le problematiche della storiografia sull'argomento ecc. Ricchi di numerose informazioni (pur con qualche disattenzione) sono i due libri di Helge Döhring sulle Schwarze Scharen e sulla resistenza anarcosindacalista al regime nazista. Döhring è tra l'altro tra i promotori dell'Institut für Syndikalismusforschung, dove si possono reperire molte informazioni anche sull'argomento qui trattato e diverse bibliografie ragionate. Diverso materiale online (purtroppo sempre in lingua tedesca) si trova anche sul portale anarchismus.at, qualcosa in inglese è invece reperibile (se non ricordo male) sul sito libcom.org. Tra le pubblicazioni più recenti segnalo un libro che tratta dell'impegno degli anarchici tedeschi durante la guerra civile spagnola che mi pare decisamente ben fatto. Si tratta di Deutsche AnarchistInnen in Barcellona 1933-1939. Die Gruppe «Deutsche Anarchosyndikalisten» (DAS) di Dieter Nelles, Ulrich Linse, Harald Piotrowki e Carlos Garcia pubblicato nel 2013 per la casa editrice Graswurzelrevolution (si tratta di una rivista su cui sono apparsi contributi anche sull'argomento qui trattato). 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Da qualche anno grazie ai lavori di alcuni studiosi anche italiani ne sappiamo di più.\r\nAnarres ne ha parlato con David Bernardini, autore di un libro su Rocker e di un altro libro sulle Schiere Nere.\r\nAscolta l'intervista con David:\r\n2016-04-15-res-anar-ger\r\nDi seguito un articolo che ha scritto per Anarres\r\nLa storia della resistenza anarchica tedesca non è molto conosciuta. Cercherò quindi di fornire molto schematicamente un minimo di orientamento all'interno di un argomento così poco trattato.\r\nPer iniziare è necessario forse dire due parole sulla storia del movimento anarchico in Germania. Max Nettlau ha identificato le sue origini in quel Circolo dei Liberi di Berlino che si formò intorno al 1848, di cui faceva parte anche Max Stirner, i fratelli Bauer e altri. Nel corso della seconda metà dell'Ottocento si delinea progressivamente un movimento anarchico che deve però fare i conti con il più forte partito socialdemocratico d'Europa, la SPD. Il piccolo movimento anarchico tedesco vive un eclatante ma effimero boom negli anni immediatamente successivi alla prima guerra mondiale, andando probabilmente incontro ad un diffuso antimilitarismo presente nella popolazione, stremata dal conflitto e dalle sue pesanti conseguenze sociali. L'anarcosindacalista FAUD (Freie Arbeiter Union Deutschlands – Libera Unione dei Lavoratori tedeschi), sorta nel 1919 sulle ceneri di un'organizzazione sindacalista rivoluzionaria del preguerra, arriva a toccare tra il 1921 e il 1922 la notevole cifra di 200.000 attivisti, affermandosi come la principale organizzazione anarchica (ma non l'unica) in Germania. Dal 1923 inizia però una grave fase di decadenza che porta la FAUD nel 1929 a poter contare ancora su solo poche migliaia di attivisti. È in queste condizioni che gli anarchici tedeschi iniziano ad affrontare la sempre più brutale e preoccupante ascesa del Partito nazista di Adolf Hitler.\r\nSimilmente a quella italiana, anche la resistenza anarchica al nazismo è “lunga”. Inizia infatti diversi anni prima dell'ascesa al potere di Hitler, come contrapposizione ad un partito (quello nazista) in lotta per il potere, per proseguire successivamente, allargandosi ben al di fuori dai confini tedeschi.\r\nPrima del regime nazista\r\nGli anarchici si preoccupano presto dell'ascesa del nazismo, tanto che sulla stampa anarchica già sul finire degli anni Venti si possono leggere articoli che avvertono del pericolo nazista. Ma l'antinazismo degli anarchici non si esaurisce nell'attività pubblicistica. Dalle file della FAUD emerge sul finire del 1929 l'esperienza delle Schwarze Scharen (Schiere nere) una delle espressioni più eclatanti e dirompenti dell'antifascismo anarchico degli anni precedenti all'inizio del regime nazista. Le Schiere nere sono una rete di gruppi diffusi in alcune parti della Germania (Alta Slesia, Berlino, Assia, Turingia, Renania Settentrionale-Vestfalia) che praticano l'autodifesa militante in chiave antifascista, riconoscendosi come organizzazione integrativa ma indipendente della FAUD e presentandosi pubblicamente vestiti completamente di nero. Questi gruppi praticano l'antifascismo con la propaganda, anche attraverso giornali come Die proletarische Front di Kassel o Die Schwarze Horde (L'orda nera), e con l'azione militante. Le Schiere nere infatti ingaggiano dove presenti violenti scontri con i nazisti, e in particolare con le SA, anche con armi in pugno (revolver, fucili). La polizia nel maggio 1932 scopre addirittura un deposito clandestino di esplosivi e di armi allestito dalla Schiera nera di Beuthen (oggi in Polonia) in previsione della presa del potere da parte di Hitler. I militanti che animano le Schiere nere, in maggior parte giovani proletari disoccupati, sono pochi, si parla infatti di qualche centinaio di attivisti sparsi in tutta la Germania, ma nelle zone dove sono presenti fanno decisamente sentire il loro peso e cercano di stimolare la costruzione di una sorta di fronte unitario dal basso di tutti gli sfruttati, al di là e al di sopra dei partiti di appartenenza, basato sull'azione diretta antifascista.