Sulla letalità politica del Covid-19
Scritto dainfosu 28 Febbraio 2020
Abbiamo considerato che il nostro mezzo radiofonico si può proporre davvero come canale controinformativo, nell’evidente profusione di notizie false, manipolate, veline governative e uso spregiudicato della comunicazione per orientare al panico o alla rassicurazione una “società” alquanto docile. In tal modo, come corollario all’epidemia del Nuovo Coronavirus, da un lato si sono imposte restrizioni ed implementati esperimenti di controllo sociale, diffuse percezioni di insicurezza esagerata, dichiarazioni e gesti spregiudicati per puro protagonismo e opportunismo politico; dall’altro lato si è assistito alla minimizzazione, se non invisibilizzazione, del destino di soggetti considerati non “sani”, alla scarsa considerazione delle conseguenze politico-economiche di restrizioni contraddittorie e certamente non coerenti in termini di salute pubblica, che hanno mostrato una inquietante e diffusa delega a-priori all’istituzione, nel campo della “salute” e non solo.
Per questo abbiamo pensato di dedicare alle molteplici questioni in gioco intorno al Covid-19 un lungo approfondimento a più voci, riportando il potere al centro della nostra attenzione. Ne è scaturita una lunga discussione tra Leopoldo Salmaso, epidemiologo ed infettivologo, e Gabriele Proglio, ricercatore di storia contemporanea. Entrambi interpellati non in quanto “esperti”, ma per le parole fuori dal coro che hanno espresso in queste giornate cacofoniche.
Per cominciare, si può definire “benaltrismo” la posizione di chi considera il Covid-19 poco più di una influenza stagionale? Il ridimensionamento della sanità pubblica a favore del privato degli ultimi decenni può essere considerata una delle principali cause per cui si è costruita questa “emergenza sanitaria”?
L’intervento di una ascoltatrice ha stimolato poi un confronto con la Sars e con altre malattie per cui si è creato o si crea molto meno panico. Quanto contano i criteri di test differenti ed i meccanismi matematici coinvolti, o ancora le caratteristiche dei coronavirus?
E quali sono i collegamenti tra lo stato ambientale ecologico, le condizioni di vita delle persone e la diffusione del virus? A livello biologico, solo una minima parte dei parassiti uccide il proprio ospite, centrale è la condizione di vita dei soggetti colpiti. E’ evidente che il Nuovo Coronavirus fa paura a persone ben nutrite, che temono di non riuscire a cavarsela, mentre il virus del morbillo o altri comunissimi batteri non preoccupano, perché in contesti di privilegio la possibilità di morirne è quasi nulla, mentre in contesti di povertà e malnutrizione la loro letalità è tutt’ora altissima.
Passiamo all’autoritarismo istituzionale: dal disciplinamento sociale di massa, alla salvaguardia della produzione e del consumo, all’esacerbazione della solitudine competitiva e della delega passiva. Come riprendersi l’azione politica all’interno degli attuali rapporti di forza, distruggendo un’idea di collettività fatta solo di persone “sane”, senza rincorrere il populismo?
Come si può arrivare a superare la cacofonia comunicativa dei media mainstream e della politica istituzionale, che mira a eliminare in un sol colpo le libertà, compresa quella di scioperare? La strumentalizzazione politica di questo virus sembra annullare gli individui e distruggere decenni di lotte e conquiste sociali, facendo ricadere le conseguenze economiche di questa ennesima “emergenza” sulle classi sfruttate, le stesse che soccombono al virus più facilmente.