LA FINE DELLA FINE DELLA STORIA S.2 #17 – FRONTI INTERNI (ENCORE)

La Fine della Fine della Storia

La puntata si apre tentando ancora qualche ragionamento sulle proteste degli agricoltori, che se da un lato non escono dall’alveo delle rivendicazioni corporative, dall’altro, per loro natura, investono molte criticità su cui vale la pena ritornare. Se è indubbio che la crisi dell’agricoltura sia iniziata decenni fa – e ne è l’aspetto più evidente il fatto che sia un comparto fondamentale che esiste solo in virtù dei sussidi – è altrettanto vero che gli agricoltori non controllano più il prezzo dei loro prodotti e rappresentano la prima linea produttiva a fronteggiare i disastri del cambiamento climatico, pagando in prima persona la tossicità dei pesticidi. Eppure, il risultato più eclatante della protesta sembrerebbe al momento proprio il blocco della legge sui pesticidi, che salva in parte le rese agricole ma si traduce anche in uno smacco per la salute di consumatori e agricoltori. Viene quasi da pensar male sulle intenzioni della Von Der Leyen. Da tempo i prezzi delle materie prime agricole sono completamente slegate dai costi di produzione, perché il comparto è largamente finanziarizzato e lo strapotere delle multinazionali della grande distribuzione ha l’ultima parola anche quando si trova davanti dei consorzi di produttori, dunque i nodi aperti sono tanti e le proteste continuano.

Dal mondo delle piccole aziende agricole e dell’agricoltura contadina abbiamo sentito Fabrizio Garbarino, presidente dell’ARI, e Luca Abbà, movimento No Tav

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La trattativa tra Hamas e Israele sembra esseri nuovamente arenata per l’indisponibilità di Israele a trattare sul rilascio dei detenuti palestinesi, mentre Netanyahu sembra delegittimare la mediazione del Qatar, allo stato attuale l’unico attore in grado di esercitare tale ruolo, accusandolo di aver finanziato gli attacchi del 7 ottobre. Gli Usa continuano il loro pressing senza successi visibili, e T’sahal ora punta su Rafah dove si sono rifugiati oltre un milione e mezzo di profughi palestinesi. Netanyahu va avanti senza remore, perché è in gioco la sua sopravvivenza, certo, ma anche perché dentro la società israeliana faticano a trovare forza opzioni che siano decisamente contro il genocidio in corso.

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Intanto in Texas si sta profilando una crisi costituzionale che vede il più emblematico degli stati a stelle e strisce entrare in conflitto con governo centrale per la gestione dei flussi dei migranti al confine col Messico. Il governatore dello stato Greg Abbot ha esautorato la polizia federale schierando uomini ed erigendo una cortina di filo spinato per impedire l’afflusso in aumento di uomini e donne dal paese confinante. Per ora sono morte tre persone che tentavano di attraversare il fiume che funge da confine. A dar man forte al governatore texano c’è anche lo sfidante alla Casa Bianca Donald Trump che ha invitato i governatori degli stati repubblicani a correre in aiuto con propri uomini. A coronare il tutto qualche migliaio di aderente alle milizie popolari mobilitati dalle piattaforme trumpiane complottiste convinte di prendere parte a una battaglia da fine del mondo contro cinesi e iraniani “terroristi” che starebbero “invadendo” gli Stati Uniti. Biden, dal canto suo promotore di un inasprimento delle leggi sull’immigrazione, bloccata dai Repubblicani insieme al rifinanziamento dell’approvvigionamento militare ucraino, si trova in un impasse politica dove la posti gioco è nientemeno che la rielezione. Ne abbiamo parlato col nostro corrispondente dagli USA Felice Mometti.

Ascolta il podcast:

 

MATERIALI

Lundi Matin – DÉCRYPTER LE MOUVEMENT DES AGRICULTEURS – Entretien avec Morgan Ody, paysanne

Lucia Annunziata – Israele, l’ufficiale della task force: “Resteremo a Gaza per altri 50 anni, il nostro obiettivo è denazificare Hamas”

Aluf Benn (FOREIGN AFFAIRS) – Israel’s Self-Destruction: Netanyahu, the Palestinians, and the Price of Neglect

 




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