CIE. Analisi e prospettive di lotta
Scritto dainfosu 3 Aprile 2013
Lo sciopero della fame nel CIE di Torino è cessato questa mattina in tutte le sezioni tranne una. Durava da domenica 31 marzo ed ha coinvolto tutti i 47 uomini e donne rinchiusi nelle palazzine di corso Brunelleschi. Nella notte tra lunedì e martedì un recluso dell’area gialla ha appiccato il fuoco, contribuendo a danneggiare ulteriormente la struttura, quasi inagibile dopo le rivolte degli ultimi due mesi. Ieri è stata anche giornata di grandi pulizie in vista di una possibile visita istituzionale. I lavoratori addetti protestano perché nel cortile e finanche dentro la sezione femminile è stato trovato un gran numero di piccioni morti.
Ne abbiamo parlato con Chiara, una compagna impegnata nella lotta ai CIE.
Ne è scaturita una riflessione a tutto campo sul modificarsi del quadro intorno a questi luoghi di reclusione amministrativa, ai quali tanti reclusi arrivano a preferire il carcere.
Oggi le istituzioni sono in difficoltà: mancano i soldi, manca una prospettiva politica che non sia il mantenimento di un apparato disciplinare efficace per la propria stessa esistenza, perché punta di diamante di un insieme normativo che mantiene sotto ricatto i lavoratori immigrati.
Il consenso ai CIE si è affievolito nel corpo sociale: la crisi che mangia le vite di tutti ha reso meno efficace la propaganda di guerra tra poveri, rimettendo al centro la questione sociale nella sua cruda materialità, una materialità nella quale la distanza tra chi è nato qui e chi viene da fuori si riduce.
Domenica 7 aprile alle 17 ci sarà un presidio davanti al CIE