","Contro le metafore belliche della pandemia","post",1585854931,[60,61,62,63,64,65,66],"http://radioblackout.org/tag/analisi-critica-del-discorso/","http://radioblackout.org/tag/cose/","http://radioblackout.org/tag/demilitarizzazione/","http://radioblackout.org/tag/guerra/","http://radioblackout.org/tag/metafore/","http://radioblackout.org/tag/pandemia/","http://radioblackout.org/tag/parole/",[33,15,29,68,21,69,17],"guerra","pandemia",{"post_content":71,"tags":77},{"matched_tokens":72,"snippet":75,"value":76},[73,74],"del","discorso","nemico, quando gli elementi ideologici \u003Cmark>del\u003C/mark> \u003Cmark>discorso\u003C/mark> sono sottesi, ambigui, non chiaramente","\"(...) il più antico degli appelli alla mobilitazione è risuonato in tutte le lingue: siamo in guerra. “Nous sommes en guerre” aveva scandito per ben sette volte il presidente francese Emmanuel Macron nel suo \u003Cmark>discorso\u003C/mark> alla nazione \u003Cmark>del\u003C/mark> 12 marzo, evocando una chiamata alle armi di tutti i compatrioti, seppure l’ordine non fosse di presentarsi al fronte, bensì di restare a casa.Nulla di nuovo: in letteratura si trovano numerosi esempi che mostrano come il linguaggio bellico sia pervasivo in medicina, sia nella pratica clinica sia nel \u003Cmark>discorso\u003C/mark> pubblico, dove le metafore militari diventano predominati. In entrambi i casi, il ricorso al gergo militaresco trova giustificazione nel suo potere di mobilitazione. Nella clinica, si ritiene che possa tenere alto il morale dei pazienti e rinsaldare l’alleanza fra medici e assistiti durante il percorso di cura, soprattutto in caso di malattie gravi e debilitanti. Sul piano sociale, suona come un appello alla nazione per sbloccare risorse economiche, giustificare politiche d’emergenza e incoraggiare la popolazione ad accettare i sacrifici imposti in virtù di una causa comune, com’è richiesto oggi ai cittadini di gran parte \u003Cmark>del\u003C/mark> mondo nel tentativo di arginare la diffusione \u003Cmark>del\u003C/mark> nuovo coronavirus\". (tratto da Il linguaggio militare della pandemia, di Giancarlo Sturloni)\r\n\r\n\"Chi è il nemico, quando gli elementi ideologici \u003Cmark>del\u003C/mark> \u003Cmark>discorso\u003C/mark> sono sottesi, ambigui, non chiaramente espressi? Quando anzi si è in presenza di discorsi diversi, anche divergenti? Soltanto il virus? O non è forse, questo «nemico invisibile», una utile espressione per occultare l’oggetto della propria «guerra», delle proprie strategie? Perfino un’opportunità retorica, come ha suggerito Francisco Oliveira sul quotidiano argentino «La Nación» il 21 marzo? (...) Il nemico invisibile («the invisible enemy») non è forse quello che permette a Donald Trump – autoproclamatosi non a caso «war-time president» – di invocare, come ha fatto nei giorni scorsi, leggi straordinarie per combattere nemici ben visibili (i migranti al confine col Messico), e per assumere poteri speciali grazie al «Defense Production Act», un provvediento di emergenza che risale alla guerra di Corea degli anni Cinquanta e che garantirebbe al presidente ampia autorità «[to] expedite and expand the supply of resources from the U.S. industrial base to support military, energy, space, and homeland security programs»?\" (tratto da Sul «nemico invisibile» e altre metafore di guerra, di Federico Faloppa)\r\n\r\nInsieme alla linguista Cristina Caimotto abbiamo dapprima cercato di rintracciare alcune delle metafore utilizzate all'interno della comunicazione politica ai tempi \u003Cmark>del\u003C/mark> Covid-19, in particolare la metafora bellica....\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/metafore.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n...per poi tracciare un primo tentativo di \u003Cmark>analisi\u003C/mark> sulla loro performatività simbolica e materiale e sulla necessità di demilitarizzare il nostro linguaggio per costruire immaginari di rottura con l'ordine capitalista dominante:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/Cristina_esteso-1.mp3\"][/audio]",[78,83,85,87,89,91,93],{"matched_tokens":79,"snippet":82},[80,81,73,74],"analisi","critica","\u003Cmark>analisi\u003C/mark> \u003Cmark>critica\u003C/mark> \u003Cmark>del\u003C/mark> \u003Cmark>discorso\u003C/mark>",{"matched_tokens":84,"snippet":15},[],{"matched_tokens":86,"snippet":29},[],{"matched_tokens":88,"snippet":68},[],{"matched_tokens":90,"snippet":21},[],{"matched_tokens":92,"snippet":69},[],{"matched_tokens":94,"snippet":17},[],[96,101],{"field":34,"indices":97,"matched_tokens":98,"snippets":100},[46],[99],[80,81,73,74],[82],{"field":102,"matched_tokens":103,"snippet":75,"value":76},"post_content",[73,74],2314894167593451500,{"best_field_score":106,"best_field_weight":107,"fields_matched":38,"num_tokens_dropped":46,"score":108,"tokens_matched":109,"typo_prefix_score":46},"4419510927616",13,"2314894167593451626",4,{"document":111,"highlight":130,"highlights":135,"text_match":138,"text_match_info":139},{"cat_link":112,"category":113,"comment_count":46,"id":114,"is_sticky":46,"permalink":115,"post_author":49,"post_content":116,"post_date":117,"post_excerpt":52,"post_id":114,"post_modified":118,"post_thumbnail":119,"post_thumbnail_html":120,"post_title":121,"post_type":57,"sort_by_date":122,"tag_links":123,"tags":129},[43],[45],"44229","http://radioblackout.org/2017/11/abuso-improprio-di-produzione-artistica/","La consueta ubriacatura artificiale di una settimana di arte a Torino ha esasperato la portata di molte mosse sbagliate da tutti i protagonisti della sceneggiata: la sindaca miliardaria Appendino che ha voluto fare la Dama di san Vincenzo dell'arte e portare un po' di cultura \"alta\" ai buzzurri di periferia. Le era anche stato spiegato dove aveva sbagliato, a parole, poi la provocazione dei coni gelato illuminati a novembre a intristire le strutture suburbi con colori fuori contesto ha provocato gesti situazionisti degni di un trattato plaudente delle migliori penne che la nostra critica può sfoderare. E allora a intingere la sua acuta analisi nell'inchiostro del sardonico commento a queste espressioni di un sistema ormai completamente avulso dalla realtà con cui non vuole nemmeno confrontarsi, ma solo fare gesti che rispondono a logiche di mero calcolo propagandistico, abbiamo chiamato Franco Fanelli, incisore torinese, docente e redattore del \"Giornale dell'Arte\".