","L'impatto del processo di pacificazione in Etiopia e il nodo della diga sul Nilo","post",1573995150,[62,63,64,65],"http://radioblackout.org/tag/diga/","http://radioblackout.org/tag/etiopia/","http://radioblackout.org/tag/nilo/","http://radioblackout.org/tag/oromo/",[67,68,18,25],"diga","etiopia",{"post_content":70,"post_title":74,"tags":77},{"matched_tokens":71,"snippet":72,"value":73},[18],"progetto di una diga sul \u003Cmark>Nilo\u003C/mark> Azzurro, che sottrarrebbe risorse essenziali","Il presidente etiope Abiy Ahmed ha ottenuto il premio Nobel per il processo di pacificazione che ha innescato appena arrivato al potere, sia cominciando ad appianare i dissidi con i vicini eritrei, sia all'interno, rimescolando gli equilibri tigrini che si perpetuavano dalla fine di Menghistu e aprendo agli investimenti privati.\r\n\r\nEppure subito dopo sono esplosi scontri violenti in una regione, l'Oromia, abitata in particolare da una delle tre comunità principali, a cui apartiene lo stesso prsidente contestato al punto che si sono registrati 86 morti in una sola delle giornate di sommossa. Perché ancora non si è soddisfatti della redistribuzione del potere e delle terre.\r\n\r\nE anche all'estero non sono pochi i conflitti che si accumulano alle porte del Corno d'Africa. Un motivo di forte attrito con Egitto e Sudan è il progetto di una diga sul \u003Cmark>Nilo\u003C/mark> Azzurro, che sottrarrebbe risorse essenziali per Il Cairo, ma a cui l'Etiopia non può rinunciare... il risultato è il contenzioso sulle risorse idriche del nuovo millennio con minacce da parte del paese arabo di bombardare la Diga della Rinascita (costruita dalla Salini - Impregilo e su cui nel 2015 si era giunti ad un accordo tra i paesi interessati), come è stata battezzata da Addis Abeba.\r\n\r\nPer capire meglio l'evoluzione del momento in quell'area abbiamo interpellato Raffaele Masto, uno dei maggiori esperti del Corno d'Africa, ecco il lucido quadro che ci ha esposto:\r\n\r\nAbiy: nobel tra morti di piazza e contrastate dighe sul \u003Cmark>Nilo\u003C/mark>",{"matched_tokens":75,"snippet":76,"value":76},[18],"L'impatto del processo di pacificazione in Etiopia e il nodo della diga sul \u003Cmark>Nilo\u003C/mark>",[78,80,82,85],{"matched_tokens":79,"snippet":67},[],{"matched_tokens":81,"snippet":68},[],{"matched_tokens":83,"snippet":84},[18],"\u003Cmark>Nilo\u003C/mark>",{"matched_tokens":86,"snippet":25},[],[88,93,96],{"field":36,"indices":89,"matched_tokens":90,"snippets":92},[17],[91],[18],[84],{"field":94,"matched_tokens":95,"snippet":76,"value":76},"post_title",[18],{"field":97,"matched_tokens":98,"snippet":72,"value":73},"post_content",[18],578730123365712000,{"best_field_score":101,"best_field_weight":102,"fields_matched":103,"num_tokens_dropped":48,"score":104,"tokens_matched":20,"typo_prefix_score":48},"1108091339008",13,3,"578730123365711979",{"document":106,"highlight":126,"highlights":142,"text_match":99,"text_match_info":150},{"cat_link":107,"category":108,"comment_count":48,"id":109,"is_sticky":48,"permalink":110,"post_author":51,"post_content":111,"post_date":112,"post_excerpt":54,"post_id":109,"post_modified":113,"post_thumbnail":114,"post_thumbnail_html":115,"post_title":116,"post_type":59,"sort_by_date":117,"tag_links":118,"tags":123},[45],[47],"54528","http://radioblackout.org/2019/06/sudan-la-repressione-militare-foraggiata-dai-sauditi/","L'orrore dei cadaveri gettati nel Nilo è l'immagine che sancisce la svolta repressiva dei militari, che erano puntello del regime di Bashir e sono foraggiati da Emirati, Sauditi e Al Sisi, il peggio dei reazionari dell'area. Il computo dei morti della strage di lunedì 3 giugno 2019 si ferma a 108; i militari hanno chiuso tutti i varchi e cominciato a sparare sul sit-in dei dimostranti che da due mesi chiedono il passaggio del potere ai civili per organizzare elezioni che mancano da 30 anni nel paese schiacciato tra Egitto (e l'evoluzione degli ultimi eventi somigliano alla presa del potere di Al-Sisi), Sahel (e le pulsioni che da lì derivano) e il corno d'Africa (e il leader etiope si è proposto come mediatore senza ancora riuscire a portare le parti al negoziato). La strage è stata rubricata dalle parole del premier, dicendo che «le operazioni per ripulire l'area ci sono sfuggite di mano». Un momento molto delicato per l'imponente movimento che è riuscito a cacciare Al-Bashir e due delle figure più eminenti dell'opposizione alla giunta militare sono stati arrestati subito dopo aver incontrato il premier. L'ennesima prova di forza dell'esercito sudanese è giunta dopo che i colloqui fra il Consiglio militare di transizione (Tmc) e le sigle dell’opposizione racchiuse nel cartello delle Forze per la libertà ed il cambiamento (Ffc) si sono interrotti, provocando il deragliamento del difficile processo di transizione del potere avviato dopo la deposizione del presidente Omar al Bashir e la salita al potere dei militari del Tmc: il consiglio ha cancellato tutti gli accordi a cui si era pervenuti da quando è stato deposto Bashir.\r\n\r\nRussia e Cina per i loro interessi nella regione hanno bloccato una risoluzione dell'Onu per intervenire nel paese africano. Invece il Consiglio per la pace e la sicurezza dell'Unione africana ha sospeso la partecipazione del Sudan a tutte le sue attività. Il provvedimento è stato preso “con effetto immediato fino all'effettiva istituzione di un'autorità di transizione guidata da civili, che rappresenta l'unico modo per consentire al Sudan di uscire dall'attuale crisi”. I giovani sono pronti a proseguire la lotta per conseguire quel cambiamento avviato ormai con la fine del regime e che rischia di essere soffocato dalla potenza delle armi e dei capitali investiti dall'estero per assicurare la conferma del controllo coloniale del paese nella collocazione geostrategica voluta da Bashir.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Raffaele Masto, africanista e redattore di \"AfricaRivista\":\r\n\r\nCongiuntura nevralgica per l'evoluzione sudanese","9 Giugno 2019","2019-06-09 11:00:57","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/06/2019-06-07_sudan-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"200\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/06/2019-06-07_sudan-300x200.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/06/2019-06-07_sudan-300x200.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/06/2019-06-07_sudan.jpg 640w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Sudan: la repressione militare foraggiata dai sauditi",1560078057,[119,120,64,121,122],"http://radioblackout.org/tag/bashir/","http://radioblackout.org/tag/consiglio-militare-di-transizione/","http://radioblackout.org/tag/sauditi/","http://radioblackout.org/tag/sudan/",[124,35,18,125,15],"Bashir","Sauditi",{"post_content":127,"tags":131},{"matched_tokens":128,"snippet":129,"value":130},[18],"L'orrore dei cadaveri gettati nel \u003Cmark>Nilo\u003C/mark> è l'immagine che sancisce la","L'orrore dei cadaveri gettati nel \u003Cmark>Nilo\u003C/mark> è l'immagine che sancisce la svolta repressiva dei militari, che erano puntello del regime di Bashir e sono foraggiati da Emirati, Sauditi e Al Sisi, il peggio dei reazionari dell'area. 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I profughi, coloro che hanno cercato protezione nei Paesi confinanti, sono circa 1.500.000. Secondo le Nazioni Unite, il Sudan è oggi il Paese con il numero di sfollati più elevato al mondo e ben oltre la metà dei 45 milioni di abitanti del Paese soffre di grave insicurezza alimentare.\r\nDopo l’inizio dei combattimenti scoppiati il 15 aprile 2023 nella capitale del Sudan, la guerra si è estesa nel Darfur e in diverse altre zone, tra queste il Kordofan, il Nilo Blu e Merowe, città settentrionale vicina all’Egitto e al Nilo, dove si trovano importanti miniere d’oro e un aeroporto militare.\r\nLa guerra ha spinto il Darfur, già in ginocchio da conflitti mai risolti, in una posizione ancora più vulnerabile. Lì, le tribù arabe e non arabe, come i Masalit, hanno combattuto per le scarse risorse di terre e acqua per oltre 20 anni. Ora gli scontri hanno assunto una dimensione etnica.\r\nUn sempre crescente numero di testimonianze e documenti ha paragonato gli attacchi attuali a una pulizia etnica, aggressioni perpetrate da milizie arabe insieme a membri delle RSF. Khartoum è ormai solo un cumulo di macerie.\r\nIl sistema sanitario del Sudan è al collasso; difficile controllare persino l’espandersi di malattie come il morbillo e il colera. Le agenzie umanitarie hanno affermato che l’esercito limita l’accesso agli aiuti umanitari e che quel poco che riesce a passare è a rischio di saccheggio nelle aree controllate dagli uomini di Hemetti.