Precisiamo innanzitutto che non siamo degli esperti in merito e che non tratteremo problemi di ordine tecnico. Semplicemente perché ciò non ci interessa; la nostra intenzione è quella di liberarci dagli impedimenti di questo mondo di merda, compresi quelli che ci sono imposti dalla scienza. A questo proposito, vorremmo discutere di sociobiologia, che si potrebbe descrivere come un modo di spiegare i nostri rapporti sociali, le nostre emozioni ed i nostri comportamenti attraverso dei fattori biologici. Le tesi sostenute dagli ideologi di tali discorsi scientifici – dai ricercatori ai giornalisti – riguardano spesso un gene particolare o il funzionamento di certe zone del cervello (neuroscienze) o certi ormoni, che si presume identifichino una causa materiale precisa quale origine di fenomeni che li superano di gran lunga. Si cercherà quindi, per esempio, il gene del delinquente, l’ormone della fedeltà oppure il feromone dell’istinto materno e una volta “identificata” questa causa, si proporrà di palliarvi, dato che essa è problematica, attraverso mezzi anch’essi biologici, per esempio attraverso prodotti proposti dai laboratori che finanziano queste stesse ricerche.
Il testo “L’obscurantisme triomphant des neurosciences” descrive un buon esempio di questo tipo di discorsi scientifici. Tratta di una conferenza di Larry Y. Joung, a Ginevra nel 2014, nell’ambito della “Settimana del cervello”, che aveva come tema l’amore e la fedeltà. Topi e arvicole sottoposti agli effetti di certi ormoni vengono divisi fra fedeli e “leggeri”, secondo il tipo dei prodotti utilizzati su di loro, e servono come esempio al conferenziere per parlare di quegli stessi comportamenti da parte di esseri umani. La causa, alfine trovata, dell’adulterio si ridurrà così ad una produzione eccessiva o ad una mancanza di un certo ormone e Young proporrà dei prodotti commerciali come lo spray nasale all’ossitocina per “guarirne”, garantendo gli stessi effetti che la morale coniugale, ma senza le costrizioni che le sono associate. Precisiamo che per noi alle norme sociali umane, fra cui quelle che hanno a che fare con il desiderio, la fedeltà, l’amore o la sessualità, cioè le vere cause del problema, non si possono opporre delle critiche valide se non cerchiamo di comprenderle nel loro contesto banale, quello di individui appartenenti alla specie umana, con tutte le loro specificità (storiche, culturali). Non, al contrario, attraverso paragoni possibili fra la produzione di un certo ormone e i comportamenti che vi sono associati presso altri animali, semplicemente perché questi ormoni non hanno la stessa incidenza né gli stessi significati per le diverse specie. Agendo in questo modo, la sociobiologia serve a dare delle risposte a tutta una massa di persone ingenue che contano sul verdetto degli “esperti” del comportamento per prendere le proprie decisioni e regolare i propri problemi emotivi o affettivi per mezzo di terapie e di prescrizioni mediche, esattamente come i credenti che contano sulle prediche dei preti, la cui comprensione del divino permetterebbe di meglio capire le specificità dell’animo umano. Verranno perciò utilizzate le stesse immagini da favola; quando tutti vivranno nel favoloso reame dello stato psichico perfetto, potremo trovare principi e principesse anch’essi emotivamente regolati, con i quali essere fecondi e moltiplicarci.
Ricordiamo anche che, in sovrappiù del suo ruolo di autorità morale, la sociobiologia fornisce delle armi al controllo sociale moderno. Possiamo prendere come esempio, certo un po’ facile, poiché tutto ciò è spesso fatto in maniera più sottile, l’idea del gene del delinquente oppure quella dei segnali biologici (come la produzione di testosterone) che permetterebbero di operare il più presto possibile una selezione ed un controllo dei potenziali sobillatori. A proposito di tali predisposizioni, possiamo pensare ad una dottrina ridicola come la frenologia del XIX secolo, che voleva identificare tipi precisi di criminali a seconda della forma del loro cranio, mettendo semplicemente da parte le condizioni di vita delle persone e la loro storia personale. Per riassumere, la principale arma della scienza è, come sempre, la strumentalizzazione dell’ignoranza e se si vuole provare che un tal gene è all’origine di comportamenti aggressivi, al comitato di esperti o di politici basterà trovare l’articolo scientifico giusto, che mostra il risultato che interessa loro su cavie o umani da laboratorio, per poi estendere la portata di questo “studio” ad una spiegazione universale e conseguentemente incriticabile di comportamenti giudicati devianti.