\r\n\r\nIl pretesto per questa chiacchierata che abbiamo diviso in due parti – una legata a questioni più prettamente locali e l'altra che si estende a livello globale (per poi ricondursi all'ambito locale, con rimandi costanti ai due mondi surrettiziamente contrapposti, quando invece vedremo che rispondono a criteri assimilabili) – è offerto da questioni locali di neocolonialismo di periferie imbelli ma anche di conferimento di legittimazione di Stati e inserimento nel consesso di chi fa riferimento all'unica cultura prevista per ottenere l'adesione di massa a un concetto di cultura e quindi di sistema: è quest'ultimo il caso del Louvre di Abu Dhabi che in questi giorni è stato palesemente gonfiato da critici incensanti. Perciò abbiamo premesso la sintesi di tre articoli di quotidiani che introducono i vari aspetti che abbiamo trattato con Franco e che poi sono stati ampliati dal discorso a tutto campo.\r\n\r\nQui si dipanano i 22 minuti relativi alla parte locale: la reazione situazionista autoctona che ha voluto spiegare all'autorità torinese e ai suoi servi intellettuali (compreso l'inconsistente Luca Beatrice, buono per ogni stagione futurista e passatista) dove dovevano ficcarsi i coni gelato, spiegando chi per primo avesse operato un vulnus sulla reale espressione artistica del genius loci:\r\n\r\ncolonialismo artistico locale\r\n\r\nPoi la discussione si è allargata, portando il discorso a quello che è l'uso ormai assodato da almeno 3 secoli di opere riconosciute come artistiche dal potere e da chi detiene le leve economiche per poter usare l'evento artistico in funzione di espressione di potere e di manifestazione di estensione dello stesso: lo scambio simbolico che conferisce lo status e l'integrazione nel consesso di chi è parte dell'impero... anche in questo caso a prescindere dalla forza derivante dal tempo e dal luogo in cui si va a inserire la ferita dell'imposizione di un'interpretazione unidirezionale del mondo centrata sulla supremazia occidentale, pur incensando il detentore delle fonti energetiche, che mette in cantiere investimenti faraonici (e artificiali), come peraltro fin dagli antichi romani siamo abituati ad assistere.\r\n\r\ncolnialismo artistico globale","11 Novembre 2017","2017-11-14 14:01:59","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/11/Louvre-Abu-Dhabi-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"225\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/11/Louvre-Abu-Dhabi-300x225.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/11/Louvre-Abu-Dhabi-300x225.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/11/Louvre-Abu-Dhabi.jpg 560w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Abuso improprio di produzione artistica: dai coni alle Vallette al Louvre nel deserto",1510363771,[124,125,126,127,128],"http://radioblackout.org/tag/abu-dhabi/","http://radioblackout.org/tag/arte-di-sistema/","http://radioblackout.org/tag/louvre/","http://radioblackout.org/tag/luci-dartista/","http://radioblackout.org/tag/situazionismo-e-vandalismo/",[23,27,19,25,31],{"post_content":131},{"matched_tokens":132,"snippet":133,"value":134},[80,73],"a intingere la sua acuta \u003Cmark>analisi\u003C/mark> nell'inchiostro \u003Cmark>del\u003C/mark> sardonico commento a queste espressioni","La consueta ubriacatura artificiale di una settimana di arte a Torino ha esasperato la portata di molte mosse sbagliate da tutti i protagonisti della sceneggiata: la sindaca miliardaria Appendino che ha voluto fare la Dama di san Vincenzo dell'arte e portare un po' di cultura \"alta\" ai buzzurri di periferia. 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In mezzo al caos mediatico le voci di cui più abbiamo sentito l’assenza sono quelle di persone, collettivi ed esperienze che si stanno organizzando concretamente per rispondere alla guerra.\r\n\r\nDopo le prime puntate degli scorsi venerdì, vogliamo dare continuità ad un approfondimento controinformativo che metta al centro le voci e le esperienze di solidarietà, mutualismo, diserzione, critica e resistenza varie che si muovono dentro, contro e attorno al conflitto. Abbiamo ricevuto complimenti e critiche, pensiamo di aver innalzato una serie di contraddizioni, ed è proprio questa la motivazione che ci spinge ad andare avanti.\r\n\r\nOggi una puntata diversa dalle solite, in cui andiamo a sentire le voci di chi si è mosso verso l'Ucraina tramite la Carovana Internazionalista partita da Torino per portare solidarietà e per conoscere con i propri occhi sia le realtà colpite dalla guerra, sia le compagne ed i compagni che per settimane abbiamo ascoltato da questi microfoni e che resistono ogni giorno in un contesto difficile, contradditorio e rischioso.\r\n\r\nUn racconto a caldo, che non ha alcuna pretesa di esaustività, ma che vuole servire da primo riscontro di quello che è stato un viaggio solidale ricco, intenso, denso a livello politico e umano, che ha chiarito molti punti e ha alimentato altri dubbi.\r\n\r\nUn modo per provare a dare a tutt* elementi di lettura critica sul conflitto in corso e soprattutto sulle forme di autorganizzazione, solidarietà e autodifesa armata che si sono sviluppate dall'inizio della guerra in Ucraina contro l'aggressione Russa e come scelta di esistenza attuale e futura.