Il “piano Draghi per la competitività europea” è stato reso noto. Nelle quasi 400 pagine di trattato, l’ex presidente della BCE propone la “sua” ricetta per risollevare le sorti europee. La posta in gioco consiste nel compiere un investimento enorme, tramite la contrazione di un debito europeo in Eurobond, affinché gli attori privati dei vari Stati (!!) abbiano le finanze necessarie per entrare a pieno titolo sul tavolo della concorrenza mondiale relativa ai settori: nuove tecnologie, transizione ecologica, apparato bellico. Alla draghiana maniera, “costi quel che costi”.
Per quanto sia necessario – soprattutto alla luce dei recenti afflati nazionalistici degli Stati membri dell’Unione – distinguere “le proiezioni dalle realtà politiche”, la proposta di Draghi è assai eloquente sulla linea politica che la Commissione europea intende perseguire nei prossimi anni. In una sorta di schizofrenia per cui, nel nuovo ordine politico globale, l’Europa brama un’autonomia essendone del tutto priva, ciò che costa si misura sulla pelle della popolazione che – qualunque saranno le sorti del progetto del banchiere o dei suoi affiliati – che sta già vivendo gli effetti di una riconversione della spesa pubblica favore di un apparato bellico-securitario dal volto green.
Ne abbiamo parlato ai microfoni con Roberto Ciccarelli: