Pacchetto sicurezza. Più galera per chi lotta

Scritto dasu 5 Giugno 2024

Innalzare fino a 25 anni di reclusione la pena per chi protesta in modo “minaccioso o violento” contro le grandi opere infrastrutturali è l’obiettivo di un emendamento della Lega, firmato dal deputato Igor Iezzi, al cosiddetto “pacchetto sicurezza“, il ddl approvato a novembre dal Consiglio dei ministri e ora in discussione nelle Commissioni Giustizia e Affari costituzionali della Camera.
La proposta Iezzi vuole introdurre un nuovo comma all’articolo 339 del codice penale, che elenca le circostanze aggravanti dei reati di resistenza, violenza o minaccia a un pubblico ufficiale o a un corpo dello Stato. Al momento le pene, che di base possono arrivare a sette anni, “sono aumentate” in modo generico dal primo comma “se la violenza o la minaccia è commessa nel corso di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico ovvero con armi, o da persona travisata, o da più persone riunite, o con scritto anonimo, o in modo simbolico“. Inoltre, in base al secondo comma, “se la violenza o la minaccia è commessa da più di cinque persone riunite, mediante uso di armi anche soltanto da parte di una di esse, ovvero da più di dieci persone, pur senza uso di armi”, il minimo diventa di tre anni e il massimo di 15. A queste aggravanti l’emendamento ne aggiunge un’altra: “Se la violenza o minaccia è commessa al fine di impedire la realizzazione di un’opera pubblica o di un’infrastruttura strategica, la pena è aumentata da un terzo a due terzi”.
Se la proposta diventerà legge, chi protesterà in gruppo contro un’opera pubblica con manifestazioni simboliche, se queste verranno considerate “minacciose o violente”, rischierà fino a 25 anni di carcere.
In linea con le altre disposizioni di questo pacchetto legislativo del governo, si tratta di un’aggravante cucita come un abito su misura per chi si oppone alle grandi opere come il TAV, il Ponte sullo Stretto, i rigassificatori o qualsiasi opera considerata strategica.
Igor Iezzi propone anche una modifica al reato di violenza privata per colpire le pratiche dei lavoratori in sciopero.
Violenza privata è un reato punito con la reclusione fino a quattro anni. I lavoratori che fanno i picchetti spesso non vanno a processo o vengono assolti, perché la norma punisce “chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa”. La norma suggerita dalla Lega, invece, detta un’interpretazione di segno opposto: “L’articolo 610 del codice penale deve interpretarsi nel senso che il reato di violenza privata ivi previsto si configura anche nel caso in cui una o più persone impediscano l’entrata o l’uscita da uno spazio aziendale ostruendone il transito con la sola interposizione dei propri corpi e la resistenza attiva o passiva opposta a chi intenda passare. Non costituisce esimente o scriminante il fatto che il detto comportamento sia tenuto per sostenere un’azione di sciopero”.
Il governo vuole avere le mani libere: una mannaia pende sulle teste di chi lotta.
Ne abbiamo parlato con l’avvocato Eugenio Losco

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