Dopo Afrin, il sultano punta a Mambij e Kobane

Scritto dasu 20 Marzo 2018

Afrin è stata occupata dalle truppe turche e dalle milizie islamiste – varie formazioni salafite riunite sotto il nome di “Esercito Libero”. La più nota è Jabhat Al-Nusra, la branca siriana di Al Qaeda.
La popolazione dopo 55 giorni sotto le bombe è stata costretta ad abbandonare la città.
Gli invasori hanno tagliato l’acqua, l’elettricità, distrutto gli ospedali, per obbligare la popolazione curdofona ad andare in esilio.
Erdogan già annuncia il ritorno in Siria di profughi arabi e di curdi jihadisti per sostituire la popolazione messa in fuga con il terrore.
Il tributo di sangue per la difesa di questa enclave dove si sperimentavano relazioni politiche e sociali anticapitaliste, femministe ed ecologiste è stato altissimo.
Afrin non è tuttavia ancora pacificata, perché continuano le azioni di guerriglia delle milizie YPG e YPJ e SDF.
Erdogan annuncia l’intenzione di attaccare Kobane, Mambij e tirare dritto sino al Kurdistan iracheno.
La prossima settimana si incontreranno ad Ankara i rappresentanti di Russia, Iran e Turchia: il futuro della Siria dipenderà anche dagli accordi che verranno stipulati, tra (ex) nemici.
Il quadro delle prossime settimane e mesi si chiarirà quando gli Stati Uniti scopriranno le loro carte. Manterranno gli impegni presi con i curdi siriani, il cui contributo alla sconfitta dell’Isis è stato decisivo in molte battaglie, prima tra tutte quella di Raqqa, o lasceranno mano libera all’ingombrante alleato turco?

Ne abbiamo parlato con Alberto Negri, collaboratore dell’Espresso e analista geopolitico per l’ISPI.

Ascolta la diretta:

2018 03 20 negri afrin siria geopol


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