Grecia. Cronache dai campi di Moria e Malakata

Scritto dasu 15 Giugno 2021

La scorsa settimana è stato divulgato il rapporto di Medici Senza Frontiere sulla situazione delle persone costrette a vivere negli hotspot in attesa di risposte alle domande di asilo.
Il quadro che ne emerge è terribile. In due anni delle 180 persone che hanno tentato il suicidio o si sono procurate ferite, più di due terzi erano bambini.
“Per più di cinque anni, la politica dell’UE di contenere le persone e trattare le loro domande di asilo negli hotspot sulle isole greche ha creato una crisi senza precedenti e un’enorme sofferenza umana. Queste non sono conseguenze involontarie. Il modello degli hotspot voluto dall’UE è progettato non solo per elaborare le domande di asilo dei migranti, ma anche per scoraggiare altri a cercare sicurezza in Europa”.
Ciliegina sulla torta: l’9 giugno il ministero degli affari esteri greco ha dichiarato che la Turchia è un paese sicuro per richiedenti asilo provenienti da Afganistan, Siria, Somalia, Pakistan e Bangladesh.
Ne abbiamo parlato con Dario, un compagno che è appena tornato dalla Grecia. Le sue testimonianze da Lesvos, dove ha visitato il campo di Moria e dalla struttura di Malakata ci mostrano un orrore concentrazionario, divenuto modello per altri hotspot come quello di Samos.
Il campo di Moria è fatto da tende fatiscenti, cessi chimici, sovraffollamento, isolamento e totale militarizzazione.
In mare si moltiplicano i respingimenti di massa in Turchia, il porto di Mitilene ospita quasi solo pattugliatori della Marina.

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