La collera del Senegal finalmente diventa rivolta
Scritto dainfosu 5 Marzo 2021
La situazione in Senegal è degenerata il 4 marzo 2021: molte zone di Dakar sono state terreno di guerriglia urbana, ma con la capitale anche Saint Louis, Louga, tutto il paese è una polveriera. Tutto nasce dalla provocazione perpetrata dal regime di Sall quando ha arrestato platealmente Sonko, il leader dell’opposizione.
Ne è sorta una insurrezione in tutto il Senegal, che ci racconta in diretta attraverso WhatsApp il giornalista politico freelance, attivista membro di Énergie pour les droits humains Sénégal, N’diaga Diallo, a cui abbiamo posto alcune domande sul racconto iniziale sugli scontri di questi giorni
Forti scontri con forze dell’ordine, saccheggiati diversi Auchan e distrutte stazioni Total (simboli francofoni), attaccata e data alle fiamme in serata la RFM (radio di Youssou Ndour) e la sede del quotidiano “Soleil”; si contano già almeno 3 morti e una quantità di arrestati. Ieri lo Stato ha oscurato alcune emittenti indipendenti (SenTv e Walfadjiri), in serata bloccato accesso a youtube e in certe zone la possibilità di inviare video e audio su whatsapp. Si ha la chiara sensazione che monti una inarrestabile rivolta contro il governo di Macky Sall che sempre più assomiglia a un regime repressivo di stampo dittatoriale (e di nuovo con tentativi di piegare la costituzione alla perpetuazione del potere), che si avvale di una milizia: Les Marrons du Fuoco affiliati alla polizia politica, reclutati come persone che offrono i loro servizi, non come militanti, pur simpatizzando per Sall. Queste manifestazioni vanno molto al di là della lotta per la liberazione di Sonko, il capo dell’opposizione (un novello Bobi Wine, il cui partito è assimilabile alla France Insoumise di Mélenchon) arrestato con procedure da stato di polizia: è stato “rapito” e dirottato mentre si dirigeva in tribunale, perché accusato pretestuosamente di stupro, chi parla di semplice querelle politica si sbaglia.
Questa atmosfera sta facendo venir fuori lo spirito di un popolo, soprattutto di una gioventù ancora più colpita dal Covid, che impedisce persino le poche attività precarie ancora rimaste (per lo più di vendita di povere merci), perché chiudendo per la pandemia sono stati spinti ancora di più ad affrontare i pericoli di una migrazione clandestina di fronte alla miseria che si profila e la diffusa disoccupazione (tanto che i saccheggi sono di merci di prima necessità: cibo, dentifricio… la petite course): le manifestazioni sono numerose e partecipate da giovani e giovanissimi, che hanno accumulato nel tempo un sentimento di frustrazione ed impotenza contro l’ingiustizia che regna al potere, contro una democrazia alla deriva. Una profonda testimonianza di spaccatura nel paese in cui, soprattutto i giovani, hanno perso totalmente fiducia nella classe dirigente.
La risposta del potere è stata repressione, violenze, incarcerazioni, torture. Aggressioni di giornalisti non allineati, infiltrati provocatori e già si comincia a tentare di screditare il movimento definendoli terroristi antirepubblicani. Ma ci sono episodi di “fraternizzazione” tra guardie e manifestanti, che magari sono parenti che vivono insieme le stesse miserie. Alle manifestazioni partecipa la società civile, le piazze sono piene di giovani; con l’associazione Y’en a Marr e altre… proibita.
questa la voce di N’diaga Diallo da Dakar
“La rabbia di Dakar e la repressione di Sall”.
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