Anarres del 10 marzo. CPR tra rivolte e repressione. I fascisti al governo. Il decreto “Cutro”…

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ll podcast del nostro nostro viaggio del venerdì su Anarres, il pianeta delle utopie concrete.
Dalle 11 alle 13 sui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. Anche in
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CPR. Tra rivolte e stretta repressiva
A Torino il CPR è chiuso di fatto: le rivolte di febbraio lo hanno completamente distrutto. Per la prima volta dal 1999 questa galera per migranti ha smesso di funzionare.
Quell
a di Torino è una delle quattro prigioni amministrative che non hanno mai chiuso i battenti, anche quando l’infuriare delle rivolte portò alla quasi totale paralisi questo ingranaggio della macchina delle espulsioni.
Le lotte di questo mese sono state un momento importante di un conflitto durissimo, costato carcere, spostamenti punitivi, botte e deportazione a tantissimi reclusi nell’arco di 25 anni.
Il governo tuttavia non molla e già si profila all’orizzonte un provvedimento che riporterebbe a sei mesi il tempo di trattenimento massimo all’interno del CPR. Una vera e propria condanna detentiva.
Nel 1998, quando vennero aperti,
la durata massima di detenzione era fissata a 30 giorni, per poi aumentare progressivamente. Nel 2002 con la legge Bossi-Fini, raddoppiò. Nel 2011 venne fissata a 180 giorni. Dopo una riduzione a 3 mesi stabilita dalla legge europea 2013 bis, il periodo è stato poi nuovamente esteso fino a 180 giorni, con l’entrata in vigore del decreto sicurezza nel 2018. Un decreto del 2020 ha riportato la detenzione a 90 giorni, con la possibilità di estenderla fino ad un massimo di 120.
Oggi Meloni intende reintrodurre i sei mesi. Quando uno scenario simile si ripropose una decina d’anni orsono si scatenarono rivolte in tutte le prigioni per migranti.

I fascisti al governo / seconda puntata
Già la scorsa settimana vi abbiamo proposto una riflessione su come, passo dopo passo, i fascisti al governo stiano entrando a gamba tesa nella scuola, nella cultura, attaccando la libertà delle soggettività non conformi, difendendo gli autori di un pestaggio fascista in un liceo, per non dire delle leggi repressive contro le ONG e le feste libere. E già si profila all’orizzonte il reato di “terrorismo di piazza”. Una svolta autoritaria che si allarga su più fronti ed interroga i movimenti di opposizione sociale sull’enorme difficoltà del momento e sulla necessità di raccogliere le forze per affrontarlo. Negli anni Venti del secolo scorso l’emergere del fascismo fu la risposta alle classi sfruttate ed oppresse che avevano tentato, senza riuscirci, di fare la rivoluzione. Quella attuata dai padroni, con la complicità della monarchia e l’immobilismo dei socialisti fu, nella felice definizione di Luigi Fabbri, una controrivoluzione preventiva.
Oggi la situazione è completamente diversa. I fascisti arrivano al potere dopo cinquant’anni dalla stagione di lotta che ha segnato gli anni Sessanta e Settanta, dopo il declino dei movimenti di controglobalizzazione dal basso, dopo la distruzione di ogni sistema di tutele e garanzie che le classi sfruttate avevano ottenuto con
le lotte. Lotte vincenti anche perché aspiravano ad andare ben oltre il recinto della sinistra riformista.
Oggi i fascisti al governo rappresentano la risposta reattiva e reazionaria alla grande paura che ha investito la classe media e le parti alte dalla classe lavoratrice di fronte a processi di finanziarizzazione e globalizzazione che non lasciano più spazio per la tutela di nessuno. Neppure di chi, per scelta e per condizione sociale, si è sempre trovato a proprio agio nell’ordine sociale liberale e capitalista.
I fascisti al governo non
possono e non vogliono rispondere a quelle paure: non gli resta che giocare le uniche carte a loro disposizione. La prima è l’attacco alla modernità attraverso la riaffermazione di una feroce logica patriarcale, quella dei figli per la patria, quella che nega il lungo processo di emersione delle soggettività non conformi, quella che punta ad affermare una logica essenzialista. La seconda è l’attacco a testa bassa contro i movimenti di opposizione sociale, i migranti, le culture non mercificate. Oggi l’ampio consenso di cui gode il governo potrà essere scalfito se salterà il tappo che tiene compressa da ormai troppo tempo la questione sociale, se ci sarà convergenza tra le soggettività sotto attacco, se si riuscirà, con processi di solidarietà e mutuo appoggio a rompere la fascinazione per la folle corsa del capitalismo verso la distruzione.
Ne abbiamo parlato con Robertino Barbieri