\r\n\r\nE proprio in questi giorni Martin Griffiths, sottosegretario generale delle Nazioni Unite per gli Affari umanitari, ha invitato la comunità internazionale ad “assumersi le proprie responsabilità” dopo un anno di conflitto devastante. “Come ho già detto, appena tre mesi dopo l’inizio del conflitto, il mondo non può ignorare l’eco dolorosa della storia. Ma in qualche modo abbiamo dimenticato l’indimenticabile. E le conseguenze di questo oblio sono imperdonabili”, ha sottolineato Griffith’s in un suo lungo comunicato.\r\nSulla scena sudanese operano anche i russi dell’Afrca Corps (ex Wagner), schierati a fianco di Hemetti, che è supportato anche dagli Emirati Arabi uniti e da Haftar, il signore della Cirenaica. Con Al Burhan ci sono mercenari ucraini.\r\nL’Italia, prima dell’inizio del conflitto aveva stretto accordi con Hemetti per il controllo dei flussi migratori, offrendo assistenza ed addestramento agli uomini del RSF.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Massimo Alberizzi di Africa Ex-press\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/04/2024-04-17-alberizzi-sudan.mp3\"][/audio]","17 Aprile 2024","2024-04-17 16:19:11","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/04/sudan-200x110.png","\u003Cimg width=\"300\" height=\"200\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/04/sudan-300x200.png\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/04/sudan-300x200.png 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/04/sudan-1024x683.png 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/04/sudan-768x512.png 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/04/sudan.png 1300w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Un anno di guerra in Sudan: morte, fame e macerie",1713368876,[250,251,252,253,254,255,122],"http://radioblackout.org/tag/al-burhan/","http://radioblackout.org/tag/disastro-umanitario/","http://radioblackout.org/tag/guerra/","http://radioblackout.org/tag/guerra-civile-in-sudan/","http://radioblackout.org/tag/hemetti/","http://radioblackout.org/tag/rsf/",[257,258,259,260,261,262,15],"al burhan","disastro umanitario","guerra","guerra civile in sudan","hemetti","rsf",{"post_content":264},{"matched_tokens":265,"snippet":266,"value":267},[18],"tra queste il Kordofan, il \u003Cmark>Nilo\u003C/mark> Blu e Merowe, città settentrionale","Sinora tutti tentativi di mediazione per fermare le ostilità tra i due generali, Mohamed Hamdan Dagalo “Hemetti”, leader delle Rapid Support Forces (RSF), gli ex janjaweed, e il de facto presidente e capo dell’esercito, Abdel Fattah Abdelrahman al-Burhan, sono falliti.\r\nIn dodici mesi di lotta per il potere sono morte quasi 16 mila persone – cifra certamente sottostimata per la difficoltà di raccogliere dati accurati e in tempo reale – mentre gli sfollati sono oltre 9 milioni. I profughi, coloro che hanno cercato protezione nei Paesi confinanti, sono circa 1.500.000. Secondo le Nazioni Unite, il Sudan è oggi il Paese con il numero di sfollati più elevato al mondo e ben oltre la metà dei 45 milioni di abitanti del Paese soffre di grave insicurezza alimentare.\r\nDopo l’inizio dei combattimenti scoppiati il 15 aprile 2023 nella capitale del Sudan, la guerra si è estesa nel Darfur e in diverse altre zone, tra queste il Kordofan, il \u003Cmark>Nilo\u003C/mark> Blu e Merowe, città settentrionale vicina all’Egitto e al \u003Cmark>Nilo\u003C/mark>, dove si trovano importanti miniere d’oro e un aeroporto militare.\r\nLa guerra ha spinto il Darfur, già in ginocchio da conflitti mai risolti, in una posizione ancora più vulnerabile. Lì, le tribù arabe e non arabe, come i Masalit, hanno combattuto per le scarse risorse di terre e acqua per oltre 20 anni. Ora gli scontri hanno assunto una dimensione etnica.\r\nUn sempre crescente numero di testimonianze e documenti ha paragonato gli attacchi attuali a una pulizia etnica, aggressioni perpetrate da milizie arabe insieme a membri delle RSF. Khartoum è ormai solo un cumulo di macerie.\r\nIl sistema sanitario del Sudan è al collasso; difficile controllare persino l’espandersi di malattie come il morbillo e il colera. Le agenzie umanitarie hanno affermato che l’esercito limita l’accesso agli aiuti umanitari e che quel poco che riesce a passare è a rischio di saccheggio nelle aree controllate dagli uomini di Hemetti.\r\n\r\nE proprio in questi giorni Martin Griffiths, sottosegretario generale delle Nazioni Unite per gli Affari umanitari, ha invitato la comunità internazionale ad “assumersi le proprie responsabilità” dopo un anno di conflitto devastante. “Come ho già detto, appena tre mesi dopo l’inizio del conflitto, il mondo non può ignorare l’eco dolorosa della storia. Ma in qualche modo abbiamo dimenticato l’indimenticabile. E le conseguenze di questo oblio sono imperdonabili”, ha sottolineato Griffith’s in un suo lungo comunicato.\r\nSulla scena sudanese operano anche i russi dell’Afrca Corps (ex Wagner), schierati a fianco di Hemetti, che è supportato anche dagli Emirati Arabi uniti e da Haftar, il signore della Cirenaica. 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A fine dicembre l’azienda italiana ha firmato infatti un contratto per l’acquisizione di una quota del 70% della concessione nel Blocco esplorativo 3, situato nell’offshore nord-occidentale di Abu Dhabi. L’accordo di concessione è stato firmato dal ministro dell’Industria degli Emirati Arabi nonché amministratore delegato dell’Abu Dhabi National Oil Company (ADNOC) Sultan Ahmed Al Jaber, dall’Ad di ENI Claudio Descalzi e da Phongsthorn Thavisin, general manager della società petrolifera thailandese PTT Exploration and Production Public Company Limited (PTTEP), anch’essa parte del consorzio con una quota di minoranza.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Antonio Mazzeo, insegnante, antimilitarista, blogger\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/01/2021-01-05-eni-mazzeo.mp3\"][/audio]\r\n\r\nIl Blocco esplorativo 3 rappresenta l’area più grande assegnata nell’ultimo anno dalla compagnia nazionale petrolifera emiratina e copre una superficie di circa 11.660 chilometri quadrati. La fase esplorativa avrà una durata massima di nove anni, mentre i termini della concessione saranno estesi per 35 anni dall’inizio della fase esplorativa; in caso di esito positivo, per le fasi di sviluppo e produzione l’ADNOC avrà un’opzione per detenere una quota del 60%. La nuova licenza si trova in prossimità di altri grandi giacimenti, tra cui le concessioni offshore dei Blocchi esplorativi 1 e 2 che l’holding italiana ha ottenuto dopo il bando concessione di ADNOC del maggio 2019.\r\n\r\n“La concessione è molto importante non solo sotto il profilo economico-commerciale, ma anche per quello che riguarda le relazioni tra Italia ed Emirati”, ha dichiarato l’amministratore delegato di ENI, Claudio Descalzi. “Essa rappresenta un ulteriore importante passo verso la realizzazione della strategia per rendere ENI protagonista nel settore dell’oil and gas ad Abu Dhabi, regione leader nel settore, contribuendo ad aggiungere ulteriori risorse e a sfruttare tutte le potenziali sinergie con i giacimenti circostanti”.\r\n\r\nAmpia soddisfazione per l’accordo italo-emiratino è stata espressa dal ministro Sultan Al Jaber. “Questa concessione rafforza ulteriormente la partnership tra ADNOC ed ENI”, ha dichiarato Al Jaber. “Ciò conferma ancora una volta il nostro approccio mirato alle partnership ad alto valore aggiunto che contribuisce alla giusta combinazione di capitale, tecnologia, capacità e accesso al mercato per accelerare lo sviluppo delle risorse di idrocarburi di Abu Dhabi. Nonostante le condizioni di mercato instabili (…) continuiamo ad accogliere i partner che condividono la nostra visione per liberare valore dalle nostre risorse di idrocarburi in modo sostenibile e con reciproco vantaggio, mentre portiamo avanti la nostra strategia verso il 2030”.\r\n\r\nENI opera negli Emirati Arabi Uniti dal marzo 2018 quando firmò un accordo per l’acquisto di due concessioni, la prima con una quota del 5% nel giacimento a petrolio di Lower Zakum a 84 km a nord-ovest di Abu Dhabi, la seconda del 10% nel campo sottomarino a olio, condensati e gas di Umm Shaif e Nasr, a circa 135 chilometri dalla costa di Abu Dhabi e un target di produzione di 460mila barili al giorno. A presenziare alla firma dell’accordo tra l’Ad Claudio Descalzi e l’ente petrolifero emiratino, il principe ereditario di Abu Dhabi Mohamed bin Zayed Al Nahyan e l’allora primo ministro italiano Paolo Gentiloni, a riprova della rilevanza politico-economica riservata dai due governi all’evento. Coincidenza vuole che negli stessi mesi si registrava l’ennesima escalation del conflitto nel vicino Yemen con il sempre più diretto coinvolgimento delle forze armate emiratine.