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Macerie su Maceriemartedì 4 novembre 2025

Macerie su Macerie – PODCAST 3/11/25 – Il “modello Milano” per Torino: il nuovo piano regolatore

Il nuovo Piano Regolatore Generale di Torino è in fase di approntamento e sarà presentato in consiglio comunale all’inizio del nuovo anno.

L’ultima pianificazione territoriale del Comune risale al 1995 ed è stata quella che ha segnato la fase di massiccia deindustrializzazione e riconversione urbana lungo la “spina centrale”, un asse nord-sud della città diviso longitudinalmente in spina 1 (Politecnico, corso Castelfidardo), spina 2 (attuale zona della nuova Porta Susa), spina 3 (Principe Oddone e via Livorno), spina 4 (area di interscambio ferroviaria e stradale Rebaudengo-Fossata). Il PRG degli anni Novanta, sebbene abbia segnato un’ingente modificazione dell’assetto fisico e sociale della città, si inscrive ancora in un’urbanistica tutta sabauda basata su normative piuttosto stringenti, tanto che i progetti che si sono aggiunti negli anni successivi hanno costretto i governanti a metterci mano con l’aggiunta, piuttosto tediosa per costoro, di “varianti”.

Come dichiarato dallo stesso primo cittadino e dal suo assessore all’urbanistica, il vecchio piano risulta troppo rigido per gestire la mole di finanziamenti destinata alla città col PNRR e con i fondi per la nuova linea della metropolitana, mentre quello in fase di elaborazione si presterebbe a essere strumento più flessibile. Da quel poco che emerge, il nuovo PGR, più che una nuova regolazione territoriale, parrebbe essere una deregolamentazione a tutto tondo e a beneficio dei nuovi progetti imprenditoriali sul territorio, sul solco di quello che è avvenuto nel capoluogo lombardo. Non è un caso infatti che proprio l’assessore Mazzoleni sia un architetto dei più rinomati a Milano, implicato nello stravolgimento generale della città e nella guerra di classe portata avanti attraverso le politiche urbane dal 2015 in poi. Paolo Mazzoleni infatti è tra gli indagati dell’inchiesta milanese sull’urbanistica per abuso edilizio,lottizzazione abusiva e false attestazioni. Il suo caso non parla solo di metri cubi, racconta di un potere che si struttura in reti, dove la città diventa oggetto e strumento di legittimazione di una casta liberal-faccendiera. L’urbanistica si svela un dispositivo di distinzione, in cui l’amministrazione si dispiega nell’opacità relazionale e, con la scusa di pianificare per la collettività secondo le più inflazionate retoriche del marketing urbano, finisce a negoziare per cerchie selezionate di costruttori e capitani di ventura senza più farne mistero.

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