Patrice Lumumba e la lotta anticoloniale in Congo
Scritto dadjsu 12 Novembre 2013
Prendendo spunto da un’iniziativa tenutasi l’8 novembre in via Saluzzo a Torino, domenica 10 novembre negli studi di Radio Blackout approfondimento sulla situazione nella Repubblica Democratica del Congo, dopo la recente resa del movimento ribelle M23 nelle regioni orientali ricchissime di risorse minerarie.
Abbiamo soprattutto ricordato la figura di Patrice Lumumba, primo presidente del Congo indipendente nel 1960, assassinato dopo pochi mesi di mandato (17 gennaio 1961) da un colpo di stato sostenuto dal Belgio.
Ecco la lettera scritta da Lumumba alla compagna poco prima di morire, un testamento di una vita spesa nella lotta di liberazione dell’Africa dallo sfruttamento neocoloniale:
Mia cara compagna,
ti scrivo queste parole senza sapere quando ti arriveranno e se saro’ ancora in vita allorché le leggerai.
Durante tutta la mia lotta per l’indipendenza del nostro paese, non ho mai dubitato un istante del trionfo finale della causa sacra cui i miei compagni ed io abbiamo dedicato tutta la nostra vita. Ma ciò che noi volevamo per il nostro paese, il suo diritto a una vita onorevole, a una dignità senza macchia, a una indipendenza senza restrizioni, il colonialismo belga e i suoi alleati occidentali, che hanno trovato appoggio diretto e indiretto, dichiarato e non dichiarato, presso alcuni funzionari delle Nazioni unite- questo Organismo in cui abbiamo riposto tutta la nostra fiducia, quando abbiamo fatto appello alla sua assistenza-non l’hanno mai voluto.
Essi hanno corrotto alcuni nostri compatrioti, ne hanno comprato altri, hanno contributo a deformare la verità e ad insozzare la nostra indipendenza. Che altro potrei dire? Che morto, vivo, libero o in prigione per ordine dei colonialisti, non è la mia persona che conta, ma è il Congo, è il nostro povero Popolo di cui hanno trasformato l’indipendenza in una gabbia, dove ci si guarda dal di fuori, ora con una certa benevola compassione, ora con gioia e piacere. Ma la mia fede resterà incrollabile.
Io so e sento dal fondo di me stesso che, presto o tardi, il mio popolo si sbarazzerà di tutti i suoi nemici interni ed esterni, che si leverà come un sol uomo, per dire no al colonialismo degradante e vergognoso, e per riacquistare la propria dignità sotto un sole puro.
Non siamo soli. L’Africa, l’Asia e i popoli liberi e liberati di tutti gli angoli del mondo si troveranno sempre a fianco dei milioni di congolesi che non cesseranno la lotta se non il giorno in cui non ci saranno più colonizzatori né mercenari nel nostro paese.
Ai miei figli, che lascio per non vederli forse mai piu’, voglio si dica che l’avvenire del Congo è bello, e che esso attende da loro, come da ogni congolese, l’adempimento del compito sacro della ricostruzione della nostra indipendenza e della nostra sovranità; poiché senza dignità non vi è libertà, senza giustizia non vi è dignità e senza l’indipendenza non vi sono uomini liberi.
Le brutalità, le sevizie, le torture non mi hanno mai indotto a chiedere la grazia, perché preferisco morire a testa alta, con la fede incrollabile e la fiducia profonda nel destino del nostro paese, piuttosto che vivere nella sottomissione e nel disprezzo dei principi che mi sono sacri.
La storia dirà un giorno la sua parola, ma non sarà la storia che si insegnerà a Bruxelles, a Parigi, a Washington o alle Nazioni unite: sarà quella che si insegnerà nei paesi affrancati dal colonialismo e dai suoi fantocci. L’Africa scriverà la propria storia e sarà, a nord e a sud del Sahara, una storia di gloria e di dignità.
Non piangermi compagna mia. Io so che il mio paese, che soffre tanto, saprà difendere la sua indipendenza e la sua libertà.
Viva il Congo
Viva l’Africa!
Ascolta la trasmissione andata in onda domenica: