A GAZA, CON IL SOSTEGNO DI TRUMP, SI SVOLGE LA SECONDA FASE DEL GENOCIDIO
Scritto dainfosu 24 Marzo 2025
Con la rottura ufficiale della fragile tregua, mai rispettata dall’esercito sionista, sono ripresi i bombardamenti contro la popolazione civile di Gaza, più feroci di prima, i trasferimenti forzati, gli attacchi agli ospedali, l’interruzione degli aiuti alimentari – iniziata già da una ventina di giorni.
Hamas ha respinto i tentativi di Israele di rinnegare i termini della tregua che entrambe le parti si erano impegnate a rispettare. La seconda fase dell’accordo, che avrebbe dovuto portare al ritorno degli ostaggi rimanenti e un cessate il fuoco permanente, doveva iniziare più di due settimane fa, ma Israele non lo ha mai permesso. Invece, insieme a Witkoff, Israele ha fatto carta straccia dell’accordo e ha inventato una nuova proposta: estendere la fase uno e continuare a scambiare ostaggi per i detenuti palestinesi; per separare il rilascio di ostaggi da qualsiasi garanzia di porre fine alla guerra. Israele sapeva che Hamas avrebbe respinto questa proposta. Il piano presentato da Trump di prendere possesso della Striscia ed espellere la popolazione palestinese non era in realtà un progetto; era un semaforo verde per il governo israeliano e l’establishment della difesa per iniziare la pulizia etnica di Gaza. Dove la popolazione andrà non importa davvero (l’Egitto e la Giordania hanno rapidamente respinto l’idea di Trump). Ciò che conta è che il paese più potente del mondo abbia dato il suo sostegno a quello che la destra israeliana ha a lungo definito “finire il lavoro” che la Nakba del 1948 ha lasciato incompleto. Netanyahu si sente spalleggiato da Trump, ma ha bisogno anche del sostegno di Ben Gvir per approvare il bilancio, e sul fronte interno deve affrontare il malcontento per il licenziamento del capo dello Shin Bet, Ronen Bar, che indagava su tangenti e corruzione, il rapporto sul 7 ottobre che ha cercato di insabbiare, le udienze del processo per corruzione, la sfiducia alla procuratrice generale Gali Baharav-Miara, spina nel fianco del Primo ministro israeliano. Tutti sintomi di uno scontro tra settori del potere israeliani. Le piazze protestano, e alcuni settori della società israeliani, in particolare i riservisti, sono stanchi dell’impegno bellico e questa insofferenza si lega alle proteste dei familiari degli ostaggi e i sostenitori del capo dello Shin Bet.
Ne parliamo con Michele Giorgio, giornalista de Il manifesto e autore di diversi libri su Israele e Palestina.