Melilla: un sistema concentrazionario di contenzione e razzismo
Scritto dainfosu 17 Giugno 2016
Nell’enclave spagnola in territorio africano si concentrano diverse forme di razzismo: quello sottile che demanda ad altri il contenimento dei flussi migratori e quello espresso dalla società e dagli apparati repressivi degli stati pagati dagli europei per impedire l’ingresso all’interno della Fortezza. Quello marocchino è un razzismo particolarmente feroce, smaccato, senza veli, che si manifesta nei confronti degli africani alla ricerca di un passaggio a nordovest verso l’Europa, nascosti sui monti attorno alla città in attesa di riuscire a passare in territorio europeo, dove li attende un periodo più o meno lungo (in base alla corruzione e alle risorse che si sono preservate dal lungo viaggio) di detenzione nel Cie prospiciente le enormi reti da saltare.
Ma poi c’è un mondo nel sottobosco di Melilla, dove possono transitare gli autoctoni marocchini senza poter migrare e in attesa anche loro di affrancarsi dalla miseria, entrando in Europa: una stratificazione gerarchica di livelli di cittadinanza e di documenti graduata sul colore della pelle e sui denari a disposizione per salvarsi da lunghi soggiorni dietro alle sbarre. Tutot questo è palpabile nel film di Lea Lazic, Mattia Carraro e Otto Reuschel, che abbiamo sentito stamani per parlare di come hanno potuto realizzare il film senza avere i permessi in territorio marocchino, riuscendo a documentare le condizioni di sopravvivenza in montagna, intervistando un taxista marocchino e accattivandosi la fiducia dei ragazzi disponibili a narrarsi. Un lavoro che riesce a denunciare anche i meccanismi del sistema che stritola queste esistenze, sbarrando ogni ingresso, attraverso file innumerevoli di confini: la prima quelal dei poliziotti marocchini, la seconda quella della Guardia Civil, entrambe assassine, seguite dalle reti e poi dal Cie: una corsa a ostacoli estenuante volta a filtrare e consentire ingressi con il contagocce a fronte di decine di migliaia di migranti chepremono ai confini
Ma sentite Otto, in grado a parole di documentare quello che ha visto con la stessa efficacia delle immagini che costituiscono il film http://www.manana-inshallah.net/it/