Bello come una prigione che brucia: il podcast del 24 settembre
La Sorveglianza Speciale viene definita una “misura preventiva”, ovvero una serie di prescrizioni tese a modificare le condotte di un individuo per riportarlo sulla retta via; pena un aggravamento delle sanzioni e la carcerazione.
Questo strumento assume in molti casi una natura evidentemente repressiva, consentendo alle questure e alle procure di colpire le scelte di un individuo senza bisogno di un processo e di una condanna: basta la stesura di un profilo comportamentale, la costruzione narrativa di una “personalità deviante” e “anti-sociale”, “ostile alle forze dell’ordine”.
Per questi motivi, negli ultimi anni la Sorveglianza Speciale si è dimostrata un prezioso strumento per colpire le lotte attraverso la rimozione di chi vi partecipa e la sua rieducazione coatta: non frequentare malfattori! trovati un lavoro! torna a casa presto! riga dritto!
Cercheremo di approfondire questo dispositivo di ortopedia disciplinare con Antonio, compagno colpito dalla Sorveglianza Speciale per le lotte portate avanti a Torino, in particolare contro il centro di detenzione per migranti di Corso Brunelleschi.
In risposta a un presunta epidemia di violenza tra gli operatori, la Camera ha recentemente approvato la “procedura d’urgenza” per la calendarizzazione di una proposta di legge sulla videosorveglianza negli asili e nei centri socio-assistenziali.
Perché una maestra finisce per umiliare o picchiare un bambino? Perchè un operatore socio-sanitario arriva a trattare un’anziana come un corpo de-umanizzato su cui è lecito sfogarsi? Proporre un ambiente di lavoro sorvegliato può migliorare la situazione?
Con Luigi, psicologo, cerchiamo di riflettere sulla sindrome da burnout, sulla de-umanizzazione del lavoratore e del paziente, sulla “miopia” della videosorveglianza.
La scorsa settimana una madre reclusa con i propri due figli nel carcere di Rebibbia è arrivata a ucciderli. Ministero e DAP hanno subito cercato dei capri espiatori per non riconoscersi come i veri carnefici: l’attuale ministro della giustizia, Alfonso Bonafede, ha formalmente bocciato il programma di accesso a misure alternative per le madri detenute con la prole.
Per estendere la riflessione su questi temi abbiamo intervistato Rossella Schillace, regista del docufilm “Ninna Nanna Prigioniera” girato nella “sezione nido” del carcere di Torino.
Questi i contenuti che potrai ascoltare nel podcast della trasmissione