Parma. Processo per stupro
Scritto dainfosu 9 Maggio 2017
Era il settembre del 2010. In piazza c’era la Festa delle Barricate, nella sede della RAF, la Rete Antifascista, una ragazza appena diciottenne viene ripetutamente violentata da più uomini.
Lei è quasi priva di coscienza. É stata drogata. La mattina dopo si sveglia sola e nuda nella sede vuota. Si riveste, va in stazione, torna a casa.
Negli anni successivi le viene affibbiato un nomignolo. La chiamano fumogeno. Ci vorranno cinque anni perché “Claudia” capisca il perché.
Nel corso di un indagine su una bomba carta a Casa Pound i carabinieri effettuano numerose perquisizioni. Nel cellulare di un esponente dell’ormai disciolta RAF trovano un video. Il video dello stupro di gruppo di quella lontana notte di settembre.
Il video viene mostrato a Claudia. Sola, in una caserma dei carabinieri, Claudia vede un video, dove lei è oggetto inanimato. Quel video in quei lunghi cinque anni lo avevano visto in tanti a Parma.
Nessuno ha riconosciuto pubblicamente la violenza consumata sul corpo di Claudia nella sede della Raf.
Parte l’inchiesta, scattano gli arresti. In tre, Concari, Cavalca e Pucci sono accusati di stupro di gruppo, altri vengono inquisiti per favoreggiamento.
Vari settori di movimento a Parma assumono un atteggiamento omertoso e “prudente”. Molti puntano il dito su Claudia, accusata di aver fatto i nomi dei suoi stupratori. Claudia viene cacciata da molti luoghi di movimento. Un’appestata, un’infame. La violenza di quella notte la investe in altra forma.
In tribunale, come spesso accade, sul banco degli imputati ci finisce lei. La difesa dei tre uomini accusati di stupro punta a screditarla, con i modi usuali in certi processi. Claudia è una facile, una che va con tutti, una prostituta. Le sue scelte libere diventano la leva sulla quale costruire una tesi difensiva, che non riconosce dignità alle donne stuprate, che abbiano una vita sessualmente libera.
Il nodo è il consenso. Ma non in tribunale.
Claudia è sola, va al processo con l’avvocato d’ufficio.
Questa vicenda era destinata a venire dimenticata presto.
Succede però che la strada della libertà delle donne non è stata fatta invano. Claudia incontra compagne e compagni che ascoltano la sua storia e la raccontano in un documento che spezza il velo di omertà che copriva gli stupratori.
Da allora ai processi non è più sola.
Oggi, dopo mesi di sospensione, il processo è ripreso.
Un gruppo di femministe erano al tribunale per dare sostegno a Claudia. Per la prima volta i sostenitori dei tre stupratori non si fanno vedere.
Ascolta la diretta con Francesca di radio Onda Rossa di Roma, che era al processo: