Ogm innocui: si riparte da zero? No, da 2.0
L’istituto superiore Sant’Anna ha recentemente divulgato i risultati di uno studio ventennale sugli effetti del consumo di prodotti OGM sulla salute umana, decretandone la perfetta compatibilità. Non è un caso che queste dichiarazioni arrivino da quell’istituto e in questo determinato periodo storico: il Sant’Anna è all’avanguardia nella ricerca sulle nanotecnologie, biotecnologie e ingegneria genetica soprattutto nel campo militare, per cui si tratta di una fonte assolutamente non neutrale che, guarda caso, fornisce i suoi dati proprio ora che si inizia il dibattito sulla regolamentazione o meno in Europa dei nuovi OGM, ossia gli NBTs.
I semi NBT (New Breeding Techniques) nascono in laboratorio attraverso le nuove tecniche di manipolazione genetica come il Genome Editing che permette di modificare, attraverso un processo di “taglia e cuci”, il DNA dell’individuo, anche senza aggiungere caratteristiche genetiche esterne (come invece avviene per i classici OGM). Queste manipolazioni permettono di estirpare dalla sequenza genetica quelle caratteristiche sconvenienti per la vendita e la produzione.
Le aziende che fanno ricerca e che producono queste nuove semenze cercano, attraverso campagne d’informazione, di tranquillizzare preventivamente gli agricoltori e consumatori per evitare le mobilitazioni che hanno tentato di ostacolare l’introduzione degli OGM, paventandone una produzione più sostenibile ed eticamente accettabile, senza fare alcun accenno alla perdita di biodiversità, al monopolio delle sementi, alla standardizzazione del mondo vegetale, eccetera.
In Italia, uno dei promotori di questi semi è il CREA (consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria) che propaganda queste nuove tecniche attraverso laboratori e conferenze anche nelle reti di agricoltori indipendenti e realtà rurali, com’è successo a Cascina Roccafranca per l’evento “Una Babele di Semi” che nasce con l’intento di libero scambio di semi, ma che quest’anno ha avuto come relatori due ricercatrici del CREA ed un professore universitario di Torino, che hanno avuto la possibilità di decantare i vantaggi dei sementi NBT e della sinergia tra laboratorio e campi, proprio laddove si cerca di costruire l’autodeterminazione e l’indipendenza contadina all’infuori delle logiche del dominio.
Ormai la genetica spazia su tutti i campi, dall’agroalimentare alla medicina passando per l’apparato repressivo, e gli esperimenti riguardano piante, animali e umani. Non mancano le banche in cui si raccolgono le differenze genetiche di tutto l’esistente, e la sua mappatura procede a spron battuto. A fare da padrone in questo settore sono le grandi multinazionali e banche che vedono nella genetica non solo un proficuo investimento, ma anche la base per il controllo e la repressione del futuro. Per esempio all’ultimo World Economic Forum di Davos è stata annunciata una partnership per sequenziare il DNA di tutta la vita sulla Terra con chiari obbiettivi di dominio e di profitto, ma che vengono raccontati con toni umanitari, ecologici ed etici.
Se ci guardiamo attorno siamo già circondati da prodotti geneticamente modificati: mele artiche che non ossidano, zanzare anti-malaria o animali con organi umani. Oppure l’ibridazione tra vegetale e militare con la creazione di piante capaci di ricettare e monitorare l’ambiente circostante, e sono in grado di rilevare sostanze chimiche, parassiti, agenti patogeni, radiazioni e segnali elettromagnetici.
Se oggi l’utilizzo di tecniche CRISPR è spinto eticamente in campo medico per eliminare i geni portatori di malattie, nulla vieta che un domani potranno essere utilizzate per modificare in anticipo il carattere fisico e corportamentale di qualsiasi individuo, aprendo la strada a scenari di controllo dell’esistente molto preoccupanti.
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