Emigrare avvolti da sciami di zanzare: sfollati o untori?
Scritto dainfosu 9 Settembre 2017
La ferocia che gioca sull’ignoranza e la diffidenza di chi già è sedotto dal razzismo di certe testate riesce a inventarsi fantascientifiche ricostruzioni, infami allusioni, espliciti incitamenti al linciaggio.
Ma dietro a questi mezzucci da pennivendoli nazistoidi si nasconde invece un universo popolato da disperazione autentica, da un’umanità che, se non può diffondere il contagio delle malattie che abbisognano di incubazione in un vettore – che non può che essere la zanzara –, comunque non può più continuare a vivere esposta a malattie mortali endemiche nei loro miseri paesi; non sono profughi di guerra, non saranno nemmeno profughi (i barconi non affondano se non li speroniamo e il porto più vicino a rigore sarebbero quelli maghrebini)… vedremo come li definisce una dimenticata direttiva europea del 2001, inventata quando Minniti si occupava di bombardamenti dei Balcani e delle conseguenti fughe di massa dalla ex Jugoslavia (allora oggetto delle sue attenzioni), intanto consideriamoli superstiti in fuga dalla morte per malaria che coglie 400mila persone nel mondo ogni anno. E una in Italia nel 2017, probabilmente per colpa di una puntura autoctona e del mancato riconoscimento del contagio.
Ne abbiamo parlato con C. Alessandro Mauceri, che si occupa spesso di migrazioni e che ha pubblicato un interessante articolo su “La voce di New York”, dove, rispolverando quella direttiva, si individuano gli sventurati che sperano in una vita degna di essere vissuta altrove da un luogo che non può più offrire nulla: “sfollati” li definisce l’Europa stessa che crea Lager per loro, ma lontano dagli occhi di quelli la cui sensibilità non viene distratta dai titoli di “Libero”. E gli sfollati devono essere aiutati in ogni modo, da sempre, lo dice l’Europa stessa, perché le “persone” (questa è la vera definizione di queste genti in cammino) che arrivano sui barconi in Italia, non dovrebbero essere rinchiusi in centri di prima accoglienza, ma, una volta identificati, dovrebbero essere lasciati liberi di circolare, lavorare e studiare non solo in Italia o in Grecia o in Spagna, ma in tutti i paesi dell’UE: «Finché dura la protezione temporanea, gli Stati membri cooperano tra loro per il trasferimento della residenza delle persone che godono della protezione temporanea da uno Stato membro all’altro, a condizione che le persone interessate abbiano espresso il loro consenso a tale trasferimento».