Hotspot a Messina: nuove frontiere nel controllo dei migranti

Scritto dasu 23 Dicembre 2016

Attraverso la narrazione della cd. “crisi dei rifugiati’” come minaccia ai fondamenti dell’Unione europea, a partire dalla “libera circolazione”, l’Agenda europea sulle migrazioni ha creato, nel maggio del 2015, il cosiddetto “Sistema Hotspot”. Gli “Hotspots”, eloquentemente tradotti nei documenti ufficiali come “punti di crisi”, sono di fatto centri di contenimento spaziale e controllo in cui si opera una strategia di filtraggio e separazione dei corpi migranti tra potenziali richiedenti asilo da “ricollocare” in strutture per richiedenti asilo in Europa, altri richiedenti asilo “di secondo rango”, e migranti “economici” da deportare nei paesi di origine. Tramite questo sistema arbitrario e d’eccezione dal punto di vista giuridico, il tentativo è quello di escludere dalla protezione internazionale il maggior numero possibile di persone, in particolare in Italia ed in Grecia, frontiere meridionali dello spazio europo governato attraverso tecniche di “inclusione differenziale” dei migranti.

E tra pochi mesi l’ex caserma “Gasparro” di Messina sarà trasformata proprio in uno dei maggiori “hotspot” italiani, assumendo le stesse funzioni oggi espletate  dai centri di Mineo, Pozzallo e Lampedusa. Già da qualche mese questo spazio è diventato un “centro di primissima accoglienza” (leggi “lager”) per soli minori stranieri non accompagnati. Controllo e repressione ovviamente rappresentano un business molto redditizio per le cooperative incaricate della gestione del centro, che sono la Senis Hospes di Senise, Potenza e la Domus Caritatis di Roma: si parla di un appalto da 1.932.000 euro.

 

Questa mattina ne abbiamo parlato con Antonio Mazzeo, autore di un dettagliato reportage sulle nuove frontiere del controllo e della repressione dei migranti sperimentate a Messina:

HotspotMessina

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