Gradisca. Corteo contro il CPR
Scritto dainfosu 23 Ottobre 2018
Il 20 ottobre un corteo ha attraversato le strade di Gradisca d’Isonzo e si è concluso di fronte al CARA della cittadina isontina dove vogliono riaprire una prigione per migranti.
Il vecchio CIE venne chiuso dopo le continue rivolte ed evasioni che l’avevano quasi completamente distrutto.
Ora i governi Gentiloni e Conte hanno deciso di riaprirlo, chiudendo il CARA.
La manifestazione di sabato è stata la prima tappa di un percorso di lotta dell’assemblea No CPR – No frontiere del Friuli Venezia Giulia.
Al corteo si sono uniti diversi ragazzi del CARA, che hanno denunciato pubblicamente le difficili condizioni di vita di chi è “ospitato” nella struttura.
Ne abbiamo parlato con Federico, uno dei compagni dell’assemblea.
Ascolta la diretta:
Di seguito il volantino/appello della manifestazione:
“ll 18 ottobre 1938, il governo fascista promulgava le leggi razziali. Nel 2018, i governi democratici ne hanno ereditato il mandato, segregando in centri di detenzione le persone senza documenti.
A Gradisca, vogliono iniziare i lavori per la trasformazione del CARA (ex-CIE) in CPR, Centro di Permanenza per il Rimpatrio. I CPR – come già CIE e CPT – sono dei lager. Le persone vengono imprigionate per il solo fatto di non possedere un permesso di soggiorno. Le condizioni di vita dentro i CPR sono pessime. Il loro mantenimento (costosissimo!) arricchisce cooperative e imprese speculatrici.
Formalmente, le persone vengono rinchiuse per essere rimpatriate: opzione inaccettabile per chi ha rischiato la vita per attraversare frontiere. La finalità effettiva dei CPR è però quella di rafforzare il
mantenimento di tutta la comunità di non cittadine/i in una condizione di inferiorità legale, di terrore, ricattabilità e sfruttabilità.
Il decreto Minniti-Orlando prevede l’attivazione di un CPR per regione e addirittura, in Friuli-Venezia Giulia, il presidente Fedriga ha dichiarato di volerne aprire uno per provincia. Con il decreto sicurezza Salvini, per perdere il permesso di soggiorno, ed essere quindi potenzialmente internate/i, basta essere dichiarate/i pericolose/i socialmente o essere condannate/i in primo grado per oltraggio a pubblico ufficiale. Inoltre, nelle zone di frontiera, come la nostra, sarà possibile internare anche solo per identificare la provenienza della persona sprovvista di documenti e/o richiedente asilo, senza la necessaria presenza di un provvedimento di espulsione attivo.
In questi mesi sono iniziati trasferimenti di persone dal CARA di Gradisca e stanno per cominciare i lavori per adibirlo a CPR; il contratto con la cooperativa Minerva – nota per i maltrattamenti delle
persone costrette nel CARA – scadrà a fine 2018. Il cantiere – che vale quasi 3 milioni di euro – è stato affidato al genio militare, saltando la gara d’appalto, come si trattasse di un’emergenza.
Il silenzio sull’apertura di un CPR è inevitabilmente complicità con la sua esistenza: significa aver interiorizzato la divisione razziale, cioè razzista, imposta dall’attuale discorso dominante; significa accettare che delle persone vengano internate, perché comunque non capiterà a noi.
Noi ci opponiamo e ci opporremo totalmente alla creazione e all’apertura di un CPR e sappiamo che unendoci, organizzandoci e coordinandoci tra tutte/i le antirazziste/i e le/i solidali della regione possiamo impedirne l’apertura.
Per bloccare l’apertura di un CPR ci vogliono molte teste, molte mani e poche deleghe del lavoro a qualcun’altra/o.”