“Panino libero” a scuola: due voci a confronto
Scritto dainfosu 23 Settembre 2016
Si tratta della questione di cui oggi più si dibatte nei corridoi delle scuole torinesi e non, con risvolti non poco grotteschi dal punto di vista del discorso pubblico. La vicenda ha inizio nel lontano 2013, quando a Torino 58 famiglie creano il comitato “Caro Mensa” ed avviano una battaglia legale contro Comune e Miur contro l’aumento delle tariffe e per il diritto a portare il cibo da casa. Dopo che il TAR aveva respinto la loro richiesta, nel giugno scorso la Corte d’Appello ribalta la sentenza, accogliendo così l’esposto delle 58 famiglie. La sezione feriale ha poi esteso il diritto al “panino libero” a tutti. Da ultimo, ad inizio settembre, il Tribunale di Torino ha posto fine alla battaglia legale, rigettando il reclamo presentato dal MIUR contro l’ordinanza d’urgenza emessa ad agosto. Secondo il giudice, “la refezione deve restare un’agevolazione alle famiglie, facoltativa a domanda individuale, senza potersi larvatamente imporre come condicio sine qua non per la scelta del tempo pieno. L’unica alternativa, ragionevolmente praticabile, rispettosa dell’articolo 34 della Costituzione, consiste nel consentire agli alunni del tempo pieno che non aderiscono al servizio di refezione di consumare a scuola un pasto domestico”.
Nel frattempo, l’amministrazione comunale torinese si è attivata per garantire il servizio misto durante il pasto: entro il 23 settembre le famiglie sono chiamate a scegliere tra la mensa o il cibo da casa per i propri figli, entro il 26 le scuole dovranno comunicare i dati agli uffici del Comune, cosicché il 3 ottobre si darà avvio al nuovo sistema di refezione. I problemi di natura prettamente organizzativa, ma soprattutto politica (ed economica) sono a questo punto molteplici, così come le argomentazioni favorevoli e contrarie al “panino libero”. Cercare di sbrogliarne la matassa non è compito semplice, anche se va sottolineato come la questione della sicurezza alimentare sembri in qualche modo farla da padrone nelle cronache di questi giorni, a discapito dei temi riguardanti la qualità (scarsa) ed i costi (spropositati) del servizio mensa torinese, da anni al centro di polemiche e lotte. In questo senso, il “panino libero” rappresenta un miglioramento o al contrario un ulteriore problema? Il fronte dei genitori è fortemente spaccato. Per non ridurre la complessità delle varie questioni in gioco, abbiamo scelto di dare spazio a due voci opposte, con l’obiettivo di aprire così uno spazio di confronto, certi che le battaglie intorno al servizio mensa non siano certo finite qui.
Ascolta la diretta di questa mattina con Alessandro, genitore a favore della libertà di scelta
Ascolta la diretta con Carola (Coord. Genitori Democratici), che si batte per una mensa di qualità e meno cara
Come contributo al dibattito, segnaliamo anche uno stralcio del “Manifesto dei 500”, redatto da un gruppo di insegnanti della scuola pubblica e pubblicato il 14 settembre:
“Dall’inizio degli anni ’80 il Comune di Torino (tutte le giunte che si sono alternate) ha attaccato il servizio mensa, prima liquidando le mense fresche, poi abolendo gli economi nelle scuole, poi, regolarmente, aumentando a dismisura le rette, facendole diventare infine le più alte d’Italia. Ciò che in molte città e paesi, anche confinanti, si paga 3, 4 o 5 euro a pasto a Torino arriva a costare più di 7 euro, cifra appena camuffata dalla “trovata” dello scorporo tra costo-pasto e iscrizione. Come dichiarano tutti i genitori che hanno fatto i ricorsi, è questa situazione, diventata via via insopportabile. (…) E’ semplicemente ridicolo che Chiamparino annunci che andrà a mangiare simbolicamente in una mensa per dimostrare il suo dissenso verso le sentenze. Lui, come tutti i sindaci precedenti, Fassino “last but not least”, sono i responsabili. (…)
Detto questo, la responsabilità passa ora alla nuova giunta Appendino. Anch’essa ha preso posizione contro le sentenze e il nuovo assessore si è permesso, dopo aver taciuto per tutta l’estate ed aver ora scaricato sulle scuole la gestione di questo caos, di dichiarare che “le famiglie non devono forzare la mano”. Ora l’Appendino pretende un “tavolo” con MIUR e scuole per “gestire la situazione”. Tutto ciò è vergognoso e rappresenta solo un modo per deviare l’attenzione dall’unica soluzione possibile: diminuire drasticamente e immediatamente le rette e migliorare nello stesso tempo la qualità del servizio. Ma per fare questo è necessario che il Comune investa sulla scuola integrando i soldi degli appalti”