\r\n\r\nPer ottenere lo sfruttamento per 40 anni dei giacimenti di Lower Zakum, Umm Shaif e Nasr, l’ENI ha sborsato 875 milioni di dollari reinvestendo i ricavi di una contemporanea triangolazione con Mubadala Petroleum, la società petrolifera del fondo sovrano emiratino Mubadala, la stessa che controlla il complesso militare-industriale nazionale e che ha acquisito in Italia Piaggio Aereo Industries per dotare l’emirato di droni da guerra. ENI ha aveva ceduto al gruppo Mubadala il 10% della concessione offshore di Shorouk in Egitto per il giacimento a gas di Zohr, il più grande del Mediterraneo, incassando 934 milioni di dollari. Il 12 novembre 2018, l’ENI aveva poi ulteriormente rafforzato le relazioni d’affari con la cassaforte finanziaria del regime di Abu Dhabi: il presidente di Mubadala Petroleum, Musabbeh Al Kaabi, e l’amministratore delegato Claudio Descalzi sottoscrivevano infatti un accordo per la cessione da parte di ENI del 20% della concessione del blocco esplorativo a gas di Nour situato nel bacino del Delta del Nilo orientale, a circa 50 km dalla costa egiziana.\r\n\r\nNegli Emirati Arabi Uniti il colosso energetico italiano opera inoltre nella concessione di Ghasha, la maggiore area estrattiva offshore di gas e per la quale l’ENI sta negoziando con l’Abu Dhabi National Oil Company l’acquisizione di una quota dell 25%. La concessione di Ghasha è stata ottenuta nel novembre 2018 e ha una durata anch’essa di 40 anni; consiste nei giacimenti di Hail, Ghasha, Dalma e in altri campi offshore situati nella regione di Al Dhafra da cui si prevede di estrarre più di 1,5 miliardi di piedi cubi di gas e 120.000 barili al giorno di olio e condensati. Sempre in ambito esplorativo/estrattivo, l’ENI opera nel giacimento petrolifero offshore di Ras Al Khaimah in un’area di 2.412 km2 ottenuta in concessione dall’omonimo emirato nell’aprile 2019 e in quello onshore (gas e condensati) di Mahani, grazie alla costituzione nel gennaio 2020 di una joint venture paritaria con la società petrolifera di Stato SNOC dell’Emirato di Sharjah.\r\n\r\nL’holding italiana detiene inoltre una quota del 25% di ADNOC Refining, società di raffinazione della compagnia petrolifera nazionale di Abu Dhabi, titolare delle raffinerie situate a Ruwais ed Abu Dhabi, con una capacità produttiva di oltre 922 mila barili al giorno di greggio. 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Con ADNOC e la società austriaca OMV, l’azienda italiana ha poi costituito una nuova joint venture per la commercializzazione dei prodotti petroliferi raffinati.\r\n\r\nMeno di un anno fa il ministro e amministratore delegato della Abu Dhabi National Oil Company, Sultan Ahmed Al Jaber, e l’Ad di ENI Claudio Descalzi hanno anche firmato un memorandum d’intesa per lo sviluppo congiunto di iniziative di ricerca “mirate alla realizzazione di soluzioni tecnologiche avanzate per la riduzione, cattura, utilizzo o confinamento in giacimenti delle emissioni di CO2”.\r\n\r\nLa santa alleanza Italia-Emirati fatta sino ad oggi di armi, gas e petrolio potrà così tingersi di green e divenire, forse, più sostenibile…\r\n\r\n(Articolo di Antonio Mazzeo pubblicato in Africa ExPress il 3 gennaio 2021)","5 Gennaio 2021","2021-01-05 13:51:30","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/01/eni-off-shore-200x110.jpeg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"169\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/01/eni-off-shore-300x169.jpeg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/01/eni-off-shore-300x169.jpeg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/01/eni-off-shore-1024x576.jpeg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/01/eni-off-shore-768x432.jpeg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/01/eni-off-shore.jpeg 1200w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","ENI: Il massacro in Yemen non ferma il cane a sei zampe",1609854690,[286,287,288,289,290],"http://radioblackout.org/tag/descalzi/","http://radioblackout.org/tag/emirati-arabi-uniti/","http://radioblackout.org/tag/eni/","http://radioblackout.org/tag/offshore/","http://radioblackout.org/tag/yemen/",[292,293,294,295,296],"descalzi","emirati arabi uniti","ENI","offshore","yemen",{"post_content":298},{"matched_tokens":299,"snippet":300,"value":301},[18],"nel bacino del Delta del \u003Cmark>Nilo\u003C/mark> orientale, a circa 50 km","Negli stessi giorni in cui il Parlamento chiedeva al Governo la proroga della sospensione dell’esportazione di alcuni sistemi d’arma ad Arabia saudita ed Emirati Arabi Uniti per i crimini commessi in Yemen, il colosso energetico ENI - controllato in parte dallo Stato italiano - decideva di espandere la propria presenza in territorio emiratino. A fine dicembre l’azienda italiana ha firmato infatti un contratto per l’acquisizione di una quota del 70% della concessione nel Blocco esplorativo 3, situato nell’offshore nord-occidentale di Abu Dhabi. 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Coincidenza vuole che negli stessi mesi si registrava l’ennesima escalation del conflitto nel vicino Yemen con il sempre più diretto coinvolgimento delle forze armate emiratine.\r\n\r\nPer ottenere lo sfruttamento per 40 anni dei giacimenti di Lower Zakum, Umm Shaif e Nasr, l’ENI ha sborsato 875 milioni di dollari reinvestendo i ricavi di una contemporanea triangolazione con Mubadala Petroleum, la società petrolifera del fondo sovrano emiratino Mubadala, la stessa che controlla il complesso militare-industriale nazionale e che ha acquisito in Italia Piaggio Aereo Industries per dotare l’emirato di droni da guerra. ENI ha aveva ceduto al gruppo Mubadala il 10% della concessione offshore di Shorouk in Egitto per il giacimento a gas di Zohr, il più grande del Mediterraneo, incassando 934 milioni di dollari. Il 12 novembre 2018, l’ENI aveva poi ulteriormente rafforzato le relazioni d’affari con la cassaforte finanziaria del regime di Abu Dhabi: il presidente di Mubadala Petroleum, Musabbeh Al Kaabi, e l’amministratore delegato Claudio Descalzi sottoscrivevano infatti un accordo per la cessione da parte di ENI del 20% della concessione del blocco esplorativo a gas di Nour situato nel bacino del Delta del \u003Cmark>Nilo\u003C/mark> orientale, a circa 50 km dalla costa egiziana.\r\n\r\nNegli Emirati Arabi Uniti il colosso energetico italiano opera inoltre nella concessione di Ghasha, la maggiore area estrattiva offshore di gas e per la quale l’ENI sta negoziando con l’Abu Dhabi National Oil Company l’acquisizione di una quota dell 25%. 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Con ADNOC e la società austriaca OMV, l’azienda italiana ha poi costituito una nuova joint venture per la commercializzazione dei prodotti petroliferi raffinati.\r\n\r\nMeno di un anno fa il ministro e amministratore delegato della Abu Dhabi National Oil Company, Sultan Ahmed Al Jaber, e l’Ad di ENI Claudio Descalzi hanno anche firmato un memorandum d’intesa per lo sviluppo congiunto di iniziative di ricerca “mirate alla realizzazione di soluzioni tecnologiche avanzate per la riduzione, cattura, utilizzo o confinamento in giacimenti delle emissioni di CO2”.\r\n\r\nLa santa alleanza Italia-Emirati fatta sino ad oggi di armi, gas e petrolio potrà così tingersi di green e divenire, forse, più sostenibile…\r\n\r\n(Articolo di Antonio Mazzeo pubblicato in Africa ExPress il 3 gennaio 2021)",[303],{"field":97,"matched_tokens":304,"snippet":300,"value":301},[18],{"best_field_score":200,"best_field_weight":201,"fields_matched":20,"num_tokens_dropped":48,"score":235,"tokens_matched":20,"typo_prefix_score":48},6646,{"collection_name":59,"first_q":18,"per_page":308,"q":18},6,5,{"facet_counts":311,"found":40,"hits":357,"out_of":529,"page":20,"request_params":530,"search_cutoff":37,"search_time_ms":103},[312,335],{"counts":313,"field_name":332,"sampled":37,"stats":333},[314,316,318,320,322,324,326,328,330],{"count":103,"highlighted":315,"value":315},"I Bastioni di Orione",{"count":17,"highlighted":317,"value":317},"RADIO KALAKUTA",{"count":20,"highlighted":319,"value":319},"anarres",{"count":20,"highlighted":321,"value":321},"backwards",{"count":20,"highlighted":323,"value":323},"a-scuppuluni",{"count":20,"highlighted":325,"value":325},"stakka stakka",{"count":20,"highlighted":327,"value":327},"No Trip For Cats",{"count":20,"highlighted":329,"value":329},"Healing frequencies",{"count":20,"highlighted":331,"value":331},"musick to play in the dark","podcastfilter",{"total_values":334},9,{"counts":336,"field_name":36,"sampled":37,"stats":355},[337,339,341,342,344,345,347,349,351,353],{"count":103,"highlighted":338,"value":338},"Bastioni di Orione",{"count":17,"highlighted":340,"value":340},"RADIOKALAKUTA",{"count":20,"highlighted":18,"value":18},{"count":20,"highlighted":343,"value":343},"acqua",{"count":20,"highlighted":15,"value":15},{"count":20,"highlighted":346,"value":346},"Golan",{"count":20,"highlighted":348,"value":348},"ascuppuluni",{"count":20,"highlighted":350,"value":350},"guerre per l'acqua",{"count":20,"highlighted":352,"value":352},"Vernon Wayne Howell",{"count":20,"highlighted":354,"value":354},"Too Loud For The Crowd",{"total_values":356},147,[358,404,434,460,485,508],{"document":359,"highlight":376,"highlights":394,"text_match":99,"text_match_info":403},{"comment_count":48,"id":360,"is_sticky":48,"permalink":361,"podcastfilter":362,"post_author":319,"post_content":363,"post_date":364,"post_excerpt":365,"post_id":360,"post_modified":366,"post_thumbnail":367,"post_title":368,"post_type":369,"sort_by_date":370,"tag_links":371,"tags":375},"8365","http://radioblackout.org/podcast/le-guerre-per-lacqua/",[319],"Il controllo delle risorse idriche, l’oro blu, è una delle poste in gioco nelle lotte egemoniche del prossimo futuro. Anzi è già storia del nostro presente. Intorno a nodi geopolitici quali le alture del Golan o le sorgenti del Nilo ci sono conflitti che vanno avanti da decenni.