\r\n\r\nCome sempre, l'introduzione poetica di Nazim Hikmet letta dal nostro tecnico-intellettuale:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/04/poesia-2.mp3\"][/audio]\r\n\r\nL'introduzione alla puntata:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/04/intro.mp3\"][/audio]\r\n\r\nIl racconto di come è nata questa carovana, dove è andata, chi ha incontrato, che aiuti ha portato, cosa ha visto e come si è sentita a livello umano e politico. Dal confine Polacco, a Lviv, fino a Kyiv e ai villaggi a nord della capitale devastati dalla guerra:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/04/racconto.mp3\"][/audio]\r\n\r\nQui un focus sui compagni e compagne della realtà di Operation-Solidarity che abbiamo incontrato a Lviv e a Kyiv, come si strutturano, organizzano e cosa fanno, almeno sulla base di ciò che abbiamo visto e percepito, e cosa ci hanno raccontato in termini di prospettiva politica nel panorama attuale Ucraino:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/04/opsol.mp3\"][/audio]\r\n\r\nUna spiegazione di chi sono e come si strutturano le milizie di difesa territoriale nell'esercito ucraino in cui diverse compagn* sono entrate e stanno cercando di creare dei battaglioni armati in cui applicare metodi antiautoritari, all'interno comunque di un contesto di guerra con tutte le sue dinamiche e gerarchie:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/04/military-defense-compagni.mp3\"][/audio]\r\n\r\nQui proviamo a fare un quadro delle spinte nazionalistiche che abbiamo visto con i nostri occhi a livello di propaganda interna da parte dell'Ucraina, dalle bandiere del Partito Nazionalista Ucraina ai cartelloni con frasi che inneggiano all'arruolamento, sino all'utilizzo di qualsiasi elemento storico in chiave anti-russa, e facciamo un paio di riflessioni (a partire da quanto ci hanno raccontato le compagn* ucraine) su quanto a livello sociale e politico questo spinto nazionalismo sia realmente sentito dalla popolazione e quanto significhi adesione ad istanze naziste:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/04/nazionalismo-contesto-ucraino.mp3\"][/audio]\r\n\r\nQui ci chiedono una domanda fondamentale: partendo da una posizione disfattista maggioritaria in Italia da parte dell* compagn* anarchiche in relazione alle prospettiva di lotta future dei compagni Ucraini, cosa ci portiamo a casa dall'incontro dal vivo con quelle realtà? 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A loro, tutto la nostra solidarietà e un grande abbraccio. \r\n\r\nStay tuned su RadioBlackout 105.250!\r\n\r\n\r\n\r\nContatti, informazioni e riferimenti per sostenere le realtà incontrate in Ucraina e come rimanere in contatto:\r\n\r\nQui una pagina della Carovana Internazionalista con le motivazioni politiche, l'appello iniziale, gli aggiornamenti, le foto e i racconti giorno per giorno:\r\nhttps://gabrio.noblogs.org/carovana-solidale-internazionalista/\r\n\r\nSito di Operation Solidarity\r\nhttps://operation-solidarity.org/\r\ne telegram\r\nhttps://t.me/solidarnistinua\r\n\r\nTelegram del \"Comitato di Resistenza di Kyiv\"\r\nhttps://t.me/theblackheadquarter\r\n\r\nPer sostenere Operation Solidarity tramite la Croce Nera Anarchica di Dresda\r\nhttps://abcdd.org/en/2022/03/23/update-donation-for-solidarity-with-anarchist-and-anti-authoritarian-activist-from-ukraine/\r\n\r\nSito di riferimento politico per Lviv Social Movement (in inglese)\r\nhttps://rev.org.ua/english/\r\n\r\nQui un breve documentario fatto da un compagno greco che spiega le motivazioni e il contesto politico di sottofondo alla scelta di anarchich* di combattere, o sostenere chi combatte, a livello armato contro l'invasione Putiniana.\r\nhttps://www.youtube.com/watch?v=XQxooEmFw-0","22 Aprile 2022","2022-05-03 17:06:28","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/04/photo_2022-04-20_10-25-25-e1650705315878-200x110.jpg","VOCI DALL’UCRAINA, VOCI DALLA RUSSIA, RACCONTO DELLA CAROVANA SOLIDALE INTERNAZIONALISTA","podcast",1650649527,[191,192,193],"http://radioblackout.org/tag/carovana/","http://radioblackout.org/tag/solidarieta/","http://radioblackout.org/tag/ucraina/",[163,165,159],{"post_content":196},{"matched_tokens":197,"snippet":198,"value":199},[80,73],"Italia. Si parte da una \u003Cmark>analisi\u003C/mark> \u003Cmark>del\u003C/mark> contesto politico Ucraino post-Maidan, con","Dall’inizio \u003Cmark>del\u003C/mark> conflitto in Ucraina siamo sottoposti a un sovraccarico di informazioni e \u003Cmark>analisi\u003C/mark> geopolitiche di ogni risma. In mezzo al caos mediatico le voci di cui più abbiamo sentito l’assenza sono quelle di persone, collettivi ed esperienze che si stanno organizzando concretamente per rispondere alla guerra.\r\n\r\nDopo le prime puntate degli scorsi venerdì, vogliamo dare continuità ad un approfondimento controinformativo che metta al centro le voci e le esperienze di solidarietà, mutualismo, diserzione, \u003Cmark>critica\u003C/mark> e resistenza varie che si muovono dentro, contro e attorno al conflitto. Abbiamo ricevuto complimenti e critiche, pensiamo di aver innalzato una serie di contraddizioni, ed è proprio questa la motivazione che ci spinge ad andare avanti.\r\n\r\nOggi una puntata diversa dalle solite, in cui andiamo a sentire le voci di chi si è mosso verso l'Ucraina tramite la Carovana Internazionalista partita da Torino per portare solidarietà e per conoscere con i propri occhi sia le realtà colpite dalla guerra, sia le compagne ed i compagni che per settimane abbiamo ascoltato da questi microfoni e che resistono ogni giorno in un contesto difficile, contradditorio e rischioso.\r\n\r\nUn racconto a caldo, che non ha alcuna pretesa di esaustività, ma che vuole servire da primo riscontro di quello che è stato un viaggio solidale ricco, intenso, denso a livello politico e umano, che ha chiarito molti punti e ha alimentato altri dubbi.\r\n\r\nUn modo per provare a dare a tutt* elementi di lettura \u003Cmark>critica\u003C/mark> sul conflitto in corso e soprattutto sulle forme di autorganizzazione, solidarietà e autodifesa armata che si sono sviluppate dall'inizio della guerra in Ucraina contro l'aggressione Russa e come scelta di esistenza attuale e futura.