Confini, migrazioni, crisi: ritorno alla politicità

Scritto dasu 15 Aprile 2016

Giovedì 14 aprile si è tenuto presso la radio un partecipato incontro con alcun* compagn* del Trentino in vista della manifestazione del 7 maggio al Brennero, dove le ruspe austriache sono alacremente al lavoro per ricostruire l’antica frontiera.  Esercito e filo spinato sono presentati ancora una volta quale “soluzione tecnica” per contenere e rinchiudere i poveri, il cui esodo è il risultato di guerre, devastazione ambientale, miseria. Prendendo spunto da quanto si è discusso durante l’incontro, abbiamo provato ad allargare lo sguardo per analizzare la proliferazione e riconfigurazione dei confini interni ed esterni all’area Schengen nel contesto dell’attuale governance della “crisi”.

Dietro ad una coltre ideologica che si nutre di un linguaggio tecnico e scorporato, si nasconde la costante (ri)produzione di differenze spazializzate funzionali alle logiche del capitale: “questi processi di subordinazione delle mobilità umane ai poteri sovrani degli stati ed ai regimi di confine sono fondamentalmente implicati nella più larga produzione di differenze spazializzate (…). I confini servono efficacemente e prevedibilmente come filtri per lo scambio iniquo di diverse forme di valore” (De Genova 2016). Tuttavia, le forme di cattura che si dispiegano attraverso i confini di fatto non fanno altro che inseguire la forza dirompente ed eccedente dei movimenti messi in atto dai corpi in movimento. Lungi dall’essere passivi, meri oggetti dello sguardo vittimizzante e depoliticizzante di istituzioni e media, i soggetti in movimento mettono quotidianamente in atto pratiche conflittuali in grado di rompere, precedere ed eccedere le capacità di controllo, confinamento e repressione delle autorità di confine. Emerge così la profonda politicità della condizione migrante, con cui tutt* siamo interpellat* a confrontarci. Di tutto questo abbiamo discusso con Federico Rahola, docente di sociologia presso l’Università di Genova:

Migranti

Dalla teoria alla pratica immediata: in attesa della manifestazione annunciata per il 15 maggio a Niscemi contro il Muos, in questi giorni si sono già tenuti presidi in zona in occasione dell’arrivo della carovana dei migranti partita da Torino il 2 aprile che – dopo dieci tappe lungo la penisola – va a concludersi domenica 17 aprile a Catania con un incontro inteetnico davanti al C.a.r.a. di Mineo. Il finesettimana della rete antirazzista catanese è organizzato in questa data per il primo anniversario del naufragio più grave del Mediterraneo in questi anni di stragi di migranti (il conteggio dei dispersi non è mai stato precisato e rimane sospeso ancora adesso tra i 700 e i 900 persone scomparse) e si è chiamato questo appuntamento contro quel Frontex che la Commissione europea vorrebbe addirittura potenziare, nonostante sia un carrozzone costoso, dannoso e già nei suoi principi sbagliato, ingiusto, repressivo… La richiesta della mobilitazione è di smantellare tutti i Cie – quelli non ancora chiusi dall’interno dalle rivolte dei detenuti) e tutti gli hotspot o C.a.r.a. e le galere in cui si vogliono contenere i legittimi desideri di sottrarsi alla distruzione della guerra coloniale e della miseria derivante dal saccheggio occidentale.

Abbiamo interpellato Alfonso della rete antirazzista catanese

no frontex

In contemporanea alla due giorni siciliana sono previsti vari presidi, tra cui anche a Torino in piazza Castello e a Napoli contro tutti i muri eretti dagli stati, che con le barriere di filo spinato e schierando carri armati e militari a protezione dei confini hanno resol’Europa una fortezza impenetrabile per migliaia di immigrati, lasciati in condizioni disumane in quei veri e propri lager che sono i campi profughi.


Radio Blackout 105.25

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