\r\nL’acqua – diversamente dal petrolio – potrebbe bastare alle necessità di tutti i sette miliardi di abitanti del pianeta. 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Lo sbocco sul mar Rosso è stato perso con l'indipendenza dell'Eritrea nel 1993 ,ed ora i commerci dell'Etiopia passano per Gibuti a cui paga l'affitto dei porti. Queste dischiarazioni s'inseriscono in un contesto bellico non ancora sopito con la presenza di milizie e soldati eritrei ,una guerra quella contro il Tigray che si è spostata verso le regioni ahmara e che ha provocato finora quasi 500.000 morti ,milioni di profughi ,l'uso degli stupri come arma di guerra , carenza alimentare e distruzione delle già scarse infrastrutture .\r\n\r\nParliamo anche del Sudan,altra guerra dimenticata, dove l'opposizione civile sta cercando di sviluppare un processo di unificazione con incontri che si sono tenuti ad Addis Abeba mentre la guerra fra le forze armate sudanesi e le RSF di Hemmeti si è estesa anche nelle regioni meridionali e coinvolge drammaticamente la popolazione civile .\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/10/BASTIONI-26102023-ETOPIA.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nCon Sabrina Moles di China Files parliamo del decennale della \" Belt and road initiative \",che cade in un momento complesso per La Cina a causa dei sommovimenti all'interno del PCC come dimostrano le repentine e misteriose defenestrazioni di importanti ministri come quello della difesa e degli esteri e l'acuirsi della crisi finanziaria del settore immobiliare.La situazione economica appare più critica, perché l’economia cinese non si presenta più come dieci anni fa, quando il suo mercato interno era saturo e aveva bisogno di nuovi sbocchi, alcuni settori hanno sofferto molto a causa di scelte unilaterali da parte di Xi che ha dovuto affrontare anche dei malumori tra i veterani del partito.\r\n\r\nAffrontiamo anche le questione relative al posizionamento internazionale della Cina e le tensioni nell'area dell'Indo Pacifico.\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/10/BASTIONI-261023-CINA.mp3\"][/audio]","29 Ottobre 2023","2023-10-29 11:06:44","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/10/blade-1-1-200x110.jpg","BASTIONI DI ORIONE 26/10/2023- ETIOPIA DAL NILO AL MAR ROSSO ABIY AHMED RIVENDICA LO SBOCCO AL MARE-CINA 10 ANNI DELLA BELT AND ROAD INITIATIVE TRA CAMBI DI MINISTRI E CRISI FINANZIARIE.",1698577604,[447],"http://radioblackout.org/tag/bastioni-di-orione/",[338],{"post_title":450},{"matched_tokens":451,"snippet":453,"value":454},[452],"NILO","DI ORIONE 26/10/2023- ETIOPIA DAL \u003Cmark>NILO\u003C/mark> AL MAR ROSSO ABIY AHMED","BASTIONI DI ORIONE 26/10/2023- ETIOPIA DAL \u003Cmark>NILO\u003C/mark> AL MAR ROSSO ABIY AHMED RIVENDICA LO SBOCCO AL MARE-CINA 10 ANNI DELLA BELT AND ROAD INITIATIVE TRA CAMBI DI MINISTRI E CRISI FINANZIARIE.",[456],{"field":94,"matched_tokens":457,"snippet":453,"value":454},[452],{"best_field_score":200,"best_field_weight":432,"fields_matched":20,"num_tokens_dropped":48,"score":459,"tokens_matched":20,"typo_prefix_score":48},"578730123365187705",{"document":461,"highlight":476,"highlights":481,"text_match":198,"text_match_info":484},{"comment_count":48,"id":462,"is_sticky":48,"permalink":463,"podcastfilter":464,"post_author":465,"post_content":466,"post_date":467,"post_excerpt":54,"post_id":462,"post_modified":468,"post_thumbnail":469,"post_title":470,"post_type":369,"sort_by_date":471,"tag_links":472,"tags":474},"99949","http://radioblackout.org/podcast/bastioni-di-orione-18-09-2025-la-svolta-dellattacco-sionista-a-doha-rivolte-e-intrighi-nella-contorta-estate-in-sudest-asiatico-il-gerd-etiope-alleanze-in-corno-dafrica-e-lassedio-medievale/",[315],"info2","Nel 43esimo anniversario di Sabra e Chatila iniziamo la trasmissione con Laura Silvia Battaglia per analizzare quali strade si aprono al mondo arabo e in particolare ai paesi del Golfo dopo il proditorio attacco del fascistissimo governo israeliano contro la delegazione di Hamas chiamata a Doha a valutare le proposte di tregua; da questo primo spunto si è sviluppata una disamina che ha coinvolto il Pakistan, con il quale l'Arabia Saudita ha stipulato un accordo di reciproco supporto in caso di aggressione, la centralità della spianata nei livelli di provocazione dell'entità ebraica, il dilettantismo trumpiano, finendo con rievocare la distruzione di vestigia e tradizioni culturali perpetrate dall'esercito americano nel recente passato, con lo stesso spregio coloniale e supponente dell'Idf, partendo dal presupposto di detenere il monopolio della cultura di riferimento.\r\nPer contiguità con la regione mediorientale abbiamo proseguito nella carrellata di conflitti che costellano il pianeta, attraversando Bab-al Mandab, ed è toccato a Matteo Palamidesse accompagnarci tra le divisioni armate dell'Africa orientale, dove l'attivazione della diga etiope Gerd sul Nilo Azzurro funge da pretesto per alimentare le divisioni etniche, le rivendicazioni di indipendenza e i campi contrapposti appoggiati da potenze straniere, coinvolgendo il territorio del Corno d'Africa ed estendendosi fino all'assedio di stampo medievale attuato dalle Rsf di Dagalo su Al Fashir nell'Est del Sudan, dove si consumano stragi quotidiane, l'ultima delle quali è avvenuta con un drone su una moschea che ha causato 75 morti poche ore dopo il racconto di Matteo ai nostri microfoni.\r\nL'elenco di conflitti, proteste e insurrezioni è poi proseguito in Sudest asiatico con Emanuele Giordana, che ci ha illustrato gli intrighi, collegati agli interessi delle scam city e del mondo dell'azzardo per quel che riguarda le scaramucce tra Thailandia e Cambogia e che hanno portato a un rivolgimento politico rischioso per la tradizionale suscettibilità dei militari thai, sempre pronti a sciogliere la conduzione democratica del paese, ora in mano a una nuova coalizione anodina condotta da Anutin Charnvirakul con l'appoggio esterno del Partito popolare (ex Move Forward), dopo la destituzione della famiglia Shinawatra; sempre con il reporter esperto delle questioni estremo orientali abbiamo poi raggiunto il Nepal dove si è assistito a un nuovo episodio delle rivolte della macroarea nell'ultimo anno (dopo Bangla Desh e Sri Lanka) che hanno portato alla destituzione del governo corrotto filocinese; senza tralasciare il pugno di ferro di Prabowo che riprende la tradizione repressiva dell'Indonesia.\r\nLa lunga puntata si è conclusa in Latinamerica con Andrea Cegna inseguendo altri venti di guerra, anche questi scatenati dall'Impero americano in declino: le War on Drugs di nixoniana memoria, ripristinate dall'amministrazione Trump come pretesto per colpire i nemici del cortile di casa; così si è parlato di quale sia il significato ancora del regime bolivariano in Venezuela, ma anche del contrasto in Caribe e quale ruolo svolga il Mexico di Scheinbaum, riservandoci di affrontare tra un mese le alterne fortune del neoliberismo nel mondo latinoamericano, in particolare quello incarnato da Milei che ha subito sì una sonora sconfitta a Buenos Aires, ma in ottobre per le elezioni del Parlamento può ambire a un numero maggiore di rappresentanti eletti tra le sue file.