\r\n\r\nCome sempre, l'introduzione poetica di Nazim Hikmet letta dal nostro tecnico-intellettuale:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/04/poesia-2.mp3\"][/audio]\r\n\r\nL'introduzione alla puntata:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/04/intro.mp3\"][/audio]\r\n\r\nIl racconto di come è nata questa carovana, dove è andata, chi ha incontrato, che aiuti ha portato, cosa ha visto e come si è sentita a livello umano e politico. Dal confine Polacco, a Lviv, fino a Kyiv e ai villaggi a nord della capitale devastati dalla guerra:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/04/racconto.mp3\"][/audio]\r\n\r\nQui un focus sui compagni e compagne della realtà di Operation-Solidarity che abbiamo incontrato a Lviv e a Kyiv, come si strutturano, organizzano e cosa fanno, almeno sulla base di ciò che abbiamo visto e percepito, e cosa ci hanno raccontato in termini di prospettiva politica nel panorama attuale Ucraino:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/04/opsol.mp3\"][/audio]\r\n\r\nUna spiegazione di chi sono e come si strutturano le milizie di difesa territoriale nell'esercito ucraino in cui diverse compagn* sono entrate e stanno cercando di creare dei battaglioni armati in cui applicare metodi antiautoritari, all'interno comunque di un contesto di guerra con tutte le sue dinamiche e gerarchie:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/04/military-defense-compagni.mp3\"][/audio]\r\n\r\nQui proviamo a fare un quadro delle spinte nazionalistiche che abbiamo visto con i nostri occhi a livello di propaganda interna da parte dell'Ucraina, dalle bandiere \u003Cmark>del\u003C/mark> Partito Nazionalista Ucraina ai cartelloni con frasi che inneggiano all'arruolamento, sino all'utilizzo di qualsiasi elemento storico in chiave anti-russa, e facciamo un paio di riflessioni (a partire da quanto ci hanno raccontato le compagn* ucraine) su quanto a livello sociale e politico questo spinto nazionalismo sia realmente sentito dalla popolazione e quanto significhi adesione ad istanze naziste:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/04/nazionalismo-contesto-ucraino.mp3\"][/audio]\r\n\r\nQui ci chiedono una domanda fondamentale: partendo da una posizione disfattista maggioritaria in Italia da parte dell* compagn* anarchiche in relazione alle prospettiva di lotta future dei compagni Ucraini, cosa ci portiamo a casa dall'incontro dal vivo con quelle realtà? Cambia questo disfattismo evolvendo in una fiducia e consapevolezza politica futura?\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/04/dsfattismo.mp3\"][/audio]\r\n\r\nConcludiamo con un contributo che cerca di focalizzare il \u003Cmark>discorso\u003C/mark> su quale nemico i compagn* ucraini stanno combattendo, soprattutto in un confronto con le istanze e le dinamiche di lotta qui da noi in Italia. Si parte da una \u003Cmark>analisi\u003C/mark> \u003Cmark>del\u003C/mark> contesto politico Ucraino post-Maidan, con l'ascesa di gruppi di destra in forme strutturate e militari. Ma quanto è nazificata realmente la società civile Ucraina, e quanto questo incide sulle prospettiva di lotta in cui operano le compagn* ucraine? E poi come si strutturano i battaglioni di compagn* in relazione a questo contesto?\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/04/destre-denazificano.mp3\"][/audio]\r\n\r\nRicordiamo come questo contributo è solo il primo e parziale di una serie di iniziative di restituzione e di discussione collettiva. Anche i partecipanti alla carovana necessitano di discussioni e riflessioni collettive per digerire tutte le informazioni, tensioni e suggestioni recepite tramite i compagni e le realtà viste.\r\n\r\nUn ringraziamento a tutt* le persone intervistate e che hanno reso possibile la Carovana Internazionalista Solidale, a chi ha supportato con benefit, con appoggio e vicinanza umana, con la comunicazione, questa esperienza di informazione e solidarietà.\r\n\r\n\r\nMa soprattutto un ringraziamento enorme alle compagne e compagni in Polonia, in Ucraina e dovunque lungo tutto il nostro percorso, che ci hanno accolto con infinita disponibilità e collaborazione umana e politica. A loro, tutto la nostra solidarietà e un grande abbraccio. \r\n\r\nStay tuned su RadioBlackout 105.250!\r\n\r\n\r\n\r\nContatti, informazioni e riferimenti per sostenere le realtà incontrate in Ucraina e come rimanere in contatto:\r\n\r\nQui una pagina della Carovana Internazionalista con le motivazioni politiche, l'appello iniziale, gli aggiornamenti, le foto e i racconti giorno per giorno:\r\nhttps://gabrio.noblogs.org/carovana-solidale-internazionalista/\r\n\r\nSito di Operation Solidarity\r\nhttps://operation-solidarity.org/\r\ne telegram\r\nhttps://t.me/solidarnistinua\r\n\r\nTelegram \u003Cmark>del\u003C/mark> \"Comitato di Resistenza di Kyiv\"\r\nhttps://t.me/theblackheadquarter\r\n\r\nPer sostenere Operation Solidarity tramite la Croce Nera Anarchica di Dresda\r\nhttps://abcdd.org/en/2022/03/23/update-donation-for-solidarity-with-anarchist-and-anti-authoritarian-activist-from-ukraine/\r\n\r\nSito di riferimento politico per Lviv Social Movement (in inglese)\r\nhttps://rev.org.ua/english/\r\n\r\nQui un breve documentario fatto da un compagno greco che spiega le motivazioni e il contesto politico di sottofondo alla scelta di anarchich* di combattere, o sostenere chi combatte, a livello armato contro l'invasione Putiniana.\r\nhttps://www.youtube.com/watch?v=XQxooEmFw-0",[201],{"field":102,"matched_tokens":202,"snippet":198,"value":199},[80,73],2310390568233992000,{"best_field_score":205,"best_field_weight":141,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":46,"score":206,"tokens_matched":109,"typo_prefix_score":46},"2220487802880","2310390568233992305",{"document":208,"highlight":227,"highlights":232,"text_match":235,"text_match_info":236},{"comment_count":46,"id":209,"is_sticky":46,"permalink":210,"podcastfilter":211,"post_author":212,"post_content":213,"post_date":214,"post_excerpt":52,"post_id":209,"post_modified":215,"post_thumbnail":216,"post_title":217,"post_type":188,"sort_by_date":218,"tag_links":219,"tags":226},"26510","http://radioblackout.org/podcast/italiani-brava-gente-il-razzismo-contro-slavi-ed-ebrei-a-trieste/",[],"anarres","In occasione del 75° anniversario dell’annuncio delle leggi razziali, fatto a Trieste il 18 settembre 1938 da Benito Mussolini, il Comitato Cittadini Liberi ed Eguali promosse lo scorso anno un convegno. Dalle relazioni a qull'incontro è nato un libro.\r\nUn libro che raccoglie sia gli interventi di esperti e studiosi sia le testimonianze di persone che quel giorno erano in Piazza Unità. Per l'occasione vennero recuperati filmati e foto dell’epoca. In tre quarti di secolo, le istituzioni democratiche hanno ignorato la ricorrenza. Il libro è un tentativo di sedimentare una memoria quasi cancellata.\r\n\r\nL'antisemitismo a Trieste, strettamente collegato a quello di matrice austriaca e tedesca, offre strumenti per lo sterminio degli ebrei giuliani, messo in pratica dopo l’8 settembre 1943, nel famigerato Adriatische Küstenland. Appositi uffici dell’anagrafe si occuparono di redigere con zelo le liste degli ebrei triestini, elenchi che poi consegnarono agli agenti nazisti, incaricati nel 1943 degli arresti e delle deportazioni.