Sangue, terra e razzisti
La proposta della ministro Kyenge di applicare, sia pure a certe condizioni, lo jus soli ai bambini nati in Italia da genitori stranieri, ha scatenato ampie e prevedibili polemiche che hanno avuto tra i protagonisti fascisti e leghisti. L’ultimo ad allinearsi alla canea è stato il portavoce del M5S Giuseppe Grillo, che ha invocato un referendum.
L’uguaglianza tra esseri umani è sempre stata un’astrazione rispetto alle altisonanti dichiarazioni di principio liberali: solo lotte durissime hanno allargato progressivamente il diritto formale di cittadinanza, pur mantenendo la terrificante materialità della piramide sociale.
In questi anni l’elaborazione del concetto di clandestinità ha spezzato nell’immaginario non meno che nell’apparato legislativo l’idea dell’uguaglianza, foss’anche meramente formale, tra esseri umani.
In questo modo il pregiudizio contro i figli degli immigrati, considerati “estranei” anche se nati nel nostro paese, si è radicato profondamente. La legislazione italiana è basata sullo jus sanguinis: solo i figli degli italiani acquisiscono la cittadinanza alla nascita. Lo stesso principio è applicato in tutti i paesi europei, esclusa la Francia, ma in modo molto meno rigido che nel nostro paese. Diversa è la legislazione in paesi la cui popolazione è prevalentemente costituita da immigrati come quelli del nord e del sud america, dove invece prevale lo jus soli. Lo jus soli peraltro non impedisce a chi lo applica di avere una legislazione durissima contro gli immigrati «illegali». Le frontiere insanguinate tra gli Stati Uniti e il Messico ne sono un buon esempio.
Grillo ha sostenuto che lo jus soli nel nostro paese c’è già, perché i bambini nati in Italia da genitori stranieri, possono, al compimento dei 18 anni, acquisire la cittadinanza. In realtà questa sorta di automatismo è una mera illusione, perché se i genitori non sono sempre stati regolari, se il ragazzo non ha sempre vissuto in Italia, se è incappato nelle maglie della legge la cittadinanza non viene concessa. Come sappiamo la vita di ogni immigrato è una roulette russa disegnata da leggi fatte apposta per imbrigliarlo: ben pochi ragazzi, al compimento dei 18 anni, riescono a continuare la propria vita, senza dover rincorrere un permesso di soggiorno legato ad un lavoro regolare che ben pochi trovano.
Occorre peraltro rilevare che la proposta sostenuta da Cecile Kyenge è molto moderata. Il testo di legge, è stato presentato alla Camera il 21 marzo con il titolo “Disposizioni in tema di acquisto della cittadinanza italiana”. Il sintesi propone che “è italiano chi nasce in Italia da genitori regolarmente residenti da almeno cinque anni, oppure chi arriva qui entro i dieci anni e conclude un ciclo scolastico (scuole elementari, medie o superiori) o un percorso di formazione professionale”.
Nulla di particolarmente rivoluzionario. Sempre troppo per i razzisti di ogni colore politico.
Per capirne di più Anarres ne ha parlato con Gianluca Vitale, avvocato da sempre in prima fila sul fronte dell’immigrazione.
Ascolta il suo intervento
2013 05 10 jus soli vitale