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nOil non olet\r\n\r\nhttps://open.spotify.com/episode/3iOadt0OjeBCBS2wCkHYV6?si=2mNA3bJ4QpaubkOL24hdvg\r\n\r\nSi sono sprecati tutti gli aggettivi più vieti possibili per esprimere indignazione per l’efferatezza delle operazioni militari di Idf agli ordini politici del governo fascista di Netanyahu, sempre rispettando il diritto di Israele a perpetuare un genocidio in quanto popolo eletto, ma di fronte alla sorpresa per il bombardamento della delegazione riunita a valutare proposte di “pace” nel territorio sovrano del Qatar, una nazione filoamericana che ospita la più grossa base statunitense nel Sudovest asiatico e ha regalato l’aereo presidenziale come omaggio al nuovo imperatore, sono venute meno le inani riprovazioni e i vicini sauditi si sono rivolti al Pakistan in cerca di ombrello nucleare e protezione. La credibilità dell’amministrazione Trump è scomparsa del tutto e il volto mascherato di sangue dello Stato ebraico è apparso improvvisamente con i suoi veri connotati al mondo arabo, che ha sempre abbandonato le genti di Palestina al loro destino sacrificale, in cambio di affari.\r\nIl raid israeliano a Doha ha superato il perimetro del conflitto con Hamas: ha squassato regole non scritte, infranto la logica del territorio mediatore, e messo in discussione l’intero schema di alleanze della diplomazia araba, quella stessa che ha permesso al Mossad le peggiori turpitudini e fornito appoggio per operazioni nell'area contro gli avversari di Israele, che con il suo istinto da scorpione ha punto persino il proprio cavallo di Troia nella regione. Il Qatar, lungi dall’essere un bersaglio secondario, entra nella storia come simbolo della frattura tra potenza militare israeliana e coesione regionale arabo-americana, dando spazio a una alleanza di nuovo stampo con una potenza nucleare che fa parte della Belt Road cinese e si approvvigiona da Pechino per i suoi ordigni, come la filosionista India si è accorta nell'ultimo conflitto di pochi mesi fa.\r\nForse ora tutti si accorgeranno che la volontà di cancellazione di ogni traccia di vita e cultura araba dal territorio della Israele biblica coinvolge anche le vestigia e le tradizioni mondiali, ma questo risultato è stato possibile perché tutto ciò che stanno perpetrando i sionisti è già stato sperimentato dai governi di Washington, per esempio in Iraq, dove sono state ridotte in briciole dallo spregio dell’esercito americano testimonianze artistiche e culturali millenarie. Questo è reso possibile dalla presunzione che l’unica vera cultura sia quella ebraico-cristiana e tutti gli altri sono semplici colonizzati senza cultura propria.\r\nQuesti sono i prodromi perché quando gli invasati come Smotrich e Ben Gvir picconeranno la moschea di Gerusalemme, come già hanno cominciato a fare, Al-Aqsa sarà la soglia oltre alla quale la hybris ebraica renderà conto dei suoi abusi, perché la rivolta a quel punto non coinvolgerà solo i milioni di palestinesi, ma i miliardi di musulmani. E gli accordi finanziari, gli interessi per i resort progettati su una Striscia di concentramento e sterminio nulla potranno di fronte alla rivendicazione culturale delle masse oltraggiate dall’impunità israeliana.\r\nGià la trasferta di Rubio a Doha si è risolta in un fallimento: nonostante il giorno prima la riunione dei paesi coinvolti avesse balbettato, come una qualunque Unione europea, L’emiro Tamim ha chiesto i risarcimenti per i danni causati nel bombardamento israeliano su Doha, le scuse ufficiali e l’impegno di Netanyahu a non ripetere più la sua prepotenza e soprattutto di bloccare le uccisioni di innocenti a Gaza.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/Oil-non-olet-in-Qatar.mp3\"][/audio]\r\n\r\nAltri temi inerenti all'aggressione colonialista israeliana degli ultimi 80 anni si trovano qui\r\n\r\n\r\n\r\nIrresolubili contrasti che trovano nell'acqua del Nilo pretesti per perpetuarsi\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/dalla-diga-sul-nilo-all-assedio-di-al-fashir-conflitti-in-africa-orientale--67835929\r\n\r\nFinalmente a inizio settembre si è inaugurata Gerd, la grande diga sul Nilo Azzurro voluta da Ahmed e che non solo approvvigionerebbe Etiopia, Sudan, Kenya e Gibuti di energia elettrica, ma coprirebbe il 20% dei consumi dell’Africa orientale. In questo anno in cui il bacino idrico si è andato riempiendo i dati dimostrano che questo non è avvenuto a detrimento dei paesi a valle, eppure i motivi di attrito con l’Egitto non scemano e anzi si dispiegano truppe del Cairo in Somalia, evidenziando alleanze e divisioni legate ad altri dossier, quali lo sbocco al mare in Somaliland (proprio la regione che per essere riconosciuta da Usa e Israele è disposta a ospitare i gazawi deportati) per Addis Abeba, o gli scontri interetnici sia a Nord in Puntland, che nel Jubbaland a Sud. Matteo Palamidesse ci aiuta a districarci ancora una volta in mezzo a queste dispute, ma ci apre anche una finestra sull’orrore attorno ad Al Fashir, città nel Sudan occidentale con 300.000 abitanti assediati dalle milizie delle Forze di intervento rapido di Hemedti; le sue parole a questo proposito vengono registrate qualche ora prima che un attacco contro una moschea proprio nei dintorni della città del Darfur ai confini con il Ciad il 19 settembre producesse 75 morti.\r\nNon poteva mancare anche uno sguardo al Sud Sudan nel giorno in cui è stato reso noto il rapporto della Commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani in Sud Sudan, frutto di due anni di indagini e analisi indipendenti che hanno evidenziato il Saccheggio di una nazione, come riporta il titolo del dossier stesso.\r\n\r\n \r\n\r\nIl dossier africano che racchiude i podcast precedenti si trova qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/Infiniti-squilibri-distopici-in-Africa-orientale.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\r\n\r\nIl capillare cambio di paradigma sistemico in Sudest asiatico\r\n\r\nCon Emanuele Giordana parliamo dei venti di rivolta giovanile che stanno scuotendo alcuni paesi asiatici, un'onda lunga partita dalle rivolte in Sri Lanka nel 2022 e Bangladesh nel 2024 che hanno defenestrato le dinastie al potere reclamando un cambiamento sostanziale . Le cause delle crisi che stanno attraversando alcuni paesi asiatici hanno le loro radici in un sistema di potere autoritario che nega le legittime aspirazioni delle nuove generazioni a una partecipazione concreta alle scelte che condizionano il loro futuro. La crisi economica, le distorsioni nello sviluppo eredità del colonialismo, l'iniqua distribuzione delle risorse, la corruzione imperante, le smodate ricchezze esibite da élite predatorie, l'ingombrante presenza dei militari nella vita politica ed economica, la disoccupazione giovanile e la mancanza di prospettive sono tratti comuni in paesi come la Thailandia, l'Indonesia e con caratteristiche più peculiari il Nepal. Sono paesi dove i giovani sono la maggioranza ma le loro richieste di cambiamento sono state compresse e represse per molto tempo e dove hanno trovato uno sbocco elettorale come in Thailandia i poteri conservatori e legati alla monarchia hanno invalidato l'esito elettorale. La chiamano la generazione \"z\" ma a prescindere dalle definizioni queste rivolte sono il sintomo di una forte richiesta di cambiamento del modello di accumulazione che ha contraddistinto la tumultuosa crescita dei paesi asiatici. Questa spinta generazionale ancora non riesce a trasformarsi in un articolato progetto politico ma sta mettendo in discussione fortemente un modello di società che ormai non garantisce né crescita né uguaglianza, le rivolte si stanno espandendo e chissà che dall'Asia arrivi anche in Europa questo virus benefico.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/i-giovani-scuotono-l-asia-dalla-crisi-politica-thai-alle-rivolte-in-nepal-ed-indonesia--67824026\r\n\r\nAltri temi inerenti alla geopolitica estremorientale si trovano qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/BASTIONI-GIORDANA-18092025.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nTrump ringhia contro il Venezuela agitando lo spettro della guerra alla droga.\r\n\r\nTrump si rivolge verso il \" patio trasero\" yankee con molta più frequenza ed aggressività delle precedenti amministrazioni anche repubblicane. L'impero declinante ha perso importanti posizioni in America Latina nel confronto con il competitor cinese e quindi ora Washington si atteggia a \" terminator\" nella strategia della lotta antidroga ,alibi per eccellenza fin dai tempi di Nixon per mascherare le ingerenze nordamericane. Il target è il Venezuela, irriducibilmente chavista nonostante Maduro, comunque eccezione pur con le sue contraddizioni a causa di un modello economico redistributivo verso il basso che non trova più seguaci nella regione . Rimasto prigioniero delle logiche di capitalismo estrattivo il Venezuela di Maduro resiste anche per l'inefficacia di un'opposizione poco credibile ed asservita agli interessi statunitensi, preda ambita per le sue riserve petrolifere.