A Torino puntiamo i piedi
Scritto dainfosu 14 Giugno 2016
A TORINO PUNTIAMO I PIEDI – COMUNICATO DI SOLIDARIETA’ CONTRO I PROVVEDIMENTI CAUTELARI A CARICO DI DECINE DI COMPAGNI/E
Attualmente, tra Torino e Valsusa, una cinquantina di ragazze e ragazzi, donne e uomini, appartenenti a diverse realtà conflittuali, si trovano sottoposti a misure cautelari o preventive che comportano l’allontanamento forzato da affetti, lotte, percorsi di studio e di lavoro.
Negli ultimi anni, in centinaia di casi, l’apparato repressivo ha utilizzato questi strumenti per cercare di sfiancare chi si oppone.
Giudici e pubblici ministeri si dimostrano interpreti acritici dei piani accusatori di Questura e Procura. Questo si verifica in sede cautelativa, prima del giudizio, con decine di detenzioni domiciliari, obblighi o divieti di dimora, obblighi di firma in caserma, ma anche al di là di un giudizio, con dispositivi creati dal codice fascista come la “sorveglianza speciale” o il “foglio di via”: chi lotta nel “loro” territorio è un elemento minaccioso che deve essere spaventato, spento, spostato, messo in quarantena nella sua espressione di minaccia per la stagnante rassegnazione del presente.
In oltre, a chi si oppone alle nocività sociali in cui è immerso, a chi per scelta o per necessità supera ripetutamente la soglia del consentito, viene spesso diagnosticata, come una patologia, la “Pericolosità Sociale”. Quest’ennesima e strategicamente efficace eredità del Codice Fascista, diviene fondamentale per fornire ai giudici poteri straordinari sugli individui da punire a prescindere dall’entità del reato contestato, se non addirittura quando non siano perseguibili e condannabili penalmente. La “pericolosità sociale” fu storicamente utilizzata per gestire chi non aderiva all’ideologia fascista: avversari politici, sovversivi e chi metteva in piedi iniziative antimilitariste o antinazionali. Sembra proprio che i successori democratici di quella parentesi storica abbiano compreso a fondo la funzione politica di tale dispositivo repressivo.
In questo periodo si tratta principalmente di tentare di silenziare e disinnescare conflitti diversi tra loro, ma accomunati dall’essere fortemente connessi ai luoghi in cui nascono e si sviluppano, quindi potenzialmente contagiosi.
Non sono lotte contro nemici distanti e impalpabili. Si sviluppano nei quartieri per resistere agli sfratti, riappropriarsi di spazi abitativi, contrastare la rimozione di pezzi di popolazione come tecnica di “riqualificazione”. Si accendono di giorno e di notte in Valle di Susa per resistere alla devastazione del territorio e alla sottomissione delle comunità che si stanno autodeterminando. Si fanno sentire nelle università per impedire la democratica presenza dei fascisti e dei razzisti. Si scagliano contro gli strumenti di ricatto e sottomissione che pervadono la città, tra lager per migranti, militarizzazione del territorio, rastrellamenti, deportazioni, attaccando la simbiosi assassina tra le strutture di reclusione e le aziende che da tutto questo generano profitto.
La strategia della repressione su Torino va vissuta nella sua interezza e non nella somma di piccole offensive. Attraverso strumenti giuridici agilissimi, che non hanno bisogno delle lungaggini di un processo né di un monolitico piano accusatorio, stanno cercando di disinnescare le lotte privandole della loro principale forza: la costanza, l’impegno e il coraggio di individui, gruppi e collettivi auto-organizzati.
Rassegnarsi di fronte ai piani della repressione, accettare lo stato delle cose come inevitabile, rappresenterebbe una grande vittoria per chi vuole una Torino spaventata e sottomessa.
La solidarietà e la complicità, la continuità delle lotte, l’ammutinamento ai dettami della repressione, la controinformazione per demolire la loro versione dei fatti, sono alcuni dei nostri strumenti.
Per chi ama i distillati, anche in questo contesto la Giustizia offre una decantazione della propria immagine:
Quartieri dati in pasto ai loro amici immobiliaristi e migliaia di persone buttate in strada?
Sanzioniamo chi si oppone!
Una valle militarizzata per essere sventrata da mafiosazzi e cementificatori?
Sanzioniamo chi si oppone!
Individui ridotti a schiavi ricattati o scarti umani per l’assenza di un documento, rinchiusi in lager e sfamati con un aggiunta proteica di vermi?
Sanzioniamo chi si oppone!
Fascisti che con il supporto delle forze dell’ordine reclamano spazio di intervento politico nelle università?
Sanzioniamo chi si oppone!
(Tutto il resto è boia)
Radio Blackout
A fianco di chi lotta, di chi resiste e di chi si ammutina alla repressione