Burkina: Kaboré presidente, una transizione nella tradizione

Scritto dasu 4 Dicembre 2015

Con le elezioni democratiche di domenica scorsa, vinte con il 53 per cento dei voti da Roch Kaboré (il cui partito MPP ha ottenuto la maggioranza relativa all’Assemblea nazionale), controversa figura presente al potere in ogni stagione successiva alla rivoluzione di Sankara, la transizione del paese verso un’epoca in grado di superare i quasi 30 anni di regime di Compaoré si ammanta di aspetti compromissori e difficilmente controllabili dai cittadini del giovane stato che comunque, dopo l’esperienza rivoluzionaria di Thomas Sankara degli anni ’80, si mantiene anomalo rispetto al rapporto con le potenze coloniali e allo sfruttamento da parte occidentale, anche grazie all’assenza di risorse appetibili.

Le elezioni hanno visto una partecipazione ampia, con molti candidati alla presidenza (nonostante sia già stato un successo il fatto che molti più compromessi con il regime di Compaoré siano stati esclusi), mentre l’astensione è stata del 40%; il partito dei “sankaristi” ha ottenuto un suffragio inferiore rispetto alle aspettative perché una parte dell’elettorato del movimento Le Balai Citoyen (letteralmente “la scopa cittadina”), protagonista della rivolta che l’anno scorso ha cacciato Compaorè, ha riversato i voti sull’UPC di Zephirin Diabré, giunto secondo, giudicato più “controllabile” di Kaboré, per quanto proveniente da società petrolifere e di dottrina neoliberista. Il Balai Citoyen per questa campagna elettorale è stato “sostenuto” da varie ong e ambasciate per una campagna di senibilizzazione sull’importanza di votare. Probabilmente sono stati pagati per crearlo, per passare messaggi “progressisti” di stampo occidentale.

Anche se per limitare il clientelismo i gadget erano stati vietati, la compravendita dei voti basata su regali e promesse ha avuto sempre buon gioco (come dappertutto del resto..) e i politici di lungo corso come Kaboré hanno potuto scorrazzare come preferivano ad accaparrarsi voti, forti della ricchezza dei loro comitati elettorali.

Sentiamo il commento di Francesca, per quanto siamo riusciti a mantenere la linea con Ouagadougu
Unknown

 

Altre note a margine della diretta.

La popolazione che si è mobilitata aspetta segnali chiari e precisi di rottura con il passato, visto che vengono da 27 anni di dittatura di Blaise Compaoré e questo non può cancellare tutte le complicità. Roch è figlio del primo direttore della banca dell’Africa Occidentale e lui stesso era direttore di banca a 27 anni, capo del partito fino al 2012. Insomma uno che non ha mai tenuto una zappa in mano e in un paese composto all’80% da contadini è un paradosso. Il vero problema è Salif Diallo, arrivato secondo nelle competizione elettorale (il terzo è Simon Compaore, sindaco di Ouaga per 15 anni, accusato di corruzione che anche senza atti giudiziari è un dato di fatto palesato dallo stato della città). Salif è stato il gemello politico di Blaise, era lui che coordinava tutte le azioni repressive, presidiava le sessioni di tortura, soprattutto contro gli studenti. Salif è stato il ministro dell’agricoltura che ha fatto accordi segreti con Monsanto per introdurre cotone Ogm e che poi ha ricattato i contadini perché lo coltivassero (producendo molti suicidi tra coloro che dopo un raccolto scarso o dopo la siccità, non avevano i soldi per ricomprare altro cotone ogm dalla Monsanto stessa). Troppo pericoloso anche per Blaise che per lberarsene negli utlimi anni l’aveva “esiliato” a fare l’ambasciatore in Austria. In conflitto perenne con il fratello di Blaise, François, che viene accusato anche dai simpatizzanti di Blaise di averlo mandato alla rovina con i suoi consigli (ricopriva l’incarico ufficiale di consigliere speciale del presidente: nella sua megavilla, bruciata durante l’insurrezione dell’anno scorso sono stati ritrovati vari dossier compromettenti. Lui è il mandante dell’assassinio di Norbert Zongo). ll vero problema sarà se cambiano il capo di stato maggiore, rioccupando i centri di potere militare.

Ouaga è un villaggio dove tutti conoscono tutti, si sanno cose, ma le relazioni intepersonali hanno spesso la meglio; perciò Kabore è stato votato da buona parte di quelli che portano il suo stesso cognome: “è uno di famiglia” (è il terzo cognome per diffusione in Burkina), Salif ha elargito talmente tanti soldi negli anni e ha aiutato vicini, amici dei vicini, famiglie al villaggio, che alla fine “sì, si comporta male ma non posso non votarlo”.

Tutto il mondo è paese… ne riparleremo presto di questo piccolo stato del Sahel.


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