\r\nIl narcotraffico costituisce la copertura per l'interventismo nordamericano che ricorda la versione 2.0 della dottrina Monroe, ma il destino manifesto è duro da affermare in un continente sempre più autonomo dai legami con l'ingombrante vicino e legato ad interessi economici ed investimenti cinesi.\r\n\r\nNe parliamo con Andrea Cegna, giornalista e conoscitore dell'America Latina\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/trump-ringhia-contro-il-venezuela-agitando-lo-spettro-della-guerra-alla-droga--67855661\r\n\r\nPer ripercorrere i sentieri fin qui percorsi con i popoli latinos, si trovano qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/BASTIONI-18092025-CEGNA.mp3\"][/audio]","20 Settembre 2025","2025-09-22 23:43:33","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/10/blade-1-200x110.jpg","BASTIONI DI ORIONE 18/09/2025 - LA SVOLTA DELL'ATTACCO SIONISTA A DOHA; RIVOLTE E INTRIGHI NELLA CONTORTA ESTATE IN SUDEST ASIATICO; IL GERD ETIOPE, ALLEANZE IN CORNO D'AFRICA E L'ASSEDIO MEDIEVALE SUDANESE; WAR ON DRUGS CONTRO CARACAS, CARIBE E MEXICO",1758374559,[447,473],"http://radioblackout.org/tag/bastioniorione/",[338,475],"BastioniOrione",{"post_content":477},{"matched_tokens":478,"snippet":479,"value":480},[18],"della diga etiope Gerd sul \u003Cmark>Nilo\u003C/mark> Azzurro funge da pretesto per","Nel 43esimo anniversario di Sabra e Chatila iniziamo la trasmissione con Laura Silvia Battaglia per analizzare quali strade si aprono al mondo arabo e in particolare ai paesi del Golfo dopo il proditorio attacco del fascistissimo governo israeliano contro la delegazione di Hamas chiamata a Doha a valutare le proposte di tregua; da questo primo spunto si è sviluppata una disamina che ha coinvolto il Pakistan, con il quale l'Arabia Saudita ha stipulato un accordo di reciproco supporto in caso di aggressione, la centralità della spianata nei livelli di provocazione dell'entità ebraica, il dilettantismo trumpiano, finendo con rievocare la distruzione di vestigia e tradizioni culturali perpetrate dall'esercito americano nel recente passato, con lo stesso spregio coloniale e supponente dell'Idf, partendo dal presupposto di detenere il monopolio della cultura di riferimento.\r\nPer contiguità con la regione mediorientale abbiamo proseguito nella carrellata di conflitti che costellano il pianeta, attraversando Bab-al Mandab, ed è toccato a Matteo Palamidesse accompagnarci tra le divisioni armate dell'Africa orientale, dove l'attivazione della diga etiope Gerd sul \u003Cmark>Nilo\u003C/mark> Azzurro funge da pretesto per alimentare le divisioni etniche, le rivendicazioni di indipendenza e i campi contrapposti appoggiati da potenze straniere, coinvolgendo il territorio del Corno d'Africa ed estendendosi fino all'assedio di stampo medievale attuato dalle Rsf di Dagalo su Al Fashir nell'Est del Sudan, dove si consumano stragi quotidiane, l'ultima delle quali è avvenuta con un drone su una moschea che ha causato 75 morti poche ore dopo il racconto di Matteo ai nostri microfoni.\r\nL'elenco di conflitti, proteste e insurrezioni è poi proseguito in Sudest asiatico con Emanuele Giordana, che ci ha illustrato gli intrighi, collegati agli interessi delle scam city e del mondo dell'azzardo per quel che riguarda le scaramucce tra Thailandia e Cambogia e che hanno portato a un rivolgimento politico rischioso per la tradizionale suscettibilità dei militari thai, sempre pronti a sciogliere la conduzione democratica del paese, ora in mano a una nuova coalizione anodina condotta da Anutin Charnvirakul con l'appoggio esterno del Partito popolare (ex Move Forward), dopo la destituzione della famiglia Shinawatra; sempre con il reporter esperto delle questioni estremo orientali abbiamo poi raggiunto il Nepal dove si è assistito a un nuovo episodio delle rivolte della macroarea nell'ultimo anno (dopo Bangla Desh e Sri Lanka) che hanno portato alla destituzione del governo corrotto filocinese; senza tralasciare il pugno di ferro di Prabowo che riprende la tradizione repressiva dell'Indonesia.\r\nLa lunga puntata si è conclusa in Latinamerica con Andrea Cegna inseguendo altri venti di guerra, anche questi scatenati dall'Impero americano in declino: le War on Drugs di nixoniana memoria, ripristinate dall'amministrazione Trump come pretesto per colpire i nemici del cortile di casa; così si è parlato di quale sia il significato ancora del regime bolivariano in Venezuela, ma anche del contrasto in Caribe e quale ruolo svolga il Mexico di Scheinbaum, riservandoci di affrontare tra un mese le alterne fortune del neoliberismo nel mondo latinoamericano, in particolare quello incarnato da Milei che ha subito sì una sonora sconfitta a Buenos Aires, ma in ottobre per le elezioni del Parlamento può ambire a un numero maggiore di rappresentanti eletti tra le sue file.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nOil non olet\r\n\r\nhttps://open.spotify.com/episode/3iOadt0OjeBCBS2wCkHYV6?si=2mNA3bJ4QpaubkOL24hdvg\r\n\r\nSi sono sprecati tutti gli aggettivi più vieti possibili per esprimere indignazione per l’efferatezza delle operazioni militari di Idf agli ordini politici del governo fascista di Netanyahu, sempre rispettando il diritto di Israele a perpetuare un genocidio in quanto popolo eletto, ma di fronte alla sorpresa per il bombardamento della delegazione riunita a valutare proposte di “pace” nel territorio sovrano del Qatar, una nazione filoamericana che ospita la più grossa base statunitense nel Sudovest asiatico e ha regalato l’aereo presidenziale come omaggio al nuovo imperatore, sono venute meno le inani riprovazioni e i vicini sauditi si sono rivolti al Pakistan in cerca di ombrello nucleare e protezione. La credibilità dell’amministrazione Trump è scomparsa del tutto e il volto mascherato di sangue dello Stato ebraico è apparso improvvisamente con i suoi veri connotati al mondo arabo, che ha sempre abbandonato le genti di Palestina al loro destino sacrificale, in cambio di affari.\r\nIl raid israeliano a Doha ha superato il perimetro del conflitto con Hamas: ha squassato regole non scritte, infranto la logica del territorio mediatore, e messo in discussione l’intero schema di alleanze della diplomazia araba, quella stessa che ha permesso al Mossad le peggiori turpitudini e fornito appoggio per operazioni nell'area contro gli avversari di Israele, che con il suo istinto da scorpione ha punto persino il proprio cavallo di Troia nella regione. Il Qatar, lungi dall’essere un bersaglio secondario, entra nella storia come simbolo della frattura tra potenza militare israeliana e coesione regionale arabo-americana, dando spazio a una alleanza di nuovo stampo con una potenza nucleare che fa parte della Belt Road cinese e si approvvigiona da Pechino per i suoi ordigni, come la filosionista India si è accorta nell'ultimo conflitto di pochi mesi fa.\r\nForse ora tutti si accorgeranno che la volontà di cancellazione di ogni traccia di vita e cultura araba dal territorio della Israele biblica coinvolge anche le vestigia e le tradizioni mondiali, ma questo risultato è stato possibile perché tutto ciò che stanno perpetrando i sionisti è già stato sperimentato dai governi di Washington, per esempio in Iraq, dove sono state ridotte in briciole dallo spregio dell’esercito americano testimonianze artistiche e culturali millenarie. Questo è reso possibile dalla presunzione che l’unica vera cultura sia quella ebraico-cristiana e tutti gli altri sono semplici colonizzati senza cultura propria.\r\nQuesti sono i prodromi perché quando gli invasati come Smotrich e Ben Gvir picconeranno la moschea di Gerusalemme, come già hanno cominciato a fare, Al-Aqsa sarà la soglia oltre alla quale la hybris ebraica renderà conto dei suoi abusi, perché la rivolta a quel punto non coinvolgerà solo i milioni di palestinesi, ma i miliardi di musulmani. E gli accordi finanziari, gli interessi per i resort progettati su una Striscia di concentramento e sterminio nulla potranno di fronte alla rivendicazione culturale delle masse oltraggiate dall’impunità israeliana.\r\nGià la trasferta di Rubio a Doha si è risolta in un fallimento: nonostante il giorno prima la riunione dei paesi coinvolti avesse balbettato, come una qualunque Unione europea, L’emiro Tamim ha chiesto i risarcimenti per i danni causati nel bombardamento israeliano su Doha, le scuse ufficiali e l’impegno di Netanyahu a non ripetere più la sua prepotenza e soprattutto di bloccare le uccisioni di innocenti a Gaza.