L’automobile, c’est la guerre.

happy hour

 

L’automobile è stata a lungo la metafora della superiorità dell’Occidente capitalistico nei confronti del resto del mondo, in cui le popolazioni viaggiavano a piedi o al più a cavallo e ne ha rappresentato uno dei cuori pulsante della struttura industriale, diventando una merce di massa che implicava la crescita tanto dello sfruttamento lavorativo salariato, quanto dei consumi che, ça va sans dire, del progresso tecnico. E’ stata anche un potente propulsore di due mitologie capitaliste. Quella della “libertà” intesa come possibilità resa via via più accessibile alle masse di potersi muovere con più facilità, che ha contribuito a mistificare la libertà intesa come possibilità di preservare degli spazi di autonomia esistenziale. E quella del mondo inteso come “frontiera” sempre più dominabile, la riduzione della distanza, il mondo “a portata”.

Oggi l’industria dell’automobile europea è in profondo declino. E’ il Green Deal UE ad aver spinto la strada dell’elettrificazione, ma nel comparto sta accadendo qualcosa di analogo a ciò che avvenne con la siderurgia. Le aziende cinesi, che prima del 2000 erano importatrici nette di acciaio e alluminio, in dieci anni sono diventate il primo produttore al mondo. Nel frattempo, dalle parole di Von der Leyen, lo scellerato piano di rearmo europeo da 800 miliardi di euro servirebbe per rilanciare l’economia in crisi ed è stato analizzato proprio come vettore di riconversione dell’industria automobilistica – in particolare tedesca – verso il militare. Un piano che, peraltro, ha solo la parvenza semantica di “sovranismo”, nel momento in cui gli esiti della scellerata guerra per procura combattuta in Ucraina svelano ancor più il ruolo vassallo degli Stati europei rispetto agli Stati Uniti: le armi per l’Unione Europea sono affari per il grande capitale finanziario statunitense.

All’interno dell’attuale guerra mondiale “a pezzi”, particolare rilevanza assume nell’industria automobilistica il ruolo dell’automazione, con la corsa ai veicoli a guida autonoma, in cui si svela la compenetrazione tra civile e militare e la guerra a un’umanità considerata sempre più eccedente.

Ciò che è certo è che il nesso tra industria dell’automobile, settore della difesa e dominio tecnico non ha nulla di nuovo se pensiamo alla storia del Novecento e all’intreccio tra guerra interna – la disciplina nelle fabbriche attraverso la militarizzazione degli operai  – ed esterna – basti pensare che lo stabilimento di Mirafiori sorge sui cadaveri della guerra d’Etiopia  – nel caso del capitalismo incarnato dalla FIAT degli Agnelli, a Torino.

 




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