Anarres del primo dicembre. Bloccati i mercanti d’armi. Sudan. Il silenzio sulla strage. Il bavaglio ad Haaretz? Affari di morte tra Italia ed Egitto. Analisi e prospettive del conflitto in medio oriente…

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ll podcast del nostro nostro viaggio del venerdì su Anarres, il pianeta delle utopie concrete.
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Torino. Bloccati i mercanti d’armi!
Il 28 novembre era la giornata di apertura dell’Aerospace and defence meetings, mostra-mercato dell’industria bellica aerospaziale.
Un evento a porte chiuse, riservato ai maggiori produttori a livello mondiale, ai rappresentanti di governi, forze armate e compagnie di contractor.
L’appuntamento per gli antimilitaristi era di fronte all’ingresso dell’Oval, dove, protetti da un ingente schieramento di polizia, dovevano entrare i partecipanti a questa convention, fiore all’occhiello della lobby armiera subalpina.
Gli antimilitaristi armati di striscioni e cartelli sin dalle 12 hanno occupato la strada davanti al cancello del centro congressi.
Dopo pochi minuti le auto dirette all’Oval hanno fatto retro marcia. I partecipanti sono stati obbligati ad entrare all’Oval a piedi, alla spicciolata, da un passaggio interno al Lingotto.
Per la prima volta dopo 18 anni gli antimilitarist* hanno bloccato l’ingresso ai mercanti d’armi.
Il blocco è stato tenuto per oltre due ore, in modo che nessuno passasse dalla porta principale.

Sudan. Il silenzio sulla strage
La guerra civile in Sudan è scomparsa dai media, nonostante continuino i massacri specie nel Darfur.
Se a Khartoum e nelle zone limitrofe la situazione è molto grave, nel Darfur è catastrofica. Forte è il rischio di un genocidio simile a quello compiuto nella prima decade del Duemila dagli ex janjaweed (termine che più o meno significa “diavoli a cavallo”), che sono stati ribattezzati Rapid Support Forces. Hemetti ne era il leader: assaltavano i villaggi africani, bruciavano le capanne, ammazzavano senza pietà gli uomini, stupravano le donne e rapivano i bambini costringendoli a arruolarsi.
Persone in fuga verso il Ciad hanno riferito di una nuova ondata di omicidi a sfondo etnico nel Darfur occidentale, dopo che le RSF hanno preso il controllo della principale base dell’esercito a El Geneina, capoluogo della regione. Anche in questo caso testimoni oculari hanno riferito ai reporter di Reuters di aver visto le milizie arabe in azione mentre perseguitavano i masalit a Ardamata, vicino a El Geneina, dove si trova anche un campo per sfollati.
In quell’area l’obbiettivo sono proprio le persone di etnia masalit, popolazione musulmana, ma non araba, che vive a cavallo tra Sudan e Ciad.
Da Africa ExPress

Affari di morte tra Italia ed Egitto
Il 22 novembre il gruppo a capitale statale Fincantieri Spa ha firmato con la Armament Authority del Ministero della Difesa della Repubblica araba d’Egitto un contratto della durata decennale per la fornitura di servizi di manutenzione e studi logistici a favore delle due fregate multi-missione Fremm “ENS Al-Galala” ed “ENS Bernees” della Marina Militare egiziana.

Il contratto del valore di 260 milioni di euro comprende la quota che sarà destinata a Orizzonte Sistemi Navali (la joint venture partecipata da Fincantieri e dalla holding del complesso militare-industriale italiano Leonardo Spa con quote, rispettivamente, del 51% e del 49%) in qualità di sub-fornitore.

