frittura mista|radio fabbrica 13/09/2022
Il primo approfondimento lo abbiamo fatto in compagnia di Stefano, lavoratore del “Collettivo Lavoratori Wartsila” di Trieste. Con molta amarezza e rabbia ci viene raccontato come, la situazione di questa fabbrica di grandi motori navali ed il grande indotto di aziende che si trascina nel baratro dopo la decisione del colosso scandinavo di portare tutta la produzione in Finlandia, nonostante fosse già annunciata, non è stata affrontata seriamente dalla triade sindacale nè dalle varie forze politiche del paese. Infatti, come sempre l’aspetto più rilevante di questa lotta, oltre alle corposissime manifestazioni tenutesi a Trieste durante l’estate, è stata la solidarietà di classe. Mentre i rappresentanti sindacali rimangono delusi da un tavolo istituzionale al MiSe con i vertici dell’azienda che di fatto decidono di tirare dritto per la strada dei licenziamenti senza remore, i lavoratori del porto di Trieste stanno bloccando dal 27 Agosto 12 motori che Wartsila deve consegnare a Daewoo, arrecando un quotidiano e consistente danno all’azienda. Tanto quest’ultima ha le spalle ben coperte dai 25 milioni di utili in più del 2021 rispetto all’anno precedente.
I lavoratori sono determinati a lottare finchè la situazione non cambi, al grido di “A Trieste non si passa”!
Buon ascolto
Il secondo argomento della puntata è ruotato attorno alle condizioni delle lavoratrici dello stabilimento a Trezzo sull’Adda (BG) del salumificio industriale Beretta. Con l’aiuto di Donatella, sindacalista dello SLAI COBAS e attivista dell’ADL (Assemblea Donne Lavoratrici), abbiamo ripercorso l’inizio delle mobilitazioni di queste donne che hanno dovuto subire un peggioramento delle condizioni di pagamento e di lavoro stesso, causato da un accordo sindacale firmato tra la UIL e l’azienda, del quale però le lavoratrici stesse sono state tenute all’oscuro.
Con un colpo di spugna si cancellano i diritti di persone fragili che oltre al lavoro produttivo si occupano anche di lavoro domestico e per questo vengono svantaggiate invece che aiutate. Infatti il premio di produzione che di fatto và a costituire un contributo fondamentale per delle operaie con un basso stipendio, viene negato alla prima assenza di servizio, che ovviamente è quasi inevitabile per le lavoratrici (donne per quasi la totalità dell’organico) che devono districarsi tra impegni famigliari e lavoro.
Si è deciso comunque di alzare la testa, cominciando con l’abbandono del “sindacato traditore” per uno che invece ha appoggiato l’autodeterminazione e le mobilitazioni di queste lavoratrici e che nelle assemblee da loro organizzate amplia lo sguardo critico su questioni sociali, come guerra, rincari e discriminazioni.
Buon ascolto