\r\nDopo il regime nazista dentro e fuori la Germania\r\nLa repressione che si abbatte già a partire dal 1932 sulle Schiere nere e sul movimento anarchico tedesco si intensifica ulteriormente nel 1933, quando Hitler assume il potere. Già nel corso del 1932 infatti la FAUD, riunita in congresso a Erfurt, aveva deciso di prepararsi alla clandestinità.\r\nDa questo momento, schematizzando al massimo si potrebbero identificare grossomodo tre filoni all'interno delle vicende della resistenza anarchica al nazismo.\r\nDentro la Germania (1933-1937/38): poche ore dopo l'incendio del Reichstag (27 febbraio 1933), il poeta anarchico Erich Mühsam viene arrestato (verrà assassinato nel campo di concentramento di Sachsenhausen l'anno successivo), mentre Rudolf Rocker insieme alla sua compagna Milly riesce a rifugiarsi in Svizzera: due importanti esponenti del movimento anarchico tedesco sono così fuori gioco. Dopo un primo momento di sbandamento gli anarchici riescono comunque a organizzare una rete clandestina che può contare anche su alcuni appoggi all'estero (Amsterdam, Spagna). Già nel maggio 1933 vengono diffuse in Germania le prime pubblicazioni anarchiche clandestine. Tra queste è da ricordare Die Soziale Revolution di Lipsia, giornale promosso da Ferdinand Götze che verrà stampato tra il 1933 e il 1935 (otto numeri documentabili), con una diffusione di circa duecento copie a numero. Le attività di resistenza cessano tra il 1937/38 a causa della dura repressione che si abbatte sulle file degli anarchici, repressione che riduce la resistenza ad una dimensione “individuale”, anche se non cessano, per esempio, i sabotaggi nei grandi porti del nord come Amburgo. Tra queste attività di resistenza, certamente di dimensioni veramente ridotte ma comunque importanti e interessanti, mi piace ricordare la figura di Fritz Scherer, già custode del Rifugio Bakunin nel corso degli anni Venti (un rifugio in montagna autocostruito e autogestito dagli anarchici di Meiningen, piccola cittadina della Turingia). Durante il regime nazista Scherer, che in quanto pompiere nella capitale tedesca viene lasciato (più o meno) in pace dalla Gestapo, aiuta come può i suoi compagni in difficoltà e diffonde materiale antifascista e libertario. Inoltre riusce a salvare dalla furia del Terzo Reich e dalle distruzioni della seconda guerra mondiale molti libri e opuscoli anarchici, ricopertinandoli con titoli insospettabili politicamente. Saranno proprio i libri e gli opuscoli custoditi da Scherer ad essere letti e ristampati dalla nuova generazione di attivisti anarchici uscita dall'esperienza del Sessantotto tedesco... .\r\nFuori dalla Germania (1933-1945) in Spagna, Francia, Polonia ecc...: La FAUD sin dai primissimi anni Trenta segue con grande interesse lo sviluppo del movimento operaio spagnolo e della CNT. Nel 1932 alcuni militanti delle Schiere nere braccati dalla polizia si rifugiano non a caso in Spagna. Le file dell'anarchismo tedesco in esilio si ingrossano dall'inizio del 1933, tanto che nel 1934 viene fondato a Barcellona un Gruppe DAS (Gruppo Anarcosindacalisti tedeschi) che si dota anche di un proprio giornale. Il gruppo partecipa ai combattimenti di Barcellona nel luglio 1936, prendendo d'assalto il Club tedesco, un importante punto di riferimento del regime nazista in Catalogna. Attiviste e attivisti anarchici si ritrovano poi in varie esperienze della rivoluzione spagnola. Un Gruppo Erich Mühsam combatte a Huesca, militanti tedeschi prendono parte alla Colonna Durruti e attiviste come Etta Federn partecipano alle Mujeres Libres e alle scuole libertarie. Con la vittoria franchista, gli anarchici tedeschi si disperdono: chi inizia un lungo e doloroso viaggio per i campi di concentramento di mezza Europa (sia quelli allestiti dal governo francese per gli ex combattenti in Spagna, sia ovviamente quelli nazisti), chi prenderà successivamente parte alla resistenza francese, come l'ex membro delle Schiere nere Paul Czakon, o alla resistenza polacca, come Alfons Pilarski, fondatore della prima Schiera nera tedesca (quella di Ratibor), che viene ferito gravemente negli scontri della rivolta di \u003Cmark>Varsavia\u003C/mark> nel 1944.