Turchia. Verso la guerra civile
Scritto dainfosu 22 Dicembre 2015
Il conflitto ripreso dopo la strage di Suruç del 20 luglio 2015 tra il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) e lo Stato turco sta ormai declinando in una guerra civile.
In una settimana di coprifuoco sono stati uccisi 22 civili, più di 100 feriti, 41 dei quali sono molto gravi. Secondo una relazione diffusa dall’Agenzia di Stampa Dicle la gran parte dei morti e dei feriti sono a a Cizre, Silopi e Nusaybin, dove sono morte 18 persone, tra cui 4 bambini.
Ieri, nella zona di Sur, al ventesimo giorno del coprifuoco un ufficiale dell’esercito è stato ucciso durante gli scontri.
Sempre ieri, a Silopi, un uomo di 70 anni, Ömer Sayan, è stato ucciso nel giardino di casa sua durante gli scontri.
In località Dargecit nella città di Mardin, è rimasto ferito gravemente un poliziotto dei corpi speciali.
Sempre il 21 Dicembre, nella città di Bitlis, grazie ad un esplosivo, sono morti due soldati e sono rimasti feriti 6 altri.
A Silopi, sempre il 21 Dicembre, durante il bombardamento della sua casa, un bambino di 11 anni è stato colpito ed è morto.
Le proteste contro il coprifuoco e gli scontri sono ormai in diverse città del Paese. Ieri, particolarmente ad Istanbul, in località Beylikduzu, centinaia di persone sono scese in piazza per protestare. La rabbia era indirizzata verso il governo.
Secondo una relazione presentata dal partito parlamentare CHP, solamente in località Sur più del 90% della popolazione ha abbandonato le sue abitazioni. La popolazione è scesa a 2 mila da 24 mila.
Erk Acarer, giornalista del quotidiano nazionale Birgun, in un suo articolo pubblicato ieri specifica che a Cizre le case vengono bombardate da carri e la grande parte della zona è distrutta.
Secondo l’agenzia di stampa Diha, nella città di Van, oggi i negozi non hanno aperto i battenti ed alle 12 di è svolta una manifestazione di protesta in centro città. Anche a Diyarbakir è stata indetta una manifestazione per oggi.
Il 20 Dicembre ad Istanbul particolarmente a Taksim è stata organizzata una manifestazione di protesta di massa, la polizia ha impedito il corteo sparando dei lacrimogeni ed arrestando 4 persone.
Secondo una relazione pubblicata dall’Associazione legale “Humanist Buro” nell’arco di 4 mesi durante gli scontri sono morti al meno 44 bambini e ne sono rimasti feriti 52.
Il leader del Partito del Movimento Nazionalista (MHP), Devlet Bahceli in un discorso al parlamento ha dichiarato: “La Turchia sta per dividersi fisicamente, idealmente ed effettivamente”.
Il deputato Galip Ensarioğlu dell’AKP in un suo intervento televisivo presso il canale HaberTurk ha dichiarato: “Le proposte di autonomia ed autogoverno si possono discutere ma questo non è il metodo”. Ensarioglu si riferiva alla proposta politica, economica ed amministrativa lanciata vari mesi orsono dal PKK e sostenuta da vari sindaci nel Kurdistan settentrionale.
Il parlamentare Dengir Mir Firat del Partito Democratico dei Popoli (HDP) ha dichiarato: “Siamo in una fase mafiosa. Questo Stato massacra il suo popolo. Questa guerra porta alla spaccatura il Paese. Non è l’autogoverno quello che divide il Paese ma è il governo AKP”.
Secondo i dati diffusi dal Sindacato dei Lavoratori dell’Istruzione (Egitim-Sen) nelle zone di conflitto dove l’istruzione è stata sospesa circa 83 mila studenti non riescono a seguire l’anno scolastico e circa 3 mila insegnanti sono rimasti a casa oppure hanno dovuto abbandonare la zona.
Nei giorni scorsi è stato diffuso un documento sulla violazione dei diritti umani in Turchia di cui vi riportiamo alcuni stralci.
L’Associazioni dei diritti umani (IHD) e la Fondazione dei diritti umani in Turchia (TIHV) hanno pubblicato, nel 2015, il report sulla violazione dei diritti umani che era stato preparato durante la Settimana dei diritti umani tra il 10-17 dicembre.
Gravi casi di violazioni dei diritti umani sono state riscontrate nel corso del 2015: a Diyarbakir (5 morti, decine feriti), a Suruç (33 morti, decine feriti) e nella strage di Ankara (100 morti, centinaia di feriti). Con la fine del processo di pace curdo-turco da parte del Presidente della Turchia, Recep T. Erdoğan, centinaia di persone sono state uccise nelle strade dalle unità delle forze di sicurezza. Decine di volte sono stati bombardati PKK e civili nel territorio iracheno. Il coprifuoco è stato dichiarato in decine di città curde in Turchia. Durante il periodo di coprifuoco la popolazione ha sofferto la mancanza di acqua e le interruzioni elettriche, così come la mancanza di approvvigionamento alimentare di base. Farmaci e cure ai feriti dagli attacchi non sono stati autorizzati dalla polizia sui luoghi degli attacchi così come si sono riscontrate grosse difficoltà nel seppellire i morti a causa di divieti imposti dal coprifuoco.
Durante il blocco delle città e di molti quartieri da parte delle forze di sicurezza giovani civili, donne, anziani e bambini sono stati massacrati. I giornalisti sono stati arrestati e la libertà di stampa è stata violata. I rifugiati in Turchia si trovano ad affrontare situazioni drammatiche.
Con la “Legge di sicurezza interna” voluta dall’AKP c’è stato un incremento delle violazioni dei diritti umani tra il 1 gennaio e il 5 dicembre del 2015. I dati dell’IHD e del TIHV sono i seguenti: 173 morti e 226 feriti sono stati il risultato di esecuzioni extragiudiziali, tiro casuale e fucilazione di civili che non hanno rispettato gli ordini dell’unità di applicazione della legge. Ci sono stati 135 incidenti che hanno causato morti e 191 eventi che hanno comportato lesioni e ferimenti. A seguito degli attacchi suicidi, 5 morti a Diyarbakır, 33 morti a Suruç, l’attacco di Ankara il 10 ottobre ha provocato 100 morti. I 3 attacchi suicidi sopra menzionati hanno provocato 138 morti e 929 feriti. 4 persone sono morte mentre si trovavano sotto custodia. Omicidi commessi da sconosciuti hanno causato 19 morti. Minimo 28 persone sono morte per vari motivi mentre si trovavano in prigione. 33 soldati sono morti in condizioni ignote mentre si trovavano sotto costrizione. 5 persone sono morte e 22 sono state ferite a causa di esplosioni di bombe o di mine per mani ignote. Come risultato di conflitti militari, 171 agenti di polizia e paramilitari hanno perso la vita. Sulla stessa linea, 195 militanti e 157 civili sono morti, portando il numero totale di decessi a 523. 255 donne sono morte a causa della violenza maschile fino al 23 novembre 2015. 4 sono stati i decessi a causa di crimini di odio, attacchi razzisti e linciaggio. Gli infortuni sul lavoro/omicidi hanno visto coinvolti 1593 lavoratori fino al 1 dicembre. Minimo 16 richiedenti asilo e rifugiati hanno perso la vita durante l’attraversamento delle frontiere e 160 di loro sono rimasti feriti.
1433 persone sono state torturate mentre si trovavano in custodia.
Ne abbiamo parlato con Murat Cinar, mediattivista e blogger.
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