Afganistan. Finita una missione ne comincia un’altra
La guerra in Afganistan torna visibile solo quando un ben pagato professionista muore sul lavoro. Per chi fa il mestiere delle armi ci sono i funerali di Stato, le condoglianze del presidente della repubblica Napolitano, la rituale commemorazione in parlamento.
Un rituale antico per trasformare in eroe un mercenario. Uccidere è un crimine se lo si fa per se stessi, chi ammazza in nome dello Stato e della Patria compie una nobile missione.
Una missione che, dopo dieci anni di bombe, torture, occupazione militare continua ad essere descritta come intervento di pace.
Una lucida menzogna.
L’intervento degli italiani in Afganistan dovrebbe terminare nel 2014: i 3100 militari impegnati nella missione ISAF dovrebbero ritirarsi.
Nonostante il parlamento ufficialmente non ne sappia nulla, ed ancor meno ne sanno i cittadini, finita una missione ne comincia un’altra.
L’Italia si è già impegnata a contribuire militarmente a Resolute Support, la missione della Nato che dall’inizio del 2015 sostituirà la missione Isaf (International Security Assistance Force).
Lo ha detto Chuck Hagel, segretario alla Difesa degli Stati uniti, al termine del vertice interministeriale della Nato che si è tenuto il 4 e 5 giugno a Bruxelles.
Gli Stati Uniti continueranno a essere il paese con il maggior impegno militare in Afganistan.
La missione Resolute Support prevede infatti la divisione dell’Afganistan in diverse aree geografiche di competenza, le stesse in cui sono impegnate oggi: agli Stati uniti spetterà la responsabilità delle attività nelle aree meridionali e orientali; alla Germania l’area settentrionale, all’Italia la parte occidentale. La Turchia potrebbe “coprire” la zona di Kabul.
Sebbene il ministro della Difesa, Mario Mauro, non abbia ancora illustrato i termini dell’impegno assunto a Bruxelles, pare che il contingente italiano sarà di circa 1800 soldati e soldate.
Al centro della “nuova” missione l’addestramento di truppe afgane e la “giustizia”. Gli stessi obiettivi ufficialmente perseguiti nei 12 ammi precedenti.
La “leggerezza” del governo nell’assumere decisioni così importanti ha radici lontane. La guerra per l’Afganistan è stata approvata in modo bipartisan da tutti i governi che si sono succeduti in questi anni. Non solo. Si è ormai consolidata l’attitudine dell’esecutivo ad assumere decisioni, senza neppure sottoporle al dibattito parlamentare.
Anarres ne ha parlato con Stefano, un compagno del comitato contro Aviano 2000.
Ne è scaturita una chiacchierata a tutto campo. Al di là dell’informazione una riflessione sulla scarsa incidenza delle lotte antimilitariste nel nostro paese, in cui sono cessate persino le manifestazioni meramente testimoniali che avevano segnato l’avvio della guerra in Iraq.
Eppure, è bene ricordarlo, l’Italia è una gigantesca piattaforma logistica per le guerre del ventunesimo secolo. Le basi di queste guerre, la caserme, gli aeroporti, i poligoni di tiro sono a due passi dalle nostre case.
Ascolta la chiacchierata con Stefano
2013 06 14 stefano afganistan