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/Oil-non-olet-in-Qatar.mp3\"][/audio]\r\n\r\nAltri temi inerenti all'aggressione colonialista israeliana degli ultimi 80 anni si trovano qui\r\n\r\n\r\n\r\nIrresolubili contrasti che trovano nell'acqua del \u003Cmark>Nilo\u003C/mark> pretesti per perpetuarsi\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/dalla-diga-sul-nilo-all-assedio-di-al-fashir-conflitti-in-africa-orientale--67835929\r\n\r\nFinalmente a inizio settembre si è inaugurata Gerd, la grande diga sul \u003Cmark>Nilo\u003C/mark> Azzurro voluta da Ahmed e che non solo approvvigionerebbe Etiopia, Sudan, Kenya e Gibuti di energia elettrica, ma coprirebbe il 20% dei consumi dell’Africa orientale. In questo anno in cui il bacino idrico si è andato riempiendo i dati dimostrano che questo non è avvenuto a detrimento dei paesi a valle, eppure i motivi di attrito con l’Egitto non scemano e anzi si dispiegano truppe del Cairo in Somalia, evidenziando alleanze e divisioni legate ad altri dossier, quali lo sbocco al mare in Somaliland (proprio la regione che per essere riconosciuta da Usa e Israele è disposta a ospitare i gazawi deportati) per Addis Abeba, o gli scontri interetnici sia a Nord in Puntland, che nel Jubbaland a Sud. Matteo Palamidesse ci aiuta a districarci ancora una volta in mezzo a queste dispute, ma ci apre anche una finestra sull’orrore attorno ad Al Fashir, città nel Sudan occidentale con 300.000 abitanti assediati dalle milizie delle Forze di intervento rapido di Hemedti; le sue parole a questo proposito vengono registrate qualche ora prima che un attacco contro una moschea proprio nei dintorni della città del Darfur ai confini con il Ciad il 19 settembre producesse 75 morti.\r\nNon poteva mancare anche uno sguardo al Sud Sudan nel giorno in cui è stato reso noto il rapporto della Commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani in Sud Sudan, frutto di due anni di indagini e analisi indipendenti che hanno evidenziato il Saccheggio di una nazione, come riporta il titolo del dossier stesso.\r\n\r\n \r\n\r\nIl dossier africano che racchiude i podcast precedenti si trova qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/Infiniti-squilibri-distopici-in-Africa-orientale.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\r\n\r\nIl capillare cambio di paradigma sistemico in Sudest asiatico\r\n\r\nCon Emanuele Giordana parliamo dei venti di rivolta giovanile che stanno scuotendo alcuni paesi asiatici, un'onda lunga partita dalle rivolte in Sri Lanka nel 2022 e Bangladesh nel 2024 che hanno defenestrato le dinastie al potere reclamando un cambiamento sostanziale . Le cause delle crisi che stanno attraversando alcuni paesi asiatici hanno le loro radici in un sistema di potere autoritario che nega le legittime aspirazioni delle nuove generazioni a una partecipazione concreta alle scelte che condizionano il loro futuro. La crisi economica, le distorsioni nello sviluppo eredità del colonialismo, l'iniqua distribuzione delle risorse, la corruzione imperante, le smodate ricchezze esibite da élite predatorie, l'ingombrante presenza dei militari nella vita politica ed economica, la disoccupazione giovanile e la mancanza di prospettive sono tratti comuni in paesi come la Thailandia, l'Indonesia e con caratteristiche più peculiari il Nepal. Sono paesi dove i giovani sono la maggioranza ma le loro richieste di cambiamento sono state compresse e represse per molto tempo e dove hanno trovato uno sbocco elettorale come in Thailandia i poteri conservatori e legati alla monarchia hanno invalidato l'esito elettorale. La chiamano la generazione \"z\" ma a prescindere dalle definizioni queste rivolte sono il sintomo di una forte richiesta di cambiamento del modello di accumulazione che ha contraddistinto la tumultuosa crescita dei paesi asiatici. Questa spinta generazionale ancora non riesce a trasformarsi in un articolato progetto politico ma sta mettendo in discussione fortemente un modello di società che ormai non garantisce né crescita né uguaglianza, le rivolte si stanno espandendo e chissà che dall'Asia arrivi anche in Europa questo virus benefico.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/i-giovani-scuotono-l-asia-dalla-crisi-politica-thai-alle-rivolte-in-nepal-ed-indonesia--67824026\r\n\r\nAltri temi inerenti alla geopolitica estremorientale si trovano qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/BASTIONI-GIORDANA-18092025.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nTrump ringhia contro il Venezuela agitando lo spettro della guerra alla droga.\r\n\r\nTrump si rivolge verso il \" patio trasero\" yankee con molta più frequenza ed aggressività delle precedenti amministrazioni anche repubblicane. 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Conosciuto per la sua celebrazione della diversità culturale africana e per la fusione di musica elettronica e tradizionale, il festival rappresenta una piattaforma per artisti emergenti e consolidati provenienti da tutto il continente e oltre. In questa puntata esploriamo le produzioni delle etichette Nyege Nyege ,Hakuna kulaka e Blanc manioc. \r\n\r\nPLAYLIST :\r\n\r\nKINGDOM MOLONGI-BOYA KOTALA\r\n\r\nSISSO-HATARI\r\n\r\nVIOLENCE GRATUITE-L'HIVER AVEC TOI\r\n\r\nOTIM ALPHA-ALCOLICHTRONIX\r\n\r\nPHELIMUNCASI -KHALA NGIYABALEKA\r\n\r\nDJ DAKLI-BALANI SHOW\r\n\r\nDJ ANDERSON DO PARAISO-JOGA LEITE\r\n\r\nMC YALLAH AND DEB MASTER-NOONE SEEM TO BROTHER\r\n\r\nREY SAPIENZ-HAKUNA KULALA\r\n\r\nAUNTY RAYZOR-KUKU CORONA\r\n\r\nHIBOTEP-AMBER\r\n\r\nCHARISSE C-WHAT I NEED\r\n\r\nMASAKA MASAKA-BEFORE I GO\r\n\r\nDECAY-GATLUAK\r\n\r\nSLIKBACK-ACID\r\n\r\nTURKANA-KAZI NI KAZI\r\n\r\nNSASI-ENDOONGO\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n ","3 Luglio 2025","2025-07-03 17:29:19","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/07/NYEGE-NYEGE-2024-200x110.jpg","RADIO KALAKUTA-23/06/2025",1751563759,[497],"http://radioblackout.org/tag/radiokalakuta/",[340],{"post_content":500},{"matched_tokens":501,"snippet":502,"value":503},[18],"si riuniscono alla sorgente del \u003Cmark>Nilo\u003C/mark> per il festival musicale e"," \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/07/RADIO-KALAKUTA-23062025.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nOgni anno migliaia di amanti della musica si riuniscono alla sorgente del \u003Cmark>Nilo\u003C/mark> per il festival musicale e artistico più iconico dell’Uganda, il Nyege Nyege. 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I due paesi si scambiano accuse e spiccano mandati di arresto reciproci tra i due presidenti, intanto sul piano diplomatico il Messico non invita la corona di Spagna alla cerimonia d'insediamento della nuova presidente Claudia Sheinbaum a causa delle sue mancate scuse per i crimini commessi dagli spagnoli durante la conquista ,ferite che ancora bruciano.\r\n\r\nIl modello Bukele adotatto in El Salvador si propone come soluzione alla violenza diffusa ,meno diritti piu' repressione ,ma le conseguenze di queste politiche repressive si riflettono sullo stato della società civile stretta tra la violenza istituzionale e quella dei narcos che acquisiscono sempre più potere e influenza economica sul continente.\r\n\r\nUn quadro complesso in chiaroscuro che ci rimanda un America Latina nel pieno di un processo di transizione in cui si sovrappongono diversi modelli di società a volte contrapposti , con contraddizioni e fratture sociali derivate dalle eterne disuguaglianze che sono ben lungi dal ricomporsi.\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/09/BASTIONI-26092024-BATTISTESSA.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nCon Matteo Miavaldi ,profondo conoscitore della realtà indiana, parliamo dell'India e dei sommovimenti alla sua periferia in Sri Lanka e Bangladesh.\r\n\r\nNel contesto frammentato ed attraversato dagli eventi bellici che sta ridefinendo gli equilibri internazionali ,l'India ha una postura di equidistanza fra i blocchi che si stanno profilando. Da una parte è integrata nei BRICS dall'altra è all'interno del QUAD un'alleanza militare anti-cinese guidata dagli americani e comprendente anche giapponesi, indiani e australiani. Questa politica è erede della posizione di non allineamento (quando c'erano i due blocchi contrapposti ) di Nehru e di Indira Ghandi, ma il contesto è molto diverso e l'India è un partner commerciale importante della Cina ,nonostante le tensioni ai confini , e al contempo un rivale regionale . Intanto le cose si muovono ai confini del continente indiano ,le dinastie che hanno governato il Bangladesh e lo Sri Lanka sono state estromesse dalle rivolte popolari ,Sheikh Hasina la presidente dal pugno di ferro del Bangladesh è in esilio in India con grave imbarazzo di Modi ,mentre a Dacca il governo ad interim sostenuto dai movimenti studenteschi che hanno promosso la rivolta contro Hasina è guidato dal premio nobel Yunus con la benevola momentanea tolleranza dell'esercito.