FEDele alla linea?

Scritto dasu 30 Marzo 2016

Nel dicembre scorso, dopo sette anni in cui il costo del denaro per gli istituti di credito era praticamente pari a zero, la Federal Reserve ha aumentato i tassi d’interesse annunciando un progressivo ma sicuro cambio di tendenza. Una misura che non poteva più essere ritardata visti gli squilibri e le “distorsioni” create da un mercato del credito drogato dai soldi gratis per le banche. A fine 2015, la flebile ripresa americana incoraggiava questo deciso passo in avanti verso una normalizzazione post-crisi.

A pochi mesi di distanza il crollo del prezzo del petrolio, la crisi cinese e le incertezze legate alle sofferenze bancarie hanno convinto la FED a rivenire sulla sua strategia temporeggiando sul prossimo aumento dei tassi che avrebbe dovuto concretizzarsi nei prossimi giorni. Sono di ieri le dichiarazioni del presidente della banca centrale americana, Janet Yellen, che presso l’Economic Club di New York ha annunciato che eleverà sì i tassi ma “con cautela” rinviando di fatto la decisione e mostrando il nervosismo del grande capitale rispetto ad una crisi tutt’altro che archiviata.

In effetti, le misure monetarie, unico palliativo alla stagnazione secolare verso cui ci stiamo allegramente avviando, si sono rivelate del tutto inefficaci per rilanciare la crescita. In Europa come negli USA, la liquidità resta “intrappolata” a livello bancario e non scende verso “l’economia reale” al punto che diversi economisti evocano ormai la possibilità di lanciare l’helicopter money ossia una “pioggia di soldi” da distribuire direttamente alle famiglie per cercare di rilanciare i consumi e quindi l’inflazione, pericolosamente ferma allo zerovirgola da diversi mesi.

Una prospettiva contro cui si è recentemente scagliato il direttore della banca centrale tedesca, Jens Weidmann, rivelando le diverse tensioni che esistono all’interno dello spazio europeo e in particolare la ferma volontà della Germania di continuare a scaricare i costi della crisi verso il Sud del continente.

Ne abbiamo parlato con Christian Marazzi, economista che aveva firmato già diversi mesi fa una proposta di Quantitive Easing for the people molto simile alla proposta che circola ora nelle stanze dei bottoni della BCE

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