Tassisti in rivolta: oltre la difesa dello status quo
Scritto dainfosu 23 Febbraio 2017
La rivolta dei tassisti romani nella narrazione massmediatica viene rovesciata nel suo contrario. O meglio se ne sottolinea spesso e volentieri il carattere di difesa di antichi privilegi di corporazione, di clientela, dimenticandosi che nella sostanza cerca di essere il freno al consolidarsi di interessi e privilegi ben più sostanziosi e di tutt’atra scala che è il tratto distintivo più netto della lunga stagione neoliberale. Come molti commentatori hanno sottolineato le manifestazioni molto rumorose e arrabbiate dei giorni scorsi erano sì il culmine delle giornate di sciopero indette dai tassisti ma sono state anche il punto di raccordo con altre categorie scontente, in particolare gli ambulanti in rivolta da tempo contro la direttiva europea nota come Bolkenstein e i gestori di stabilimenti balneari. Proprio in questo punto di raccordo sta quanto ci sta a cuore di questa protesta che cerca, da un punto di vista strettamente egoistico, a mettere in discussione la cosiddetta politica delle “liberalizzazioni” che poi sul mercato non vuol dire altro che accaparramento da parte di grossi gruppi multinazionali, di quote crescenti di profitto (e reddito) che nei decenni passati restavano in tasca alle famiglie italiane. L’orizzonte cui i tassisti guardano è quello dei loro colleghi statunitensi, spesso immigrati ipersfruttati che non hanno che la proprio auto (in cui a volte dormono anche). E’ limitato, e spesso fa il gioco degli alfieri del nuovismo, raccontare questo tipo di malcontento in relazione all’ascesa di Uber, per quanto ben sappiamo che dietro queste piattaforme digitali si nascondano nuove aziende dal carattere puramente estrattivo capaci di minimizzare i costi grazie alla digitalizzazione e di massimizzare contemporaneamente i processi di sfruttamento del lavoro.
Ci siamo fatti raccontare quello che è successo a Roma da Alessia, redattrice di Radio Onda Rossa, che ha realizzato in quei giorni numerose interviste tra i tassisti romani, tra componenti esplicitamente fasciste e componenti più genuine, tra vecchi mestieranti e giovani che hanno comprato recentemente le licenze magari anche accendendo un mutuo.