La strage di Cutro e il pacchetto Meloni
A ricordarci la violenza delle frontiere e di chi le custodisce sono i morti che a volte finiscono sul bagnasciuga del nostro paese. I corpi dei bambini e delle bambine, degli uomini e delle donne.
É successo a Cutro, sulla costa calabrese.

Per giorni il mare ha continuato a restituire i cadaveri di persone annegate perché nessuno le ha soccorse quando la loro nave stracarica si è spezzata in due.
Poi la gang Meloni è sbarcata a Cutro ed ha estratto il coniglio dal cappello: più galera per gli scafisti. Da 20 a 30 anni se qualcuno annega. Trovati i cattivi si procede come locomotive impazzite verso nuove stragi. Poco importa che spesso lo “scafista” sia a sua volta un migrante cooptato con ricatti e minacce.
Non solo. Nel decreto approvato dal governo nella scenografia di una strage di Stato c’è molto di più. Si torna al piano Minniti di costruire un CPR in ogni regione, raddoppiando il numero delle prigioni per migranti sul territorio. I nuovi CPR potranno essere costruiti aggirando i percorsi autorizzativi.
Chi esce di prigione non
godrà dell’esile garanzia della convalida del giudice di pace ma passerà direttamente dalla galera al CPR, o, più probabilmente, verrà deportato immediatamente. Se la gestione dei CPR, oggi affidata a privati in appalto, fosse considerata inadeguata, potrebbe scattare il commissariamento e la prigione verrebbe controllata direttamente dallo stato. Il governo interviene anche sul decreto flussi, che diviene triennale e privilegia i paesi che fanno accordi di rimpatrio e promuovono politiche attive contro l’emigrazione. Dulcis in fundo, la decisione di ridurre sensibilmente le possibilità di accesso allo status di rifugiato per motivi umanitari.
Ne abbiamo parlato con Raffaele, un compagno da sempre in prima fila nelle lotte ai CPR e alle frontiere.

Sabato 18 marzo
Cena
dei comunardi

ore 20 alla FAT in corso Palermo 46
Menù vegan
Benefit lotte antimilitariste
Quanto costa? Tanto per chi può tanto, meno per chi può meno, il più possibile per sostenere le lotte
per prenotazioni:
antimilitarista.to@gmail.com

Venerdì 24 marzo
La società della sorveglianza
Il controllo totale insito nel trionfante paradigma digitale non viene più percepito come una minaccia alla libertà, ma come un servizio volto a migliorare la vita e realizzare i desideri dell’utente-cittadino. Una presa di potere tanto nel pubblico quanto nel privato che si fonda su un’inedita servitù volontaria in cui siamo noi stessi a dare all’algoritmo-padrone i dati per meglio profilarci. E manipolarci.
o
re 21 alla FAT in corso Palermo 46
Interverrà Salvo Vaccaro, docente di filosofia politica all’Università di Palermo e autore, per i tipi di Eleuthera, di “Gli algoritmi della politica”

Contatti:

Federazione Anarchica Torinese
corso Palermo 46
Riunioni – aperte agli interessati – ogni martedì dalle 21
Contatti: fai_torino@autistici.org – @senzafrontiere.to/

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