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Turismo esperienziale e messa in scena dell’autenticità. Note da Oaxaca.

martedì 9 dicembre 2025

Di recente ha iniziato ad assumere una certa rilevanza nel dibattito messicano, tanto in quello mediatico che critico, il concetto di “gentrificazione”. Non è un caso che il 4 luglio di quest’anno si sia svolta una prima manifestazione “contro la gentrificazione” a Città del Messico, e che nella città di Oaxaca, situata nel sud-sudest messicano e teatro nel 2006 di una grande insurrezione popolare ricordata come la Comune di Oaxaca, si sia svolto il “primo incontro nazionale contro la gentrificazione”.

L’uso dilagante e omogeneizzante della parola “gentrificazione”, esportata dal contesto londinese degli anni sessanta e che ruota spesso attorno ad analisi prettamente immobiliari e demografiche, va messo in discussione. Il turismo esperienziale è un problema di cui nessuna lettura semplicemente economica o economicista può rendere ragione. La patrimonializzazione di luoghi e culture, che diventano beni da consumare, dove il turista è uno spettatore che compra una esperienza dell’autenticità, si fonda sulla mistificazione della violenza dell’esproprio delle stesse popolazioni indigene la cui storia addomesticata viene messa in scena e data letteralmente in pasto alla massa di spettatori-consumatori.

Asservire significa privare di suolo non solo in senso materiale, ma nel senso più profondo dell’iscrizione in una catena di trasmissione di significato. E’ un furto della memoria. Presuppone insomma una cancellazione genealogica, di modo che l’unica via d’uscita diventi farsi cosa, e questa è la matrice ultima di quello che succede nella città di Oaxaca, il cui “centro storico” dal 1987 è patrimonio culturale dell’umanità dell’UNESCO.

Ne parliamo con due abitanti di Oaxaca.

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