In via Asti, dove ottanta uomini, donne e bambini hanno occupato domenica una palazzina nell’ex Caserma La Marmora, fervono i lavori per arredare la nuova casa.
Da ieri in tutte le stanze c’è la luce. Ogni giorno alle 18 c’è un’assemblea.
Teso il rapporto con i vicini di Terra del Fuoco, gli occupanti occupati, che vorrebbero sbarazzarsi dei nuovi, indesiderati vicini.
Oggi gruppi ex abitanti della baraccopoli di lungo Stura Lazio e di vari social housing ora di casa in via Asti hanno fatto un volantinaggio in zona per presentarsi al quartiere.
Ne abbiamo parlato con Cecilia di Gattorosso Gattonero:
Ascolta la diretta:
Di seguito la lettera aperta al quartiere:
“Buongiorno,
siamo un gruppo di persone che fino a pochi giorni fa abitavano nella baraccopoli di Lungo Stura ed ora abitiamo in via Asti, perciò saremo i vostri nuovi vicini. Abbiamo occupato un piccolo pezzo della ex caserma “La Marmora”, che in aprile è stata occupata – promettendone un uso sociale – dall’associazione “Terra del Fuoco”, una delle tante che ha partecipato al progetto “La città possibile” del Comune di Torino, con cui sono stati spesi 5 milioni di euro per sgomberare il campo di Lungo Stura. Da allora tanti di noi sono finiti in strada, mentre la caserma restava in buona parte vuota.
Da oggi è abitata anche da donne, uomini e bambini che il Comune e le associazioni hanno sgomberato e sfrattato senza offrire nessuna alternativa abitativa. Abbiamo scelto questa casa perché ci sembra giusto avere un posto adeguato nella casa di chi questi anni ha guadagnato milioni di euro promettendocene una!
Per anni abbiamo vissuto in quello che in tanti chiamano “campo nomadi”. Noi non siamo nomadi ed i campi non li hanno creati i rom, ma le istituzioni italiane, decine di anni fa. Quando siamo arrivati a Torino nel 2002, i campi esistevano già: dove potevamo vivere se non dove altri/e poveri come noi avevano trovato un tetto, cioè in una baracca? Il campo non è mai stato una scelta, ma la conseguenza di povertà, discriminazione, sfruttamento. Per quindici anni abbiamo vissuto con i nostri figli in baracche inabitabili. Niente acqua, nè luce, nè possibilità di soddisfare bisogni fondamentali come la salute.
Ora abbiamo capito che le istituzioni, che hanno creato questa situazione, non avranno mai il desiderio di risolverla. Negli ultimi due anni il Comune di Torino ha speso 5 milioni di euro sostenendo di “dare una casa ai rom”. Dove sono finiti quei soldi? L’unica cosa certa è che noi siamo stati buttati in mezzo alla strada.
Crediamo che la menzogna abbia soffiato sul fuoco dell’odio e del razzismo.
Come false sono state le dichiarazioni dei vigili che avevano il compito di buttare in strada una donna ed i suoi figli. Hanno dichiarato falsamente di essere stati aggrediti. I giornalisti li hanno citati, la gente li ha creduti. In realtà è successo il contrario e per capirlo basta voler capire, sentire le testimonianze, guardare i filmati.
Mentre la baraccopoli veniva distrutta pezzo a pezzo, abbiamo capito che il progetto “La città possibile” di Comune, Prefettura, associazioni e cooperative complici, è ancora più precario delle baracche: tante delle persone portate nei social housing, come quelli in corso Vigevano ed in via Traves, sono già state sfrattate; i 300 euro al mese promessi a qualcuno per tornare «volontariamente» in Romania non sono mai stati ricevuti. E coloro a cui non sono state proposte queste «soluzioni», sono stati considerati non «meritevoli», cioè da buttare in strada, da sgomberare senza alcun preavviso!
Il 12 ottobre abbiamo organizzato un corteo per la casa nelle strade del centro di Torino, per ribadire la verità sul progetto “La città possibile”. Donne, uomini e bambini hanno gridato forte «Contro sgomberi e sfratti! Casa per tutte/i». Oggi abbiamo deciso di riprenderci quello che è giusto che tutti abbiano: una casa!
Chiunque abbia voglia di parlare, conoscerci o anche dare una mano è sinceramente e gioiosamente benvenuto. Vi aspettiamo in via Asti 22!
Gli ex abitanti di Lungo Stura Lazio, corso Vigevano e via Traves”