\r\n\r\nLe spinte razziste, sia antisemite che antislave, all’interno di una conflittualità nazionale compaiono, sia pure in forme non ancora apertamente violente, già prima della Prima Guerra Mondiale. Dopo il 1918 l’identità italiana è spesso vissuta come una condizione di superiorità nei confronti degli “slavi rurali” ai quali è assegnato un posto subordinato in quanto appartenenti a una “civiltà inferiore”. Anche la lotta antisemita costituisce un elemento caratterizzante la proclamata italianità a partire dalla metà degli anni Trenta. Un dato preoccupante è fornito dal largo consenso, anche se non totale, che le leggi razziali riscontrano nella popolazione triestina e di cui è un documento visivo la folla “oceanica” di Piazza Unità.\r\n\r\nLa Trieste culla di tolleranza e inclusività è solo un mito. La realtà fu di breve durata e non va oltre la metà dell'Ottocento, quando si nota l’inizio di una forte propaganda antiebraica, in particolare ad opera della tendenza cattolica che fa riferimento ai cristiano-sociali, movimento politico religioso e nazionalista notevolmente attivo nel capoluogo giuliano.\r\nPer questa area politica e culturale occorre circoscrivere il potere degli ebrei, puntabndo l'indice contro gli ambienti liberal-nazionali che registrano una notevole presenza di persone di origine ebraica: i Venezian e i Mayer per citare due importanti famiglie economiche e politiche. Questo gruppo di pressione egemonizza il Comune e condiziona la vita cittadina in direzione laica, conservatrice e di esplicita simpatia verso il Regno d’Italia. Anche ambienti sloveni borghesi si associano, per motivi di interesse economico, a questa critica antisemita che animalizza la figura del nemico “parassita” accusato di succhiare il sangue ai cittadini comuni. A loro volta, i liberal-nazionali danno vita a forme di propaganda antislava che rasentano il razzismo. Sia nell’antisemitismo che nell’antislavismo, che emergono chiaramente in una parte della stampa dell’epoca, come su “L’indipendente”, si riconoscono vari gruppi cittadini talora molto differenti tra loro per mentalità di classe e ispirazione ideologica. In alcuni casi, come in Ruggero Fauro Timeus, i due razzismi si fondono e costituiscono l’ossatura teorica di una parte della cittadinanza triestina piuttosto diffidente verso gli ebrei, giudicati troppo potenti, e verso gli sloveni, considerati popolazione contadina sottosviluppata. Le correnti irredentiste nazionaliste manifestano, fino al 1914 e oltre, una spiccata volontà xenofoba e forniranno perciò elementi fondanti del futuro razzismo fascista.\r\n\r\nIl discorso di Mussolini del 18 settembre 1938, con il presunto privilegio concesso ai triestini di assistere alla presentazione delle leggi razziali, non è quindi un fulmine a ciel sereno. Si basa invece su un terreno culturale e politico già intriso di pregiudizi e discriminazioni.\r\n\r\nLa dannazione della memoria tipica della cultura italiana del secondo dopoguerra utilizza il mito falso dell'italiano brava gente per assolvere il popolo e, in ultima analisi, anche il Ventennio fascista, dall'accusa di antisemitismo, razzismo antislavo, dai genocidi perpetrati dall'Italia coloniale e fascista in Libia e nel Corno d'Africa.\r\nUn esempio interessante ci viene offerto all'inizio degli anni Sessanta. Il processo celebrato in Israele contro Adolf Eichmann, catturato in Argentina, venne seguito anche dal \"Piccolo\" e dal settimanale diocesano \"Vita Nuova\".\r\nEichmann era una delle rotelle che contribuirono a far funzionare il complesso meccanismo di eliminazione di massa degli ebrei, dei rom e dei sinti.\r\nSe Eichmann - nella felice definizione che ne diede Hanna Harendt - era il segno di quanto banale sia il male, i due giornali triestini, esaltando qualche episodio di ebrei salvati da italiani, contribuisce a costruire e rinsaldare la falsa contrapposizione tra italiani \"buoni\" e tedeschi \"cattivi\", assolvendo i primi dalle più che fondate accuse di collaborazionismo.\r\n\r\nQueste note sono liberamente tratte dall'introduzione al libro curata da Claudio Venza.\r\n\r\nCon Venza, già docente di storia contemporanea all'Università di Trieste, abbiamo preso spunto dall'uscita di questo libro per smontare il mito dell'italiano brava gente, raccontando la storia durissima delle persecuzioni subite dalla maggioranza slovena della zona, prima e durante il conflitto mondiale.\r\n\r\nL'assenza di una radicata coscienza della ferocia del colonialismo italiano, l'esaltazione di episodi minori di solidarietà forniscono un alibi al razzismo iltaliano di ieri e di oggi, che va smascherato in tutta la sua crudezza.\r\nLo ha fatto in modo encomiabile con i suoi lavori storici Del Boca, occorre tuttavia lavorare perché divenga sapere condiviso, capace di oltrepassare il circuito degli storici, permeando le nostre periferie, dove affondano le mani i fascisti, che alimentano il pregiudizio razzista e attizzano il fuoco della guerra tra poveri.\r\n\r\nAscolta la diretta con Claudio Venza:\r\n\r\n2014 11 28 venza ital in jugo","30 Novembre 2014","2018-10-17 22:09:54","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/11/olo-200x110.jpg","Italiani brava gente? 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Dalle relazioni a qull'incontro è nato un libro.\r\nUn libro che raccoglie sia gli interventi di esperti e studiosi sia le testimonianze di persone che quel giorno erano in Piazza Unità. Per l'occasione vennero recuperati filmati e foto dell’epoca. In tre quarti di secolo, le istituzioni democratiche hanno ignorato la ricorrenza. Il libro è un tentativo di sedimentare una memoria quasi cancellata.\r\n\r\nL'antisemitismo a Trieste, strettamente collegato a quello di matrice austriaca e tedesca, offre strumenti per lo sterminio degli ebrei giuliani, messo in pratica dopo l’8 settembre 1943, nel famigerato Adriatische Küstenland. Appositi uffici dell’anagrafe si occuparono di redigere con zelo le liste degli ebrei triestini, elenchi che poi consegnarono agli agenti nazisti, incaricati nel 1943 degli arresti e delle deportazioni.