Frontiere, centri di detenzione e altre tecnologie per la repressione dei migranti
Se l’istituto della detenzione amministrativa come strumento per la repressione dei “senza documenti” si sta normalizzando, al contempo continua a scontrarsi con la resistenza messa in atto – principalmente – da chi vi è recluso. Partendo dalle recenti rivolte e dagli ammutinamenti nei CRA francesi, insieme a Gaia andremo ad approfondire i processi di privatizzazione e umanitarizzazione del controllo che attraversano i dispositivi concentrazionari per la gestione delle migrazioni.
Il processo per la manifestazione “Abbattiamo le Frontiere”, corteo che il 7 maggio 2016 espresse la sua rabbia contro la minaccia di costruzione di un muro al confine tra Austria e Italia, è giunto alla fase della richiesta di condanne per gli imputati da parte del PM: oltre 300 anni di galera per 63 compagne e compagni, con pene individuali fino a 10 anni, grazie all’impiego del reato di “devastazione e saccheggio”. Insieme a uno degli imputati, nonché redattore di Radio Blackout, andremo ad approfondire alcuni aspetti di quella giornata e del processo in corso. [>>purtroppo l’audio non è dei migliori<<]
In conlcusione, alcune riflessioni su frontiere e centri di detenzione, nel loro ruolo di tecnologie politiche e sociali, che si affiancano ai dispositivi di sorveglianza per la gestione repressiva e disciplinante delle migrazioni.