Lo Stato contro i militanti della lotta armata – cinquant’anni dopo
Scritto dainfosu 22 Marzo 2025
Leonardo Bertulazzi è stato un militante irregolare della colonna genovese delle BR. Per il sequestro Costa del 1977 e per banda armata, pur non avendo fatti di sangue a suo carico, è stato condannato in contumacia a 27 anni di galera, ma è riuscito a riparare in Sudamerica. Dopo 45 anni, di cui 20 passati in Argentina come rifugiato politico, il governo Milei ha deciso di arrestarlo: due settimane fa i giudici hanno detto sì alla sua estradizione dall’Argentina dopo la garanzia della magistratura italiana che in Italia venga ripetuto il processo (promessa non mantenibile, ovviamente). Ieri un magistrato ha invece confermato il suo status di rifugiato politico, sospeso ad agosto. Negli stessi giorni, in Italia, viene riaperto dalla procura antiterrorismo di Torino guidata dal solerte PM Emilio Gatti il processo per la sparatoria alla cascina Spiotta del 1975, con cui terminò il sequestro dell’industriale Gancia da parte delle BR e durante la quale morirono Mara Cagol ed un brigadiere dei Carabinieri. Imputati per omicidio Curcio, Moretti ed Azzolini, tre militanti ormai ultra-ottantenni della lotta armata italiana che hanno cumulativamente già fatto più di cent’anni di galera, nel tentativo di individuare quale di loro tre abbia la responsabilità dell’omicidio del brigadiere dei CC, mentre sulla morte di Mara Cagol, molto probabilmente giustiziata dai Carabinieri dopo che si era arresa, la giustizia italiana non ha intenzione di riaprire proprio un bel niente.
Ancora una volta, dopo l’estradizione di Cesare Battisti ed il processo Ombre Rosse (con cui si era tentato di ottenere la consegna di dieci vecchi militanti, rifugiati politici a Parigi da oltre 40 anni) lo Stato e la giustizia italiana cercano in tutti i modi di perpetuare la vendetta contro gli uomini e le donne protagonisti/e della potente stagione di lotte degli anni 70. Che si tratti di membri di Lotta Continua o delle organizzazioni armate fa poca differenza, sono tutti ricercati a vita per un governo intenzionato a vendicarsi contro chi, a suo tempo, rese la vita parecchio difficile all’MSI e per una giustizia che vuole assolutamente dimostrare che non c’è prescrizione né latitanza possibile per chi tentò di sovvertire l’ordine sociale capitalista. In un paese il cui potere politico e giudiziario è così incapace di fare i conti con la propria Storia, sta ai movimenti sociali dimostrare solidarietà a chi a distanza di 50 anni subisce ancora la vendetta dello Stato: in questo senso, qualche settimana fa è stato prodotto l’appello “Rompiamo un Tabú“, per l’amnistia nei confronti dei prigionieri politici italiani – molti/e ancora in regime di isolamento, alcuni/e al 41 bis.
Ne abbiamo parlato con Mario di Vito, giornalista de Il Manifesto: