Sfasciacarrozze per l’ultimo giorno sulla terra. 10 anni di Sightings
Si tende spesso ad associare alle musiche più estreme una certa ignoranza di fondo, come se i fischi e il rumore fossero roba per babbuini instupiditi dalla droga che hanno ottenuto risultati abnormi spingendo a caso fader, tasti o corde. In certi casi questo pregiudizio può dirsi vero: moltissimi sono gli esempi di deboscia umana e culturale poi sfociata in rappresentazioni trucide e velenose di ciò che si possa fare torturando qualche strumento a disposizione. Gli scaffali e i blog sono pieni di questo senso di “competizione”, della gara a chi fa più schifo. Le mode, come al solito hanno contribuito a creare il mito del “buon selvaggio”, dando agli estremi troppo fin troppo risalto. Alcuni la chiamano la mano invisibile del mercato.
Secondo me a volte è un fenomeno casuale, a volte no. Se, per esempio, le chitarre di Sister Ray non fossero state brutalizzate fino a rendere il feedback stesso parte della composizione, oggi non avremmo la new wave e neppure i Sightings. Uso questo esempio per rappresentare due casi in cui rumore e deboscia sonora corrispondono ad un preciso ragionamento estetico, ad una volontà performativa mimetica di un mondo merdoso, invaso da zombie tossici, collassi di edifici, ferro arrugginito e angoli bui dove regnano i topi. Quest’altra analogia, dico quella dei topi, ha per cornice New York. E’ qui che nel 2004 Mark Morgan decide che è ora di sfasciare le orecchie degli hipster, con un calcolato, dolo sonoro. La storia di questa band è tutta qui, incastonata tra il rifiuto del prossimo, il noise, il white funk e l’industrial, come una foglia marcita di insalata caduta per caso tra le carte luride di un cassonetto.
Il primo disco di questo trio (Mark Morgan voce e “chitarre”, , Richard Hoffman basso e Jon Lockie batteria) esce nel 2004 sulla Load e si intitola Arrived in gold. Mettendo a bordo ring l’idea del trio rock, attraverso un cammino doloroso tra silenzi agghiaccianti, sfregamenti e lamiere che collassano. Il tutto, come si diceva, senza l’attitudine “alziamo tutto e vediamo cosa succede” ma filtrato da rigidi calcoli che vorrei osare definendo “compositivi”. Se avete presente qualche immagine di squallore post-industriale, immaginatela con gli Einsturzende di Kollaps! che vanno in gita a Williamsburg per provare le droghe e lo sfacelo del posto. Mai un hipsterismo, nessuna idea di vendersi attraverso una presunta aura “estrema”, quanto piuttosto la volontà di sezionare l’animo umano e produrre il suono della paura, del rumore e dello stordimento con la maggiore precisione possibile.
Il secondo chiodo conficcato nella mia vita di ascoltatore ai margini lo infilavano con quello che secondo me è il loro capolavoro, ovvero “Through the Panama“.
Prodotto da Andrew WK nel 2007, è un sermone recitato da un uomo in preda ad una crisi di nervi, in una New York in preda al panico da blackout elettrico, registrato mentre un ragno meccanico alieno opera alla rimozione dei rimasugli dell’ultimo rave nel giorno del giudizio. Lo squallore e il nichilismo sono a livelli da paura. Se c’è qualcuno che sa quanto sia una merda vivere in America, questi sono i Sightings. Non c’è via di scampo nella loro idea di canzoni, sono schegge brevi che ti bruciano tra le mani, lasciandoti in preda al terrore, perseguitato dalla tua ombra. E’ limmagine dell’ultimo giorno di festa sulla terra, quando tra le macerie i superstiti balleranno fino all’eliminazione reciproca.
L’idea del rumpore precisamente calcolato è perseguita con testardaggine da pittori iper-realisti: la brutale aggressione auricolare ai danni dell’ascoltatore è condotta meticolosamente, facendo risuonare ogni nota buona ad indisporti, facendoti sentire impotente e perseguitato dall’uomo lupo di brooklin, mark morgan, salmodiante come se fosse l’ultimo giorno. La newwave più rumorosa, l’hip hop malsano e perchè no, come dicono loro i led zeppelin ed i throbbing gristle, sono tutte influenze possibili, sebbene l’unione dei fattori non renda neppure lontanamente le sensazioni evocate dal trio.
Terzo chiodo, 2013. Terribly Well, titolo che già da solo mette i brividi. Ne escono 500 copie numerate in vinile che trasmettono unb desiderio di nascondersi fin quasi a sparire dietro ad una cortina elettrica e rugginosa. Il suono, dopo 10 anni non è cambiato, seppur senza mai ripetersi. Anche noi non siamo cambiati, siamo anzi più stupidi e pigri e continuiamo ancora ad ignorare l’ingrossarsi della nostra alienazione, drogandoci di tecnologia, internet e merda utile per tenerci in vita, o forse no.
Che questo sia un mondo di merda i Sightings ce lo ricordano nel peggior modo possibile, col solito tira e molla di feedback e danze robotiche ridotte a gorghi infernali: quindi terribilmente bene è l’ennesimo capolavoro di cui nessuno si accorgerà, perchè certe cose, come le discariche, i poveri, la fame, la violenza e l’alienazione non bisogna farle vedere, nè tantomeno ascoltare. A meno che non siano il frutto di un esperimento molto a la page, venuto così, per caso, mettendo tutte le manopole a 10, nel qual caso potrebbero diventare un culto sapendoci speculare. Resta il fatto che la paura è un’altra cosa e quindi grazie Mark er tutti gli incubi che mi hai regalato e per non essere mai diventato un hipster del rumore.