\r\nDentro la Germania (fine anni Trenta-1944 circa): quest'ultimo gruppo si tratta del caso di più difficile definizione. Semplificando, si può affermare che ci sono pezzi della gioventù che, pur essendo indottrinata e irregimentata dalle istituzioni del regime nazista come la Gioventù Hitleriana, sul finire degli anni Trenta si ribella al regime stesso, approdando in alcuni casi all'aperta resistenza. Faccio riferimento in particolar modo a quei gruppi usciti da un ambiente tendenzialmente operaio come gli Edelweisspiraten (Pirati della stella alpina) della Germania occidentale (specialmente, in città come Colonia, Wuppertal, Essen, Francoforte ecc) e i Meuten (Orde) di Lipsia. All'interno di questi gruppi giovanili c'era una presenza anarchica: il gruppo degli Edelweisspiraten di Wuppertal per esempio contava tra i propri membri un ex membro delle Schiere nere come Hans Schmitz (il quale narrerà le sue esperienze nel libriccino “Umsonst is dat nie”) così come anche nelle Meuten è stata recentemente rilevata una presenza libertaria (prima il gruppo era descritto come di tendenza comunista), tra cui Irma Götze, sorella di Ferdinand, che poi andrà in Spagna.\r\nPer approfondire\r\nIn italiano ci sono a mia conoscenza due libri sulla resistenza anarchica tedesca:\r\n\r\n\r\n\t\r\nAA.VV., Piegarsi vuol dire mentire. Germania: la resistenza libertaria al nazismo nella Ruhr e in Renania 1933-1945), Zero in Condotta, Milano, 2005.\r\n\r\n\t\r\nLeonhard Schäfer, Contro Hitler. Gli anarchici e la resistenza tedesca dimenticata, Zero in Condotta, Milano, 2015.\r\n\r\n\r\nA questi mi permetto di aggiungere il mio Il barometro segna tempesta. Le Schiere nere contro il nazismo, La Fiaccola, Ragusa, 2014 (in un certo senso anticipato da un articolo uscito sulle pagine di “A” rivista un anno prima, nel n. 382). Sugli Edelweisspiraten ho scritto su “A” rivista anarchica (n. 385) un breve articolo in cui si può trovare una piccola bibliografia in merito. Esistono inoltre alcuni contributi su alcune figure della resistenza anarchica al nazismo pubblicati sul Bollettino dell'Archivio Pinelli (consultabile anche online sul sito centrostudilibertari.it) come Kurt Wafner (n. 32), Heinrich Friedetzky (n. 16), Alfons Pilarski (n. 44) e Fritz Scherer (n. 45). Altri profili biografici sull'argomento si possono trovare narrati nel numero di aprile di “A” rivista di quest'anno.\r\nPer chi masticasse il tedesco la letteratura è più vasta. Mi sembrano importanti per una prima introduzione il saggio di Andreas Graf e Dieter Nelles contenuto nel libro di Rudolf Benner Die unsichtbare Front. Bericht über die illegale Arbeit in Deutschland (1937) della Libertad Verlag cosi come il libro Anarchisten gegen Hitler. Anarchisten, Anarcho-Syndikalisten, Rätekommunisten in Widerstand und Exil della Lukas Verlag. Si tratta di contributi che presentano anche le questioni aperte, le problematiche della storiografia sull'argomento ecc. Ricchi di numerose informazioni (pur con qualche disattenzione) sono i due libri di Helge Döhring sulle Schwarze Scharen e sulla resistenza anarcosindacalista al regime nazista. Döhring è tra l'altro tra i promotori dell'Institut für Syndikalismusforschung, dove si possono reperire molte informazioni anche sull'argomento qui trattato e diverse bibliografie ragionate. Diverso materiale online (purtroppo sempre in lingua tedesca) si trova anche sul portale anarchismus.at, qualcosa in inglese è invece reperibile (se non ricordo male) sul sito libcom.org. Tra le pubblicazioni più recenti segnalo un libro che tratta dell'impegno degli anarchici tedeschi durante la guerra civile spagnola che mi pare decisamente ben fatto. Si tratta di Deutsche AnarchistInnen in Barcellona 1933-1939. Die Gruppe «Deutsche Anarchosyndikalisten» (DAS) di Dieter Nelles, Ulrich Linse, Harald Piotrowki e Carlos Garcia pubblicato nel 2013 per la casa editrice Graswurzelrevolution (si tratta di una rivista su cui sono apparsi contributi anche sull'argomento qui trattato). Di questo libro so che esiste una versione in spagnolo, anche se non ho mai avuto l'occasione di averla in mano.",[496],{"field":114,"matched_tokens":497,"snippet":493,"value":494},[83],{"best_field_score":153,"best_field_weight":154,"fields_matched":24,"num_tokens_dropped":48,"score":155,"tokens_matched":24,"typo_prefix_score":48},6637,{"collection_name":346,"first_q":79,"per_page":293,"q":79},["Reactive",502],{},["Set"],["ShallowReactive",505],{"$fbAxCaxovUWuusFtLxrIZ3vlAlwSSEnhLC_bckcH72gg":-1,"$f1ascZIZ-o_J3MiG_Crz9y1KJrsXRQJ04HmOtkPHacss":-1},true,"/search?query=varsavia"]