Il governo israeliano vuole chiudere Haaretz
Haaretz in ebraico significa “terra”. Fondato nel 1918 è diventato un punto di riferimento, uno strumento per i giornalisti esteri, dà voce a tutti (dai palestinesi ai movimenti pacifisti), ha fatto da megafono alle recenti proteste contro la riforma della Corte suprema e lo sconvolgimento dei meccanismi di potere. Pubblica che cosa succede nella West Bank e nella Striscia di Gaza (non solo ora che c’è la guerra), fa inchieste, intervista coloni e palestinesi e nomadi del Negev. Dà voce a minoranze e maggioranze.
Con la guerra di Gaza ha lasciato un discreto spazio alle critiche al governo e all’esercito per la mancata difesa dei Kibbutz attaccati violentemente da Hamas per ore nel drammatico 7 ottobre scorso, ha intervistato quotidianamente i parenti dei duecento e passa rapiti da Hamas che hanno esercitato una pressione politica per ottenere il rilascio degli ostaggi.
La scorsa settimana ha pubblicato un approfondimento sull’elicottero da combattimento che avrebbe sparato sui partecipanti al rave party israeliani facendo un certo numero di vittime. È molto critico su Netanyahu e la sua fuga dalle inchieste che lo accusano di corruzione.
Tutto questo certo ha dato fastidio (e dà fastidio) a quello che in Israele ora chiamano il triumvirato/gabinetto di guerra, formato dal premier Bibi Netanyahu, il ministro della difesa Yov Gallant e il ministro senza portafoglio Benny Ganz.
Fonte Senza Bavaglio

Analisi e prospettive del conflitto in medio oriente
Il governo di Netanyahu è in profonda difficoltà da un anno. Per ottenere una coalizione governativa stabile in un paese che storicamente è caratterizzato da una certa instabilità parlamentare, il Likud si è dovuto alleare con gli elementi più oltranzisti del panorama politico, nello specifico con il variegato mondo del sionismo religioso e con raggruppamenti politici ultra-ortodossi. Nella storia politica israeliana tali gruppi non hanno mai goduto di peso politico come ora. Il sionismo, sia nella sua componente socialista che in quella revisionista, ovvero liberale, nasce come progetto politico laico nelle sue parti maggioritarie, e, sopratutto, trainanti, e tale rimane per decenni anche dopo la nascita dello stato di Israele. Le componenti religiose di estrema destra cominciano a guadagnare trazione a partire dalla seconda metà degli anni ’70. Elettoralmente avevano un peso relativo ma riescono a influenzare pesantemente lo scacchiere politico fornendo una base di voti per il Likud. Da quegli ambienti arriverà l’assassino di Rabin nel 1995. Facciamo un salto avanti di una decina di anni. A metà anni 2000 il governo – per ironia della sorte del Likud – nell’ambito del processo di pace decide il ritiro dalla striscia di Gaza e la demolizione degli insediamenti dei coloni sul territorio che viene restituito alle autorità palestinesi. Bisogna qua chiarire alcuni passaggi: quegli insediamenti erano roccaforti dell’estrema destra religiosa e nulla avevano a che fare con i Kibbuzim e Moshav dei pionieri e quel momento segna una frattura tra quei settori, dalla sinistra fino al centro-destra, della società israeliana che volevano un processo di pace con l’ANP e il movimento dei coloni che teorizza la necessità di stabilire l’autorità di uno stato con un’identità religiosa e politica – e non solo culturale – ebraica sull’intera area del così detto Grande Israele. Il processo di pace di quegli anni naufragò ma la frattura, logicamente, non venne mai sanata.
Ne abbiamo parlato con Gino

Iniziative:

Venerdì 8 dicembre
marcia No Tav da Susa a Venaus
ore 12 dal piazzale dell’ex Assa

Venerdì 15 dicembre
Cena antinatalizia
benefit lotte sociali
ore 20 alla FAT, in corso Palermo 46
Menù eretico
Esposizione spettacolare del Prese(m)pio autogestito: porta la tua statuetta per arricchirlo!

Ogni martedì fai un salto da
(A)distro – libri, giornali, documenti e… tanto altro
SeriRiot – serigrafia autoprodotta benefit lotte
Vieni a spulciare tra i libri e le riviste, le magliette e i volantini!
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Informati su lotte e appuntamenti!
dalle 17,30 alle 20 in corso Palermo 46

Contatti:

Federazione Anarchica Torinese
corso Palermo 46
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