Aborto e obiezione: storia di un aggiramento ben congegnato

Scritto dasu 14 Aprile 2016

 

Il Consiglio d’Europa ha accolto il ricorso presentato dalla CGIL a febbraio 2013 sulle difficoltà dell’accesso all’interruzione di gravidanza in Italia, dove nonostante l’IGV sia garantita per legge dal 1978, si è verificata per una serie di ragioni che vedremo una situazione tanto complicata che addirittura la corte di Strasburgo ha potuto sostenere che in Italia a essere discriminati sono medici e personale infermieristico che non obiettano rispetto alla pratica dell’aborto, ai quali toccano in sorte percorsi professionali più tortuosi e meno vantaggiosi.

Ovviamente da questa aperta violazione di legge deriva il fatto che le donne non sempre possono interrompere una gravidanza indesiderata, peggio se “a rischio”, in tutta tranquillità e sicurezza.

In alcune regioni le percentuali di obiezione tra i ginecologi sono superiori all’80%: in Molise (93,3%), in Basilicata (90,2%), in Sicilia (87,6%), in Puglia (86,1%), in Campania (81,8%), nel Lazio e in Abruzzo (80,7%). Quattro ospedali pubblici su dieci, di fatto, non applicano la legge 194 e continuano ad aumentare gli aborti clandestini (circostanza depenalizzata ma aggravando il carico pecuniario sulle donne). È del tutto evidente come in Italia si stia violando il diritto alla salute delle donne e quanto sia urgente garantire il servizio di interruzione volontaria di gravidanza in ogni struttura e su tutto il territorio nazionale.

Diciamo subito che percentuali tanto sperequate, con una media nazionale di quasi il 70% di ginecologi obiettori, difficilmente riflettono l’opinione e la posizione etica di classi mediamente molto istruite e benestanti. Sicuramente c’è stata un’attività di lobby dei medici antiabortisti e sicuramente si è creato un meccanismo che una certa burocrazia ha cristallizzato ma è mutato anche il clima culturale e quella che fino a pochi anni fa era stata una conquista della donne rischia oggi di diventare una sorta di marchio infamante.

Lo spazio per l’obiezione di coscienza è uno spazio che non andrebbe violato ma è innegabile che oggi, nel caso in esame, questo spazio è più uno spazio di privilegio che non trova molti paralleli all’interno delle nostre società. Forse vale la pena ricordare quanto dice spesso Vincenzo Guagliardo: il non violento è davvero tale solo se rischia più del violento. Credo che lo stesso meccanismo logico valga qui. Un obiettore di coscienza è tale solo se rischia più del non obiettore. Qui il meccanismo è addirittura capovolto e a rischiare, e faticare, di più è chi non obietta.

Ne abbiamo parlato con Chiara del collettivo Medea, redattrice del Colpo della Strega in onda su Radio Blackout 

chiara

 

Abbiamo continuato la conversazione in particolare sul tema dell’obiezione con Chiara Lalli, bioeticista e autrice di numerosi libri

 

lalli

 

 

 


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