\r\n\r\nLe spinte razziste, sia antisemite che antislave, all’interno di una conflittualità nazionale compaiono, sia pure in forme non ancora apertamente violente, già prima della Prima Guerra Mondiale. Dopo il 1918 l’identità italiana è spesso vissuta come una condizione di superiorità nei confronti degli “slavi rurali” ai quali è assegnato un posto subordinato in quanto appartenenti a una “civiltà inferiore”. Anche la lotta antisemita costituisce un elemento caratterizzante la proclamata italianità a partire dalla metà degli anni Trenta. Un dato preoccupante è fornito dal largo consenso, anche se non totale, che le leggi razziali riscontrano nella popolazione triestina e di cui è un documento visivo la folla “oceanica” di Piazza Unità.\r\n\r\nLa Trieste culla di tolleranza e inclusività è solo un mito. La realtà fu di breve durata e non va oltre la metà dell'Ottocento, quando si nota l’inizio di una forte propaganda antiebraica, in particolare ad opera della tendenza cattolica che fa riferimento ai cristiano-sociali, movimento politico religioso e nazionalista notevolmente attivo nel capoluogo giuliano.\r\nPer questa area politica e culturale occorre circoscrivere il potere degli ebrei, puntabndo l'indice contro gli ambienti liberal-nazionali che registrano una notevole presenza di persone di origine ebraica: i Venezian e i Mayer per citare due importanti famiglie economiche e politiche. Questo gruppo di pressione egemonizza il Comune e condiziona la vita cittadina in direzione laica, conservatrice e di esplicita simpatia verso il Regno d’Italia. Anche ambienti sloveni borghesi si associano, per motivi di interesse economico, a questa \u003Cmark>critica\u003C/mark> antisemita che animalizza la figura \u003Cmark>del\u003C/mark> nemico “parassita” accusato di succhiare il sangue ai cittadini comuni. A loro volta, i liberal-nazionali danno vita a forme di propaganda antislava che rasentano il razzismo. Sia nell’antisemitismo che nell’antislavismo, che emergono chiaramente in una parte della stampa dell’epoca, come su “L’indipendente”, si riconoscono vari gruppi cittadini talora molto differenti tra loro per mentalità di classe e ispirazione ideologica. 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Allora le immagini dei Tg nazionali sconvolsero buona parte del paese, svegliato bruscamente alle porte del nuovo millenio con la minaccia proclamata a reti unificate di un'invasione barbarica. Un paese, se è permesso qui usare una simile astrazione, con una coscienza ancora incuneata nell'idea di un provincialismo sentito come protettivo, in qualche modo ancora largamente ignaro di essere invece uno degli ingressi geografici dell'UE, di essere uno dei prodotti di uno Stato avanzato e ininterrotamente colonizzatore, di essere inserito con buona posizione in un'economia globale che di lì a poco avrebbe mostrato la sua faccia più truce anche nell'ultima landa del meridione. Che non si fraintenda: non si vuole qui affermare che fosse assente l'idea di uno sfruttamento massiccio e crudele, ancora troppo vicini la fame della guerra e i sopprusi nei campi o in fabbrica, ma dopo la grande sconfitta degli anni '70 il sentire della classe povera nei decenni successivi è stato assestativo, rinchiuso in una miseria percepita nelle città principali così come nelle campagne con consapevole ma rassegnata pacatezza attraverso la lente della disoccupazione strutturale, delle bricciole dello stato sociale, con una rete di relazioni ancora fittamente familiare e di conseguenza nel bene o nel male paracadute della disgrazia.\r\n\r\nErano gli anni '90 e le immagini pubblicitarie delle Ong che intervallavano sulla RAI le proiezioni di Lunedì Cinema parlavano ormai da tempo di piccoli sforzi come l'equivalente di un caffè al giorno per salvare i bambini africani immancabilmente rappresentati in lacrime, col ventre gonfio e tra le baracche d'una terra rossa. L'elemento pietistico ed esotico che caratterizzava questi spot ne svelava l'arcano: un mondo ancora peggiore esisteva ma lontano, le migrazioni verso l'Italia c'erano ma come fenomeno verso le metropoli.\r\n\r\n\r\n\r\nL'immagine della nave Vlora che approda a Bari fu uno dei simboli di un cambiamento epocale in quella mentalità da rifugio provinciale di cui si scriveva: quei mondi percepiti come terribili non erano più così lontani e l'economia globale avrebbe presto posto individui nati in diversi punti del pianeta in competizione per un tozzo di pane e la stessa commessa.\r\n\r\nL'istituzione dei Cpt da parte del governo Prodi I seguì il decorso canonico, non si parla di quello legislativo ma quello della creazione di un discorso specifico sull'immigrazione, va da sé che non potesse che essere quello che oscillava tra l'emergenza e il pericolo di cui naturalmente \"l'extracomunitario\" era portatore. La legge Turco-Napolitano creò tuttavia da subito frizioni interne ai partiti della maggioranza come anche polemiche più o meno accese da parte del mondo associazionistico delle anime belle che la contornavano. Tutto scontato, tutto fisiologico. Non è un caso difatti che in questo periodo si sviluppano tutta una serie di analisi giuridiche, teorie e critiche filosofiche che si chiedevano (e perseverano tuttora) come la detenzione amministrativa potesse essere giustificata o meno in uno Stato di diritto liberale, la più famosa delle quali è quella sullo Stato d'eccezione riformulata da Giorgio Agamben, divenuta un classico per rimanere nel seminato della razionalità del dominio. Insomma un certo vociare, accademico o comunque sovvenzionato nei tavoli dei circoli della sinistra, per cercare di capire se fosse giusto, sbagliato, eccezionale o \"normalmente eccezionale\" l'internamento senza reato alcuno, la prigione per mancanza di documenti. Dimentiche del \"campo\" come uno dei dispositivi principali dell'economia di guerra in tutto il '900, queste affabulazioni teoriche rimanevano e rimangono nel quadro della ricerca della legittimità giuridica, vedendo lo Stato solo nella sua veste corta del diritto e non nell'insieme di rapporti di guerra che lo costituiscono sostanzialmente e con soluzione di continuità dal carroarmato, passando dall'anagrafe e dal lavoro, fino all'ultimo manganello.