Rivolta nel cie: assolti per legittima difesa

Scritto dasu 9 Gennaio 2013

Il tribunale di Crotone ha assolto tre immigrati che diedero vita ad una rivolta nel CIE di Isola di Capo Rizzuto.Colpisce la motivazione della sentenza, che assolve per “legittima difesa” i tre stranieri.

Facciamo un passo indietro.

Dal 9 al 15 ottobre scorso tre cittadini stranieri, un tunisino, un algerino e un marocchino, furono i protagonisti di una rivolta nel centro di identificazione ed espulsione di Isola capo Rizzuto, Crotone. Tra le altre cose, salirono sul tetto e lanciarono sulla polizia suppellettili, rubinetti e grate. Lo fecero per “legittima difesa” e quindi non risponderanno dei reati di danneggiamento e di resistenza a pubblico ufficiale.

Ad assolverli, il 12 dicembre scorso, è stato  il  Tribunale di Crotone, con il giudice Edoardo D’Ambrosio che ha sposato la linea dei difensori, gli avvocati Natale De Meco, Eugenio Naccarato e Giuseppe Malena. E non ha accolto la richiesta del pm Francesco Carluccio, che voleva una condanna a 1 anno e 8 mesi di reclusione.

Secondo D’Ambrosio, quella rivolta era una “difesa proporzionata all’offesa”. Innanzitutto perché i provvedimenti di trattenimento “erano privi di motivazione, e dunque illegittimi alla luce dell’articolo 15 della direttiva n. 115 del 2008, così come interpretato dalla Corte di Giustizia europea”. Omettevano infatti “del tutto l’indicazione delle ragioni specifiche in forza delle quali non era stato possibile adottare una misura coercitiva meno afflittiva del trattenimento presso il Cie”.

C’erano poi da considerare le condizioni di vita nel centro, con “materassi luridi, privi di lenzuola e con coperte altrettanto sporche, lavabi e “bagni alla turca” luridi, asciugamani sporchi, pasti in quantità insufficienti e consumati senza sedie né tavoli”. Strutture ”al limite della decenza”, cioè, ha spiegato il giudice,  “non convenienti alla loro destinazione: che è quella di accogliere essere umani. E, si badi, esseri umani in quanto tali, e non in quanto stranieri irregolarmente soggiornanti sul territorio nazionale. Lo standard qualitativo delle condizioni di alloggio non deve essere rapportato a chi magari è abituato a condizioni abitative precarie, ma al cittadino medio, senza distinzione di condizione o di razza”.

Gli imputati sono stati quindi vittima di “offese ingiuste”, alle quali hanno opposto una “legittima difesa”. Senza alcuna sproporzione, anzi: “il confronto tra i beni giuridici in conflitto – si legge nella sentenza – è pacificamente a favore dei beni difesi (dignità umana e libertà personale), rispetto a quelli, offesi, del prestigio, efficienza e patrimonio materiale della pubblica amministrazione”.

Ne abbiamo parlato con Mauro Straini, avvocato milanese da sempre in prima fila sul fronte dell’immigrazione. Ne è scaturita una chiacchierata a tutto campo, che ha investito le politiche sull’immigrazione, le carceri e le scelte di una magistratura più usa ad aprire che a chiudere le porte del carcere per gli immigrati

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