Il composito scacchiere orientale dopo le stragi pasquali in Sri Lanka
Scritto dainfosu 5 Maggio 2019
Ci è sembrato doveroso occuparci di valutare quali retroscena geopolitici possono essere presi in considerazione a due settimane dagli attentati in Sri Lanka, che avevano colpito di sorpresa solo un mondo distratto – visto che l’intelligence indiana aveva allertato con precisione e per tempo – ripiombato poi nella disattenzione, non appena l’emozione per i morti di pasqua ha lasciato le prime pagine dei giornali (e anche le successive); l’interlocutore ideale per conoscenza dell’area e per acume analitico non poteva che essere Emanuele Giordana, che dopo le molteplici sollecitazioni mediatiche dei primi giorni può ora valutare con maggior precisione non solo i protagonisti, ma anche le motivazioni e chi può trarne vantaggio da una destabilizzazione di questo tipo. Insomma: con troppa faciloneria si è archiviato l’evento.
Soprattutto dopo la diffusione del video che ritrae al-Baghdadi, per la prima volta dopo l’annuncio del califfato di 5 anni fa, i protagonisti e i colpevoli sembrano apparentemente evidenti, benché le ipotesi a ben vedere a freddo – prendendo per buone anche le rivendicazioni pervenute dal Daesh direttamente dal suo capo – potrebbero anche estendere lo sguardo alla temperie nazionalista, di un nazionalismo religioso, come quello del vicino gigante indiano impegnato in defatiganti elezioni; ma anche coinvolgere tensioni economico-commerciali come la Belt and Road cinese che da anni controllano il porto srilankese di Hambantota e lo hanno acquisito con la consueta manovra di strozzinamento.
Oppure, come il nostro interlocutore presagiva già alcuni anni orsono, il califfato poteva anche essere sconfitto territorialmente laddove ha fatto la sua comparsa, ma ci sono i presupposti perché si estenda a est, benché Emanuele appaia molto scettico che la decisione dell’attacco e la sua preparazione – anche in termini di finanziamento – possa essere venuta da dentro la comunità minoritaria musulmana dell’isola a fronte della domanda stimolata da un articolo di Ameena Hussein (scrittrice srilankese musulmana) comparso su Nyt laddove la scrittrice attribuiva questa svolta intransigente e terrorista a una propaganda estenuante negli ultimi 30 anni che secondo lei sarebbe imposta dalle frange più integraliste. Certo che la scelta dello Sri Lanka come teatro affonda nella storia del paese, nonostante l’attacco provenga quasi sicuramente dall’esterno e il quadro di cui si deve tenere conto ci viene fatto scorrere sotto gli occhi dal nostro interlocutore, che dischiude le varie alleanze politiche dell’isola, che non spiegano da sole ma consentono diversi e compositi materiali da tenere presenti per cercare di capire i segnali e i messaggi lanciati insieme alle bombe.
Qui potete sentire la lucida analisi di Emanuele Giordana, giornalista e scrittore, animatore di gruppi di giornalisti (Lettera 22 e Atlante delle guerre):