PALESTINE ACTION – MILITARIZZAZIONE CPR ALBANIA – BIOMETRIA, AI E WAR ON MIGRANTS
La puntata di lunedì 28 ottobre 2024 di Bello Come Una Prigione Che Brucia è andata in onda dallo studio mobile di Radio Blackout, posizionato per l’occasione – insieme alla crew dell’info e di Harraga – al Campus Einaudi dell’Università di Torino: una mattinata dedicata alla controinformazione su centri di detenzione per migranti, frontiere, guerra alle persone migranti, industria bellica, imperialismo e genocidio in Palestina.
PALESTINE ACTION: AZIONE DIRETTA E STRATEGIA PROCESSUALE
Torniamo a parlare (in differita) con un compagno di Palestine Action. Nel precedente approfondimento ci eravamo concentrati sulla repressione, in questo invece cercheremo di affrontare il tema delle azioni.
La strategia portata avanti viene descritta come composta da due modalità: accountable (che abbiamo tradotto come “rivendicate personalmente pubblicamente”) e un-accountable (“non-rivendicate personalmente pubblicamente”), dove la modalità accountable prevede una sorta di sinergia tra l’azione diretta e la politicizzazione del processo, mentre la seconda il non farsi beccare.
ALBANIA: LA MILITARIZZAZIONE DEI CPR PASSA ANCHE DAGLI APPALTI
Grazie al contributo di Marika Ikonomu, coautrice di CPR Spa e di una recente inchiesta pubblicata sul Domani, approfondiamo alcuni aspetti meno visibili che hanno caratterizzato la realizzazione da parte del governo italiano di due centri di detenzione per migranti in Albania.
Oltre ai processi di esternalizzazione, in questo caso la militarizzazione del contrasto alle migrazioni (War on Migrants) si evidenzia anche dall’assegnazione degli appalti, diventata appannaggio del Ministero della Difesa italiano:
SORVEGLIANZA BIOMETRICA ALLE FRONTIERE E AI NELLA WAR ON MIGRANTS
Grazie al contributo di Antonella Napolitano, partendo dalle ricerche presso Hermes Center e EuroMedRights, andiamo a osservare come la vulnerabilità delle persone migranti e la loro discriminazione e criminalizzazione si producano anche attraverso la trasformazione della loro identità e delle loro vite in dati.
Se l’apparato normativo produce la criminalizzazione primaria della persona migrante (il processo di clandestinizzazione), quello tecnologico produce una criminalizzazione secondaria, generata dalla sua iper-rappresentazione nei database biometrici ad uso delle forze repressive.
Un altro fenomeno riguarda il ruolo delle tecnologie all’interno dei processi di esternalizzazione delle frontiere e di arruolamento di gendarmi, osservando come questi strumenti rinforzino la dimensione autoritaria dei nuovi alleati dell’Europa nella War on Migrants.
Tutte le nostre esistenze hanno una sorta di “doppio digitale” che si compone nei datasets ad uso di strutture istituzionali (dai dati biometrici della Carta di Identià Elettronica ai curricula scolastici, dalla fedina penale alla dichiarazione dei redditi e via dicendo) o di attori commerciali (i profili che sono la merce “semilavorata” del capitalismo della sorveglianza); ma attorno a questa rappresentazione in dati si possono produrre processi di esclusione, di vulnerabilizzazione, di messa al bando, che rimandano al concetto di Banopticon (coniato dal sociologo della sorveglianza Dider Bigo a partire dal concetto di Panopticon – di onnivisione applicata prima al carcere da Bentham e poi riconosciuta nella sua estensione di dispostivo sociale di controllo e conoscenza da Foucault e altri – se il Panopticon tutto vuole conoscere e disciplinare, il Banopticon conosce per escludere – “mettere al bando”).