Matamoros Motor City Scioperi alla frontiera Messico USA
Scritto dainfosu 1 Febbraio 2019
La città di Matamoros al confine tra Messico e Stati Uniti conta ormai quasi mezzo milione di abitanti. Negli ultimi anni è stata oggetto di un’immigrazione di massa in seguito all’aumento del numero di maquiladoras, cioè officine di montaggio di imprese multinazionali americane (ma anche giapponesi e tedesche) impiantate per utilizzare manodopera disposta ad accettare salari ben più bassi rispetto a quelli americani.
A Matamoros lo stipendio mensile medio nelle maquiladoras oscilla dai 190 ai 337,60 dollari al mese a seconda della mansione dell’operaio nell’azienda. In media il salario nella città è del 30% più basso rispetto alla media nazionale. E quest anno le imprese si sarebbero rifiutate di pagare il bono anual, un’integrazione variabile al salario che viene contrattata annualmente, perché secondo le loro stime sarebbe stato coperto dall’aumento del salario minimo (9 dollari al giorno) deciso dal nuovo Presidente della Repubblica Andrés Manuel López Obrador.
Le dichiarazioni delle aziende hanno fatto esplodere la rabbia degli operai e soprattutto delle operaie esasperate. Infatti la componente femminile all’interno delle fabbriche del Tamaulipas è quella maggioritaria ma anche la più sfruttata, ricattata e sottopagata. E proprio le donne del Sonora hanno marciato in testa al corteo che durante la prima di diverse giornate di sciopero ha raggiunto la sede del sindacato, obbligando il segretario a firmare un documento con le loro richieste: aumento del 20% del salario per tutti, al netto dell’aumento del salario minimo, e pagamento integrale del bono anual fissato a circa 32.000 pesos.
Ci siamo collegati con Clemente Parisi, collaboratore di connessioni-precarie, per il racconto e l’analisi delle proteste nelle maquiladoras, lotte che travalicano i confini del continente panamericano e che incontrano la solidarietà locale e internazionale, non ultimo lo sciopero generale degli operai della General Motors a Detroit, contro la chiusura della fabbriche nella Motor City ma anche in solidarietà a chi in Messico non vuole abbassare la testa.