Non dimentichiamo che a voler sempre trovare une radice del male (l’anima malvagia, l’umore bilioso, l’eccesso di un certo ormone, il gene del delinquente) si cade facilmente in un moralismo quasi religioso che serve a giustificare la rassegnazione: “Volevo ribellarmi, ma mi hanno detto che il problema sono io, il mio comportamento, il mio gene sbagliato e non la società, che funziona perfettamente” oppure al contrario, la mia mancanza di autocontrollo : “Ho un problema insormontabile, sono violento, non posso farci nulla a parte curarmi”. L’eugenismo, che opera una separazione degli individui a seconda della “qualità” del loro materiale genetico, non è altro che la continuazione di questa concezione di correzione dei corpi attraverso mezzi esterni. Per evitare i possibili problemi derivanti da “geni sbagliati”, che si tratti della salute, il carattere o le capacità delle persone, tanto vale selezionarle prima, in modo da evitare ogni problema, cosa che giustifica tutte le scuse per rimandare le possibilità di una vita migliore ad un avvenire ipotetico: “Aspettiamo ancora qualche decennio, che la ricerca avanzi, e non ci saranno altro che esseri umani sani, vicini alla perfezione”.
La sociobiologia, in particolare quando si appoggia sulla genetica, può sempre essere utilizzata per sostenere qualunque discorso che pretende di presentarsi come la verità, come il razzismo o il razzialismo1 (ricordiamo che Watson, che con Crick ha proposto il modello di molecola di DNA a doppia elica, l’ha fatto per dimostrare la superiorità della razza bianca). Essa può servire anche a visioni ben chiuse quanto ai generi, come quelle dei neoevoluzionisti, per i quali le divergenze fra uomini e donne dipenderebbero da una mitologia antropologica di uomini-cacciatori e donne-casalinghe. Per farla breve, quello che si può vedere è che se ci si rifà a “verità scientifiche” è facile ricalcare sull’insieme della vita umana dei modelli completamente costruiti, osservati velocemente e che non contengono nient’altro che un vecchio moralismo da bar, e prendere poi gli effetti che i nostri corpi subiscono nel rapporto con questa società di merda come le cause dei nostri problemi.
Per finire sotto forma di domanda, e poi lasciare la parola a chi vuole prenderla, il problema sarebbe: come attaccare il mondo scientifico in maniera concreta, ma senza presentarsi come portatore di verità?
1racialisme : una forma si riappropriazione del razzismo da parte delle persone che lo subiscono, che ne accettano la tesi di fondo, la divisione dell’umanità in razze, ma ne rovesciano la gerarchia di valore, utilizzando la propria appartenenza “razziale” come identità e motivo di orgoglio, a volte riproducendo forme di razzismo verso altri; NdT.
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Sociobiologie : quand la science justifie la domination sociale
Mercredi 28 octobre 2015 – 19h
La sociobiologie est la science qui prétend expliquer nos rapports sociaux, nos émotions et nos comportements par des facteurs biologiques, même si elle fait mine aujourd’hui de tenir compte du social. Ses discours portent souvent sur des gènes particuliers, des hormones particulières ou encore, liés aux premiers, sur le fonctionnement de certaines zones du cerveau, qui sont censés expliquer l’existence de nos prétendus « instincts naturels ». Ainsi, les sociobiologistes affirment avoir déterminé quel gène « déclenche » la production de l’hormone qui, à son tour, « stimule » entre autres choses le développement de « l’instinct maternel ». Par suite, ils proposent de palier à la faiblesse, voire à l’absence de tels « instincts » par des kits de survie biologiques, ou même psychologiques. En naturalisant ainsi ce qui relève du social et de l’histoire, la sociobiologie apparaît comme l’un des moyens privilégiés pour domestiquer les individus, sous prétexte de les aider à surmonter les souffrances qui les tourmentent. Elle les empêche de remettre en cause le carcan des rôles qui les écrasent et donc participe au maintien de la domination sociale et étatique.
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