\r\n\r\nIn Sri Lanka è stato eletto nuovo presidente Anura Kumara Dissanayake leader del Partito nazionale del popolo, coalizione di sinistra che raccoglie anche i JVP il partito del presidente di tendenza marxista rivoluzionaria fondato nel 1965. Dissanayake ha promesso di sviluppare il settore manifatturiero, quello tecnologico e l’agricoltura, ma soprattutto in campagna elettorale si è posto come il candidato anticorruzione, vicino al popolo e garante della trasparenza. Sta rinegoziando con il FMI il prestito che a condizionalità insostenibili per il paese aveva contrattato Rajapaksa, rappresentante della dinastia al potere , le aspettative sono molte dopo il default sul debito ed anche le ferite della guerra civile contro i Tamil durata dal 1983 al 2009 attendono di essere rimarginate .\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/09/Miavaldi_2024-09-27.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nCon Matteo Pamidesse ,di Focus on Africa , approfondiamo la situazione in Sudan e in Corno d'Africa. In Sudan giovedì l’esercito regolare ha iniziato una controffensiva particolarmente intensa, la più grande degli ultimi mesi, nelle zone del paese controllate dal gruppo paramilitare Rapid Support Forces (RSF), che sono concentrate soprattutto nella capitale Khartum. Furiosi combattimenti si registrano a Omdurman, la città gemella di Khartoum nel pieno del centro abitato con conseguenze disastrose per i civili . La guerra che sembrava congelata in una divisione del paese che ricordava lo scenario libico ha avuto quindi un accelerazione dovuta forse al rifornimento di materiale bellico ulteriore da parte degli alleati di Al Burhan (Egitto) e ad un tentativo di acquisire vantaggi sul campo in vista di una eventuale trattativa .\r\n\r\nLe condizioni della popolazione sono spaventose ,è la più grave crisi umanitaria nel mondo e oltre alle devastazioni dovute alla guerra ,le migliaia di sfollati , la carestia che affligge varie parti del paese , le violazioni dei diritti umani e le violenze esercitate dalle parti in conflitto contro la popolazione civile si aggiunge l'epidemia di colera che sta colpendo la capitale.\r\n\r\nTutto ciò avviene in un contesto regionale sempre più teso con l'Egitto che si appresta a trasferire truppe in Somalia in seguito ad un accordo con Mogadiscio in funzione anti Etiopia che invece reclama un accesso al mare in seguito agli accordi con il Somaliland per l'utilizzo in concessione di un tratto di costa sul Mar Rosso. Sullo sfondo le tensioni mai sopite tra Egitto ed Etiopia a proposito della diga del Gerd sul fiume Nilo Azzurro il cui riempimento in atto dal 2020 sta provocando le proteste dell'Egitto e del Sudan che si ritengono danneggiati nell'utilizzo delle risorse idriche del Nilo.\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/09/BASTIONI-26092024-PALAMIDESSE.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n ","29 Settembre 2024","2024-09-29 13:02:11","BASTIONI DI ORIONE 26/09/2024-AMERICA LATINA DISILLUSIONI E RUMORI DI SCIABOLE-SRI LANKA E BANGLADESH ,SOMMOVIMENTI NELLA PERIFERIA INDIANA -SUDAN AL BURHAN ATTACCA KHARTOUM MENTRE IL CORNO D'AFRICA E' SEDUTO SU UNA POLVERIERA.",1727614931,[447],[338],{"post_content":521},{"matched_tokens":522,"snippet":523,"value":524},[18],"diga del Gerd sul fiume \u003Cmark>Nilo\u003C/mark> Azzurro il cui riempimento in","In questa puntata di Bastioni di Orione con Diego Battistessa ,nostro interlocutore privilegiato per quanto concerne il continente latinoamericano, guardiamo all'insieme dell'America Latina in una fase di ridefinizione degli equilibri regionali scandita anche da cupe reminescenze golpiste che inquietano il presidente della Colombia Petro e l'Honduras di Xiomara Castro .Inoltre ci sono tensioni sempre più acute fra il Venezuela di Maduro ,deluso dal mancato sostegno di alcuni governi latinoamericani supposti amici , e L'Argentina di Milei dove il tasso di povertà è arrivato al 52,9 % grazie alle politiche ultraliberiste del \"loco\". I due paesi si scambiano accuse e spiccano mandati di arresto reciproci tra i due presidenti, intanto sul piano diplomatico il Messico non invita la corona di Spagna alla cerimonia d'insediamento della nuova presidente Claudia Sheinbaum a causa delle sue mancate scuse per i crimini commessi dagli spagnoli durante la conquista ,ferite che ancora bruciano.\r\n\r\nIl modello Bukele adotatto in El Salvador si propone come soluzione alla violenza diffusa ,meno diritti piu' repressione ,ma le conseguenze di queste politiche repressive si riflettono sullo stato della società civile stretta tra la violenza istituzionale e quella dei narcos che acquisiscono sempre più potere e influenza economica sul continente.\r\n\r\nUn quadro complesso in chiaroscuro che ci rimanda un America Latina nel pieno di un processo di transizione in cui si sovrappongono diversi modelli di società a volte contrapposti , con contraddizioni e fratture sociali derivate dalle eterne disuguaglianze che sono ben lungi dal ricomporsi.\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/09/BASTIONI-26092024-BATTISTESSA.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nCon Matteo Miavaldi ,profondo conoscitore della realtà indiana, parliamo dell'India e dei sommovimenti alla sua periferia in Sri Lanka e Bangladesh.\r\n\r\nNel contesto frammentato ed attraversato dagli eventi bellici che sta ridefinendo gli equilibri internazionali ,l'India ha una postura di equidistanza fra i blocchi che si stanno profilando. Da una parte è integrata nei BRICS dall'altra è all'interno del QUAD un'alleanza militare anti-cinese guidata dagli americani e comprendente anche giapponesi, indiani e australiani. Questa politica è erede della posizione di non allineamento (quando c'erano i due blocchi contrapposti ) di Nehru e di Indira Ghandi, ma il contesto è molto diverso e l'India è un partner commerciale importante della Cina ,nonostante le tensioni ai confini , e al contempo un rivale regionale . Intanto le cose si muovono ai confini del continente indiano ,le dinastie che hanno governato il Bangladesh e lo Sri Lanka sono state estromesse dalle rivolte popolari ,Sheikh Hasina la presidente dal pugno di ferro del Bangladesh è in esilio in India con grave imbarazzo di Modi ,mentre a Dacca il governo ad interim sostenuto dai movimenti studenteschi che hanno promosso la rivolta contro Hasina è guidato dal premio nobel Yunus con la benevola momentanea tolleranza dell'esercito.\r\n\r\nIn Sri Lanka è stato eletto nuovo presidente Anura Kumara Dissanayake leader del Partito nazionale del popolo, coalizione di sinistra che raccoglie anche i JVP il partito del presidente di tendenza marxista rivoluzionaria fondato nel 1965. Dissanayake ha promesso di sviluppare il settore manifatturiero, quello tecnologico e l’agricoltura, ma soprattutto in campagna elettorale si è posto come il candidato anticorruzione, vicino al popolo e garante della trasparenza. Sta rinegoziando con il FMI il prestito che a condizionalità insostenibili per il paese aveva contrattato Rajapaksa, rappresentante della dinastia al potere , le aspettative sono molte dopo il default sul debito ed anche le ferite della guerra civile contro i Tamil durata dal 1983 al 2009 attendono di essere rimarginate .\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/09/Miavaldi_2024-09-27.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nCon Matteo Pamidesse ,di Focus on Africa , approfondiamo la situazione in Sudan e in Corno d'Africa. In Sudan giovedì l’esercito regolare ha iniziato una controffensiva particolarmente intensa, la più grande degli ultimi mesi, nelle zone del paese controllate dal gruppo paramilitare Rapid Support Forces (RSF), che sono concentrate soprattutto nella capitale Khartum. Furiosi combattimenti si registrano a Omdurman, la città gemella di Khartoum nel pieno del centro abitato con conseguenze disastrose per i civili . La guerra che sembrava congelata in una divisione del paese che ricordava lo scenario libico ha avuto quindi un accelerazione dovuta forse al rifornimento di materiale bellico ulteriore da parte degli alleati di Al Burhan (Egitto) e ad un tentativo di acquisire vantaggi sul campo in vista di una eventuale trattativa .\r\n\r\nLe condizioni della popolazione sono spaventose ,è la più grave crisi umanitaria nel mondo e oltre alle devastazioni dovute alla guerra ,le migliaia di sfollati , la carestia che affligge varie parti del paese , le violazioni dei diritti umani e le violenze esercitate dalle parti in conflitto contro la popolazione civile si aggiunge l'epidemia di colera che sta colpendo la capitale.\r\n\r\nTutto ciò avviene in un contesto regionale sempre più teso con l'Egitto che si appresta a trasferire truppe in Somalia in seguito ad un accordo con Mogadiscio in funzione anti Etiopia che invece reclama un accesso al mare in seguito agli accordi con il Somaliland per l'utilizzo in concessione di un tratto di costa sul Mar Rosso. 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