\r\n\r\nNei Centri da subito le rivolte dei reclusi, la resistenza alle deportazioni, gli scioperi collettivi e i danneggiamenti hanno distrutto più volte le strutture e di conseguenza indicato la strada per la loro scomparsa, coerentemente sempre la stessa. Molti compagni e compagne hanno in tutt'Italia colto l'afflato di libertà e il significato generale che ne usciva contribuendo a quella lotta su diversi piani fino ad arrivare al 2013, in cui buona parte delle strutture erano inagibili e impossibilitate a svolgere il ruolo detentivo.\r\n\r\nEbbene sì, perché la strada indicata incessantemente dalle rivolte ha bisogno di sostegno e di voler vedere quei luoghi distrutti perché nessuno dovrebbe essere imprigionato e perché si riconosce che non sono eccezione ma dispositivi che svolgono un determinato ruolo deterrente, intimidatorio e persino economico necessario a questa società e in questa società, non al di fuori. Tutto ciò non è possibile se non tenendo insieme capre e cavoli, non si può voler far sparire i Cpr se non si capisce quali sono i rapporti sociali che lo necessitano e provare avversità anche per questi. Se non si capisce il Cpr come paradigma sociale, il rischio è quello di finire per supportare forme di controllo ed espulsione più \"umane\", collaborare per ottenerle, fare proposte che facciano chiudere \"il centro di detenzione\", ma che veicolino le stesse necessità repressive in altra maniera.\r\n\r\nEcco perché le critiche democratiche sui Cpt-Cie-Cpr basate sull'illegittimità della forma giuridica o sulle condizioni disumane di reclusione hanno invece negli anni assunto varie forme, fino ad arrivare alla proposta da parte di alcuni enti \"sensibili\" di co-gestione dei problemi migratori. È questo il caso di LasciateCIEntrare, Campagna fondata nel 2011 con lo scopo di testimoniare ciò che accadeva negli allora Cie e la cui collaborazione con i partiti di governo che la detenzione amministrativa l'hanno istituita e rinnovata non è mai stato nascosto, i suoi membri hanno persino stilato un documento politico dell’ottobre 2013 e pubblicato nell’opuscolo “Mai più CIE” in cui la classica critica democratica alla detenzione amministrativa perché non abbastanza umana viene accompagnata da un intero capitolo di proposte, intitolato “Per una diversa disciplina delle espulsioni”, in cui si dice che “non è sufficiente smantellare il sistema degli attuali CIE né la questione si può ridurre ad un loro miglioramento“. Proprio per questo la Campagna propone tra le altre cose di “razionalizzare le tipologie espulsive“, “incentivare forme di rimpatrio/rientro volontario“, prevedere “identificazione e allontanamento delle persone pericolose” studiando “modalità di identificazione e predisposizione dei documenti necessari all’accompagnamento durante l’esecuzione della pena (in carcere o nelle differenti forme di espiazione)“.\r\n\r\nLa strada per un mondo senza Cpr non è una strada di espiazione o di gironi infernali alternativi, non è una campagna culturale che utilizza delegazioni di politici come strumento di conoscenza di ciò che accade dentro, interviste giornalistiche come mezzo di diffusione, ma soprattutto non è una strada che ha come obiettivo il riconoscimento da parte dell'autorità della disumanità di certi luoghi. La strada per un mondo senza Cpr è quella in grado di sostenere realmente il \"fuoco al Cpr\".\r\n\r\nA Macerie su Macerie una compagna romana ci raccontacome in contesti di lotta si insinuano e agiscono enti istituzionali come LasciateCIEntrare:\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/02/msm-10-feb.mp3\"][/audio]","12 Febbraio 2020","2020-02-12 20:23:26","Macerie su Macerie - 10 febbraio 2020. Cpr e questioni dirimenti",1581538940,[],[],{"post_content":252},{"matched_tokens":253,"snippet":254,"value":255},[73],"Tg nazionali sconvolsero buona parte \u003Cmark>del\u003C/mark> paese, svegliato bruscamente alle porte","Era il 1998 quando la detenzione amministrativa è stata istituita in Italia con gli allora Cpt, nati dopo le forme di campo concentrazionario improvvisate in Puglia per i massici sbarchi dai balcani, in particolar modo dall'Albania. Allora le immagini dei Tg nazionali sconvolsero buona parte \u003Cmark>del\u003C/mark> paese, svegliato bruscamente alle porte \u003Cmark>del\u003C/mark> nuovo millenio con la minaccia proclamata a reti unificate di un'invasione barbarica. Un paese, se è permesso qui usare una simile astrazione, con una coscienza ancora incuneata nell'idea di un provincialismo sentito come protettivo, in qualche modo ancora largamente ignaro di essere invece uno degli ingressi geografici dell'UE, di essere uno dei prodotti di uno Stato avanzato e ininterrotamente colonizzatore, di essere inserito con buona posizione in un'economia globale che di lì a poco avrebbe mostrato la sua faccia più truce anche nell'ultima landa \u003Cmark>del\u003C/mark> meridione. Che non si fraintenda: non si vuole qui affermare che fosse assente l'idea di uno sfruttamento massiccio e crudele, ancora troppo vicini la fame della guerra e i sopprusi nei campi o in fabbrica, ma dopo la grande sconfitta degli anni '70 il sentire della classe povera nei decenni successivi è stato assestativo, rinchiuso in una miseria percepita nelle città principali così come nelle campagne con consapevole ma rassegnata pacatezza attraverso la lente della disoccupazione strutturale, delle bricciole dello stato sociale, con una rete di relazioni ancora fittamente familiare e di conseguenza nel bene o nel male paracadute della disgrazia.\r\n\r\nErano gli anni '90 e le immagini pubblicitarie delle Ong che intervallavano sulla RAI le proiezioni di Lunedì Cinema parlavano ormai da tempo di piccoli sforzi come l'equivalente di un caffè al giorno per salvare i bambini africani immancabilmente rappresentati in lacrime, col ventre gonfio e tra le baracche d'una terra rossa. L'elemento pietistico ed esotico che caratterizzava questi spot ne svelava l'arcano: un mondo ancora peggiore esisteva ma lontano, le migrazioni verso l'Italia c'erano ma come fenomeno verso le metropoli.\r\n\r\n\r\n\r\nL'immagine della nave Vlora che approda a Bari fu uno dei simboli di un cambiamento epocale in quella mentalità da rifugio provinciale di cui si scriveva: quei mondi percepiti come terribili non erano più così lontani e l'economia globale avrebbe presto posto individui nati in diversi punti \u003Cmark>del\u003C/mark> pianeta in competizione per un tozzo di pane e la stessa commessa.