Uno dopo l’altro. I migranti chiudono i CIE
Scritto dainfosu 13 Novembre 2013
L’ultimo ad essere vuotato è stato il CIE di Milano, scosso domenica dalla quinta rivolta da settembre. Ogni volta la struttura di via Corelli, appena ristrutturata, è stata danneggiata dai reclusi. Buona parte degli immigrati è stata trasferita al CIE di Trapani-Milo, alcuni, accusati dell’incendio che ha reso inagibile la quarta sezione, sono stati arrestati e trasferiti in carcere.
A due settimane dalla rivolta che ha portato alla chiusura del Centro di Gradisca, un altro CIE è di fatto inagibile. Uno dietro l’altro i centri per senza carte vengono chiusi dai prigionieri, che fanno a pezzi le loro gabbie.
Ormai sono ancora aperti i CIE di Torino, Roma, Trapani, Bari, Caltanissetta.
Il governo, di fronte al fallimento delle politiche di repressione dell’immigrazione, resa clandestina dalle leggi che limitano la libera circolazione delle persone, tace.
Il governo Letta punta ad una politica di prevenzione basata sui pattugliamenti in mare e sugli accordi con i paesi di partenza e transito, nonostante queste scelte abbiano già mostrato tutta la loro inefficacia.
Resta il fatto che, nonostante la scarsa incisività dei movimenti antirazzisti, le lotte nei CIE hanno inceppato più volte la macchina delle espulsioni.
D’altra parte l’eliminazione delle “eccedenze” si sta rivelando un mestiere poco remunerativo anche per le varie organizzazioni e cooperative, che negli anni si sono contese la gestione di queste prigioni amministrative. Appalti al ribasso, difficoltà di gestione, obiettiva complicità con i poliziotti/secondini incaricati della repressione hanno reso sempre meno appetibile l’affare CIE.
Ne abbiamo parlato con Alberto, antirazzista siciliano, impegnato nella lotta contro i CIE.
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