Cop 27. Una vetrina sporca di sangue, sudore e petrolio
Scritto dainfosu 8 Novembre 2022
Il 6 novembre ha preso l’avvio in Egitto la Cop 27, conferenza internazionale sul clima. Il pessimismo sugli esiti si accompagna alla durissima repressione del governo Al Sisi nei confronti di ogni forma di opposizione sociale.
Il meeting, che terminerà il 18 novembre, si svolge nella zona turistica di Sharm el Sheikh, chiusa e blindata dalla polizia. Persino i piccoli commercianti sono stati obbligati a chiudere i loro negozi per venti giorni.
La conferenza cade a 30 anni esatti dalla sigla dell’UNFCCC, la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti climatici, cui hanno aderito da allora 197 Paesi con l’obiettivo di costruire un campo ampio e coordinato di impegni per contrastare il riscaldamento globale.
Tuttavia, 26 vertici internazionali e due accordi globali dopo – Kyoto e Parigi – la quadra per una azione climatica globale ed efficace è ancora lontana. Con tutti gli indicatori climatici in peggioramento e le emissioni in costante trend di crescita, sulla Cop27 sono concentrate molte attenzioni ma poche aspettative.
Lo scenario internazionale è assai poco favorevole, con la crisi energetica globale che si sta traducendo in nuova linfa per la corsa alle energie fossili.
Spinta di cui si è fatta interprete Meloni, evocando il mito dell’autonomia energetica nel segno della continuità con Mattei, nella logica neocoloniale armata in Africa che ha segnato l’approccio di tutti i governi degli ultimi anni.
Ne abbiamo parlato con Andrea Turco, giornalista, ambientalista, esperto di questioni climatiche
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