\r\n\r\nL'istituzione dei Cpt da parte \u003Cmark>del\u003C/mark> governo Prodi I seguì il decorso canonico, non si parla di quello legislativo ma quello della creazione di un \u003Cmark>discorso\u003C/mark> specifico sull'immigrazione, va da sé che non potesse che essere quello che oscillava tra l'emergenza e il pericolo di cui naturalmente \"l'extracomunitario\" era portatore. La legge Turco-Napolitano creò tuttavia da subito frizioni interne ai partiti della maggioranza come anche polemiche più o meno accese da parte \u003Cmark>del\u003C/mark> mondo associazionistico delle anime belle che la contornavano. Tutto scontato, tutto fisiologico. Non è un caso difatti che in questo periodo si sviluppano tutta una serie di \u003Cmark>analisi\u003C/mark> giuridiche, teorie e critiche filosofiche che si chiedevano (e perseverano tuttora) come la detenzione amministrativa potesse essere giustificata o meno in uno Stato di diritto liberale, la più famosa delle quali è quella sullo Stato d'eccezione riformulata da Giorgio Agamben, divenuta un classico per rimanere nel seminato della razionalità \u003Cmark>del\u003C/mark> dominio. Insomma un certo vociare, accademico o comunque sovvenzionato nei tavoli dei circoli della sinistra, per cercare di capire se fosse giusto, sbagliato, eccezionale o \"normalmente eccezionale\" l'internamento senza reato alcuno, la prigione per mancanza di documenti. Dimentiche \u003Cmark>del\u003C/mark> \"campo\" come uno dei dispositivi principali dell'economia di guerra in tutto il '900, queste affabulazioni teoriche rimanevano e rimangono nel quadro della ricerca della legittimità giuridica, vedendo lo Stato solo nella sua veste corta \u003Cmark>del\u003C/mark> diritto e non nell'insieme di rapporti di guerra che lo costituiscono sostanzialmente e con soluzione di continuità dal carroarmato, passando dall'anagrafe e dal lavoro, fino all'ultimo manganello.\r\n\r\nNei Centri da subito le rivolte dei reclusi, la resistenza alle deportazioni, gli scioperi collettivi e i danneggiamenti hanno distrutto più volte le strutture e di conseguenza indicato la strada per la loro scomparsa, coerentemente sempre la stessa. Molti compagni e compagne hanno in tutt'Italia colto l'afflato di libertà e il significato generale che ne usciva contribuendo a quella lotta su diversi piani fino ad arrivare al 2013, in cui buona parte delle strutture erano inagibili e impossibilitate a svolgere il ruolo detentivo.\r\n\r\nEbbene sì, perché la strada indicata incessantemente dalle rivolte ha bisogno di sostegno e di voler vedere quei luoghi distrutti perché nessuno dovrebbe essere imprigionato e perché si riconosce che non sono eccezione ma dispositivi che svolgono un determinato ruolo deterrente, intimidatorio e persino economico necessario a questa società e in questa società, non al di fuori. Tutto ciò non è possibile se non tenendo insieme capre e cavoli, non si può voler far sparire i Cpr se non si capisce quali sono i rapporti sociali che lo necessitano e provare avversità anche per questi. Se non si capisce il Cpr come paradigma sociale, il rischio è quello di finire per supportare forme di controllo ed espulsione più \"umane\", collaborare per ottenerle, fare proposte che facciano chiudere \"il centro di detenzione\", ma che veicolino le stesse necessità repressive in altra maniera.\r\n\r\nEcco perché le critiche democratiche sui Cpt-Cie-Cpr basate sull'illegittimità della forma giuridica o sulle condizioni disumane di reclusione hanno invece negli anni assunto varie forme, fino ad arrivare alla proposta da parte di alcuni enti \"sensibili\" di co-gestione dei problemi migratori. È questo il caso di LasciateCIEntrare, Campagna fondata nel 2011 con lo scopo di testimoniare ciò che accadeva negli allora Cie e la cui collaborazione con i partiti di governo che la detenzione amministrativa l'hanno istituita e rinnovata non è mai stato nascosto, i suoi membri hanno persino stilato un documento politico dell’ottobre 2013 e pubblicato nell’opuscolo “Mai più CIE” in cui la classica \u003Cmark>critica\u003C/mark> democratica alla detenzione amministrativa perché non abbastanza umana viene accompagnata da un intero capitolo di proposte, intitolato “Per una diversa disciplina delle espulsioni”, in cui si dice che “non è sufficiente smantellare il sistema degli attuali CIE né la questione si può ridurre ad un loro miglioramento“. Proprio per questo la Campagna propone tra le altre cose di “razionalizzare le tipologie espulsive“, “incentivare forme di rimpatrio/rientro volontario“, prevedere “identificazione e allontanamento delle persone pericolose” studiando “modalità di identificazione e predisposizione dei documenti necessari all’accompagnamento durante l’esecuzione della pena (in carcere o nelle differenti forme di espiazione)“.\r\n\r\nLa strada per un mondo senza Cpr non è una strada di espiazione o di gironi infernali alternativi, non è una campagna culturale che utilizza delegazioni di politici come strumento di conoscenza di ciò che accade dentro, interviste giornalistiche come mezzo di diffusione, ma soprattutto non è una strada che ha come obiettivo il riconoscimento da parte dell'autorità della disumanità di certi luoghi. La strada per un mondo senza Cpr è quella in grado di sostenere realmente il \"fuoco al Cpr\".\r\n\r\nA Macerie su Macerie una compagna romana ci raccontacome in contesti di lotta si insinuano e agiscono enti istituzionali come LasciateCIEntrare:\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/02/msm-10-feb.mp3\"][/audio]",[257],{"field":102,"matched_tokens":258,"snippet":254,"value":255},[73],2308138768554524700,{"best_field_score":261,"best_field_weight":141,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":46,"score":262,"tokens_matched":109,"typo_prefix_score":46},"1120976240640","2308138768554524785",6637,{"collection_name":188,"first_q":33,"per_page":145,"q":33},["Reactive",266],{},["Set"],["ShallowReactive",269],{"$fbAxCaxovUWuusFtLxrIZ3vlAlwSSEnhLC_bckcH72gg":-1,"$fBpl6mVu5zb57IZIXG-pTkr8zjQ55XvlQJzkmFzY3K68":-1},true,"/search?query=analisi+critica+del+discorso"]