Lucento Vallette antifasciste. Ripartire dalle periferie
Scritto dainfosu 9 Febbraio 2016
Domenica 7 febbraio, nonostante una pioggia battente oltre duecento antifascisti hanno risposto all’appello dei ragazzi del quartiere per un corteo di comunicazione e lotta nel giorno scelto dai fascisti di Casa Pound per la fiaccolata nel villaggio Santa Caterina, il gruppo di case popolari che, dagli anni Cinquanta ospita profughi istriani e dalmati, approdati nella nostra città dopo la guerra.
Un imponente schieramento di polizia ha serrato in una morsa di luci blu l’area, nonostante i fascisti, che pure avevano fatto appello ai camerati da Aosta a Milano, pare non fossero più di 50.
Gli antifascisti hanno fatto un lungo giro per il quartiere con frequenti soste per interventi e slogan, ascoltati dalla gente che spesso si è affacciata dai balconi.
Ne abbiamo parlato con Fabrizio.
Ascolta la diretta:
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Di seguito il volantino distribuito dagli organizzatori.
Contro il fascismo per un quartiere popolare e antirazzista
Da ormai diversi anni, in occasione del Giorno del Ricordo, il quartiere Lucento-Vallette deve subire la parata di CasaPound, partito dichiaratamente neofascista, in onore ai “martiri delle foibe”. Questo perché nel quartiere si trova il villaggio Santa Caterina, gruppo di case popolari dove furono ospitati dagli anni 50 le vittime dell’esodo istriano-giuliano-dalmata, oltre a famiglie di diverse provenienze. Questa tematica continua ad essere usata strumentalmente da chi, come CasaPound, costruisce sulla retorica nazionalista la propria identità politica.
Al termine della I guerra mondiale le zone dell’Istria, Dalmazia ed i cosiddetti territori orientali, sotto il controllo del regime fascista, subirono una forzata e violenta opera di italianizzazione linguistica, culturale e politica. Questo significò concretamente repressioni, torture, deportazioni in campi di prigionia, a danno di una popolazione slava considerata inferiore, “da educare non con lo zuccherino ma con il bastone”. Una vera e propria bonifica etnica. La propaganda fascista costruì il mito di una terra da sempre italiana, sebbene quei territori fossero linguisticamente e culturalmente eterogenei. È dopo la caduta del regime fascista, sull’onda di un sentimento di vendetta nei confronti dell’occupante italiano, che si collocano le ondate di violenza di massa, spesso indiscriminate e sommarie, genericamente indicate come “foibe”.
Ignorando in modo subdolo le responsabilità del fascismo, CasaPound con la sua fiaccolata in quartiere tenta di ripresentare le stesse tematiche nazionaliste già causa delle vicende storiche che portarono alla guerra e all’esodo dai territori orientali. I fascisti ed il loro operato vengono presentati strumentalmente come vittime, anziché origine delle violenze avvenute.
Presentandosi al mercato di Corso Cincinnato e tra le case di Santa Caterina, i fascisti di oggi cercano di aprirsi uno spazio politico a Lucento-Vallette: non è una novità per loro utilizzare temi sentiti e problematici nel tentativo di cercare consensi e visibilità. Questioni quali sicurezza, immigrazione, microcriminalità, emergenza abitativa e lavoro diventano il pretesto per presentarsi con soluzioni facili e retoriche agli occhi degli abitanti, spesso ignari della vera natura di CasaPound e affini. Nascono così fittizi comitati di quartiere che utilizzando il diffuso malcontento, finiscono per fare propaganda a favore dei loro ideali esclusivi, razzisti e nazionalisti.
Ideali che si manifestano troppo spesso in pratiche di violenza squadrista: solo pochi giorni fa a Napoli i fascisti di Blocco Studentesco – appendice di CasaPound – hanno aggredito con bastoni e martelli degli studenti all’uscita della scuola superiore. Ed è solo l’ultimo di una lunga lista di assassinii e aggressioni da parte di camerati fascisti vari, dall’italiano Dax ucciso a Milano nel 2003 ai due ragazzi senegalesi Diop Mor e Samb Modou assassinati nel 2011 a Firenze. Il volto dei “fascisti del terzo millennio” è questo: da una parte politiche di disuguaglianza sociale portate avanti ogni qual volta viene lasciato loro spazio di agibilità politica, su una delle tante poltrone che inseguono con insistenza (presentandosi alle elezioni a braccetto con la Lega), dall’altra violenze e intimidazioni nelle strade.
In un quartiere come questo, nato con l’immigrazione e dall’intreccio di donne e uomini di origini diverse, è a maggior ragione inaccettabile l’azione e la retorica di CasaPound, basata sulla discriminazione, la violenza, sull’esclusione dell’ultimo, del diverso, del più povero.
Ma CasaPound non è nient’altro che la peggiore costola di una società già in forte frammentazione, in cui i quartieri popolari subiscono facilmente il mito della sicurezza, della paura nei confronti del diverso. Luoghi poveri di orizzonti genuini di socialità e legami solidaristici, ma “ricchi” delle peggiori rappresentazioni dell’oggi: dai centri commerciali alle immense aree industriali dismesse, ai complessi di case popolari adibiti a dormitori; dal luogo simbolo della privazione della libertà come il carcere, alle improbabili varianti urbanistiche e “riqualificazioni”, che tentano di includere le stesse periferie in logiche di profitto tutte nuove, nel solco della “città ad evento continuo” e “multicentrica”, che arricchisce i soliti speculatori e allontana le povertà, escluse dai processi di cambiamento, verso altre “periferie”, altre nicchie, purché queste siano invisibili e non rovinino il nuovo volto luccicante della città.
In queste fratture, evidenti e in espansione, trovano luogo fenomeni di disgregazione sociale, che spesso si esprimono in xenofobia e razzismo, sottile od eclatante che sia. In quest’ottica si inserisce il “pogrom” della Continassa del dicembre 2011 proprio alle Vallette e i numerosi eventi di discriminazione razziale avvenuti in molte periferie torinesi negli ultimi anni, da Mirafiori a Barriera di Milano, fino ad arrivare alle recenti ronde antidegrado a San Salvario capitanate dal pub “Asso di Bastoni”, covo di fascisti.
Ma queste fratture rappresentano anche il potenziale momento in cui costruire percorsi radicalmente diversi, in cui ognuno trovi il proprio spazio e le proprie modalità di espressione, capaci di immaginare comunità e quartieri sorretti da relazioni di solidarietà, antirazzisti e antifascisti. Percorsi sicuramente in salita e non scontati, che portano necessariamente a pensare la periferia come punto di partenza e soggetto di un possibile cambiamento.
Ed è anche di fronte a queste prospettive che oggi camminiamo per le strade del nostro quartiere, per affermare e ribadire che qualsiasi fascismo, vecchio e nuovo, non passerà, soprattutto qui nei quartieri popolari.
7 Febbraio 2016
Lucento Vallette Antifasciste